DAL BLOG DEL TRADUTTORE PAOLO STATUTI, PUBBLICHIAMO le prime poesie dal 1913, poi ’25 e una del ’30 …è un autore da avvicinare in punta di piedi…ch. //

 

IL MERAVIGLIOSO BLOG DI PAOLO STATUTI, TRADUTTORE DI MAJAKOVSKI

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Vladimir Majakovskij (1893-1930)

 

Sentite un po’!

Sentite un po’!

Ma se le stelle si accendono –

significa – servono a qualcuno?

Significa – qualcuno le vuole?

Significa – quegli sputacchi per qualcuno sono perle?

E, soffocato

nelle bufere di polvere meridiana,

si precipita da dio,

teme d’essere in ritardo,

piange,

gli bacia la mano nerboruta,

prega –

che ad ogni costo in cielo ci sia una stella! –

giura –

che non sopporterà quel tormento senza stelle!

E dopo

cammina inquieto,

ma tranquillo in apparenza.

Dice a qualcuno:

“Allora adesso non c’è male?

E’ passata la paura?

Sì?!

Sentite un po’!

Ma se le stelle

si accendono –

significa – servono a qualcuno?

Significa – è necessario

che ogni sera

sopra i tetti

ci sia almeno un stella?!

1914

E voi potreste?

In un attimo ho unto la mappa del trantran

con la vernice versata dal bicchiere;

ho mostrato sopra a un piatto di gelatina

gli zigomi obliqui dell’oceano.

Sulla scaglia di un pesce di latta

ho declamato gli appelli di nuove labbra.

E voi

potreste

sonare un notturno

su un flauto di grondaie?

 

1913

Al diletto se stesso,

queste righe dedica l’autore

Quattro.

Pesanti, come un colpo.

“A Cesare quel che è di Cesare – a dio quel che è di dio”.

E a uno

come me,

dove ficcarsi?

Dove ho pronto il mio giaciglio?

 

Se fossi

piccolo,

come un oceano, –

sulle punte delle onde starei,

con la marea vezzeggerei la luna.

Dove trovarmi

una diletta come me?

Una così non entrerebbe nell’esiguo cielo!

 

Oh, se io fossi indigente!

Come un miliardario!

Cos’è per l’anima il denaro?

In essa c’è un avido ladro.

Alla sfrenata orda dei miei desideri

non basta l’oro dell’intera California.

 

Se balbettassi

come Dante

o Petrarca!

L’anima accendere a una sola!

Coi versi ridurla in polvere!

E le parole

e il mio amore –

un arco di trionfo:

solennemente,

senza lasciar traccia passeranno in essa

le amanti di secoli interi.

 

Oh, se io fossi

quieto,

come il tuono, –

frignerei,

tremando stringerei il vecchio eremo della terra.

Se io con tutta la sua potenza

tuonerò con la mia enorme voce, –

le comete si torceranno la mani ardenti,

gettandosi giù per disperazione.

 

Io con i raggi degli occhi rosicchierei le notti –

oh, se io fossi

oscuro come il sole!

Ho tanto bisogno

di abbeverare col mio splendore

il seno smunto della terra!

 

Passerò,

la mia amata trascinando.

In quale notte

delirante,

sofferente

da quali Golia sono stato concepito –

io così grande

e che non servo a niente?

1916

 

Non capiscono niente

Entrò dal Barbiere, disse – tranquillo:

“Siate gentile pettinatemi le orecchie”.

Il barbiere rasato subito diventò aghiforme,

la faccia si allungò come in una pera.

“Pazzo!

Buffone!” –

danzavano le parole.

Gli insulti turbinavano tra i guaiti,

e a lu-u-u-u-ngo

una testa sogghignava

staccandosi dalla folla, come un vecchio ravanello.

 

1913

 

Alle insegne

 

Leggete libri di ferro!

Al flauto d’una lettera dorata

accorreranno aringhe affumicate

e navoni dai riccioli d’oro.

 

E se con gaiezza canina

roteranno le costellazioni “Maggi” –

l’ufficio dei convogli funebri

manderà i propri sarcofaghi.

 

Quando, cupo e lacrimoso,

spegnerà i segni dei lampioni,

innamoratevi sotto un cielo di bettole

dei papaveri delle teiere di faenza!

 

1913

 

Tu

 

Sei giunta –

risoluta,

al mio ruggito

per la mia statura,

e gettato uno sguardo

hai visto solo un ragazzo.

Hai afferrato,

hai rapito il mio cuore

e semplicemente

hai preso a giocare con esso –

come una bambina con la palla.

E ciascuna –

come vedendo un prodigio –

la dama che restò di stucco

e la vergine fanciulla.

“Amare uno come quello?

Uno così si avventerà!

Deve essere una domatrice.

Deve venire dal serraglio!”

Ma io esulto.

Il giogo –

non c’è!

Stordito dalla gioia,

saltavo,

ballavo come un pellirossa alle nozze,

tanto ero allegro,

tanto ero leggero.

 

1919

 

La blusa del bellimbusto

 

Io mi cucirò neri calzoni

di velluto della mia voce.

Una blusa gialla di due metri di tramonto.

Lungo il Nevskij del mondo e le sue lucide parti,

andrò col passo di un Don Giovanni e di un bellimbusto.

 

Che la terra gridi, effeminata e tranquilla:

“Tu vai a violentare le verdi primavere!”

Io urlerò al sole, con un ghigno insolente:

“Sul liscio asfalto mi piace grandeggiare!”

 

Non perché il cielo è blu,

e la terra mi è amante in questo lindore festivo,

io vi dono versi, allegri, come burattini

e pungenti e necessari, come stuzzicadenti!”

 

Donne che amate la mia carne, e la ragazza

che mi rivolge lo sguardo come a un fratello,

lanciate i vostri sorrisi a me, il poeta, –

io li cucirò come fiori sulla mia blusa di bellimbusto!

 

1914

 

 

 

Commiato

 

In macchina,

cambiato l’ultimo franco.

– A che ora per Marsiglia? –

Parigi

corre,

accompagnandomi

in tutta

l’impossibile bellezza.

Accedi

agli occhi,

brodaglia del distacco,

il cuore

spaccami

col sentimentalismo!

Io vorrei

vivere

e morire a Parigi,

se non ci fosse

una terra simile –

Mosca.

 

1925

 

E’ passata l’una…

 

E’ passata l’una. Dovresti andare a letto.

La Via Lattea scorre argentea nella notte.

Non ho fretta; con telegrammi lampo

Non ho motivo di stancarti e turbarti.

E, come essi dicono, l’incidente è chiuso.

La barca dell’amore s’è infranta contro la fatica del giorno.

Adesso tu ed io siamo pari. Perché dunque il fastidio

Di bilanciare le reciproche sofferenze e ferite?

Guarda ciò che la quiete posa sul mondo.

La notte copre il cielo in omaggio alle stelle.

In ore come queste, ci si alza per parlare

Agli anni, alla storia, a tutto il creato.

 

 

 

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