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Benedetta Tobagi dedica un libro alla “Di Donato” dove l’integrazione ha sconfitto la paura
la scuola Di Donato in via dell’esquilino
I bambini nel villaggio dell’Esquilino viaggio nella scuola dei mille colori
REPUBBLICA DI ROMA, pp. I-XV
Prima
IL RACCONTO
Se la scuola all’Esquilino diventa un villaggio globale
Oggi pomeriggio alle 18,30 alla libreria Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi, a piazza Colonna, il direttore di Repubblica, Mario Calabresi, presenta il libro di Benedetta Tobagi “La scuola salvata dai bambini”, Rizzoli. Pubblichiamo qui un estratto del libro
BENEDETTA TOBAGI
La scuola dell’Esquilino incarna la possibilità di vivere una vera dimensione comunitaria anche nelle grandi città.
Arrivo a scuola poco dopo l’uscita dei bambini dal tempo pieno alle 16,30. I due cancelli d’entrata introducono a un lungo portico rettangolare che si affaccia sul grande cortile attorno a cui l’edificio si sviluppa a ferro di cavallo. Ci sono un paio di campetti con i canestri, si gioca a minibasket: i bambini indossano le divise gialle profilate di blu del team dell’Esquilino, che ha dato molte soddisfazioni al quartiere.
Un bambino più grande, in area di gioco libero, irrompe tra i compagni che palleggiano tirando un calcio al pallone per imporre un cambio di sport.
Sotto il portico, bambine di sei o sette anni negoziano fitto i ruoli per un gioco, parlando tutte insieme. La presenza degli stranieri balza all’occhio, ma mi pare abbastanza equilibrata con quella italiana.
Intorno, mamme, nonne, e, più sporadico, qualche papà, chiacchierano appollaiati sulle panche e i muretti.
NELL’ANDRONE dell’edificio scolastico m’imbatto nientemeno che nello scrittore premio Strega Francesco Piccolo, in attesa di parlare con la maestra di suo figlio, «non ti fidare, qui è tutto troppo bello!» mi prende in giro, poi arriva un altro scrittore, Lorenzo Pavolini, lui pure con prole iscritta qui. Alla “Di Donato” si può fare un po’ di vip watching: anche alcuni registi e giornalisti famosi hanno i figli iscritti qui, scopro.
C’è un sacco di gente, mi intrufolo per curiosare in giro. Nessuno mi ferma, nessuno mi chiede nulla. Eppure sono una persona sconosciuta, ho in mano un borsone scuro (arrivo dritta dalla stazione). Ok, non ho il physique du rôle del lupo solitario che simpatizza per l’ISIS. Ma, ugualmente, mi resta addosso un filo d’inquietudine, figlio dello spirito del tempo: come fanno a stare tranquilli? Come garantiscono la sicurezza?
Al tempo stesso, l’atmosfera è davvero rassicurante. Chiaramente i bambini non sono mai soli, c’è un gran numero di adulti sempre con gli occhi aperti. Come per strada, la sera tardi, poche cose fanno sentire tranquilli quanto il fatto che un quartiere sia pieno di vita.
Vedo una signora velata seduta accanto a una scala che scende verso il seminterrato, dove una freccia indica il Polo Intermundia. Quando la avvicino chiedendo informazioni per la mia ricerca, mi accoglie con calore. Si chiama Saba, «questa scuola è speciale » dice, e comincia a raccontarmi che adottano altre scuola a distanza, in Africa, per aiutarle: hanno appena fatto una festa con pranzo per raccogliere fondi. È loquace ed entusiasta: decisamente il coinvolgimento delle mamme straniere non sembra un problema, qui. «Per sapere tutto parla con Francesca Valans» dice, «ecco numero » e mi mostra il display del cellulare.
«È una scuola eccezionale, questa. Dovrebbero essere tutte così. Io spero che sia di traino per altre esperienze» ripete Francesca Valenza (alias Valans). Ci incontriamo in un baretto in via Bixio, a poca distanza dalla scuola. I suoi figli ormai sono alle superiori, ma è ancora una delle figure di riferimento dell’Associazione genitori “Di Donato”. Piccola ma energica, è più che ansiosa di divulgare il Verbo della Scuola aperta.
«Per allevare un bambino ci vuole un intero villaggio» dice il proverbio africano sulla facciata della scuola “Pestalozzi” a Torino: qui si mette in pratica lo stesso principio, opportunamente adattato alla vita di città. L’idea di «scuola aperta», infatti, si fonda su un maggiore coinvolgimento nella vita scolastica di mamme e papà, organizzati in forme associative, leggere ma giuridicamente codificate.
Partendo dal presupposto che la scuola, intesa sia come spazio fisico sia come luogo di relazioni, è un bene comune, i genitori, e più in generale una «comunità educante» allargata, contribuiscono ad arricchirla di attività che vanno a beneficio di tutte le persone che vivono sul territorio, non solo dei propri bambini. Negli anni l’Associazione genitori “Di Donato” si è allargata a includere ex genitori, ex alunni, personale scolastico: oggi conta circa quattrocento famiglie, dice Francesca. Comincia tutto dagli spazi del seminterrato della scuola, abbandonati per anni e ridotti a un deposito di rifiuti fatiscente.
LA PRESENTAZIONE
Il libro di Tobagi sarà presentato oggi alle 18.30 da Mario Calabresi alla libreria Feltrinelli nella Galleria Sordi in piazza Colonna
IL CORTILE MULTIETNICO
Il cortile della scuola “Di Donato” punto di riferimento per il quartiere multietnico
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Ogni scuola dovrebbe essere così: mi sembra sia il progetto che modestamente, e anche con errori, abbiamo voluto attuare quando noi due insegnavamo ( e non c’erano nemmeno i Vip tra i genitori).
Sì, ci ho subito pensato anch’io, preferirei che cominciassi tu con le cose che contano: il quartiere, la sperimentazione, la lotta che hai ” diretto ” tu (” egemonizzato “, come ti direbbe subito Gramsci, anche a noi sembra meglio) per ottenere una scuola a tempo pieno, e le ragioni per gli alunni. Come agiva nella classe…Tu hai insegnato una valanga di anni e, credo io, la tua posizione avrà avuto un’evoluzione…nell’ultimo periodo, non eri che hai legittimato la pena di morte per i bambini buoni e studiosi? Avrei molto piacere di inserirmi, per me è un’esperienza vivissima proprio per il senso positivo che ha portato nella mia vita, e questo rimane ” nonostante tutto “. Ho qui il libro, ma lo cerco domani, di un signore straniero (importantissimo) che si era innamorato della nostra riforma delle elementari e mi pare che ogni tanto andasse a ” bagnarsi ” nell’Arno dell’Emilia Romagna, sempre che non sbagli. Se veniva da noi…gli avremmo offerto un bel bicchiere di bonarsa fresca dell’Oltrepo …sarebbe stato molto più felice e questo avrebbe migliorato il suo apprendimento, non credi / credete?