CALUDIO TITO, REP. 10 MAGGIO 2018, pag. 30 ::: IL LABORATORIO POPULISTA— QUALCHE COSA SUL LIBRO DI YASHA MOUNK (marzo 2018)::: IL POPOLO E LA DEMOCRAZIA—SUL PERICOLO DEL POPULISMO–ARTICOLO THE GUARDIAN, IN INGLESE

 

IL LABORATORIO POPULISTA

Claudio Tito

 

Da oggi l’Italia è un osservato speciale. I fari dell’Unione europea e di buona parte del mondo occidentale saranno rivolti verso di noi. Se la trattativa tra il Movimento 5Stelle e la Lega dovesse davvero concretizzarsi, questo Paese batterà di certo un record ineguagliato: sarà il primo ad avere un governo a trazione integralmente populista.

Un caso sostanzialmente unico tra le nazioni fondatrici della Ue e di quelle che hanno accettato la moneta unica. Per la prima volta nascerebbe un esecutivo del tutto estraneo alle “grandi” famiglie politiche europee: quella liberale, quella popolare e quella socialista. Una maggioranza dal cui vocabolario vengono cancellate due parole che hanno segnato la politica italiana negli ultimi 24 anni: centrodestra e centrosinistra. L’Italia diventa una sorta di laboratorio del populismo in grado di spaventare vicini e alleati.

Già dopo le elezioni del 4 marzo le cancellerie di quella parte di mondo cui l’Italia è iscritta di diritto non hanno nascosto allarme e preoccupazione. Le minacce anti- euro della base pentastellata e del suo leader carismatico, Beppe Grillo; le entusiastiche adesioni di Matteo Salvini alla politica estera di Putin contro quella tradizionalmente filoatlantica; la “ promessa” congiunta di sconquassare i conti dello Stato con la flat tax da una parte e il reddito di cittadinanza dall’altra. Tutti fattori che oltre confine hanno già fatto accendere una spia. E il primo segnale lo si è colto nelle ultime 48 ore con l’andamento dello spread tra i nostri titoli di Stato e i bund tedeschi. Il debito pubblico sarà infatti la prima bussola che orienterà il giudizio degli osservatori internazionali.

Ma c’è un aspetto che ingigantisce questi problemi. I due protagonisti di questo record appaiono impreparati a gestire le complessità di un Paese come l’Italia. Ogni passaggio di questa crisi istituzionale è segnata da una costante improvvisazione. Dopo quasi settanta giorni dal voto, le lancette delle consultazioni sono tornate al punto di partenza. Come se il tempo fosse passato solo per digerire le reciproche antipatie e incapacità. E per consentire di giocare con le formule: dalle maggioranze composte in vario modo fino alle elezioni ferragostane.

La mossa di Silvio Berlusconi più che una apertura è una sfida. Costringe il capo grillino e il segretario leghista ad uscire dalla campagna elettorale e dagli slogan buoni per agitare il malcontento degli italiani ma non a trovare soluzioni. Eppure il populismo avversa le mediazioni. Perché ogni accordo che limi le promesse fatte prima delle elezioni, ogni gestione della protesta diventa compromesso. Non è un caso che il primo incaglio sia sulla spartizione delle poltrone: Di Maio e Salvini hanno bisogno di rivendicare la supremazia ministeriale perché anche quell’aspetto è stato oggetto del rapporto disintermediato con i propri elettori. Sono impreparati a negoziare secondo le regole della democrazia parlamentare. «Anziché contribuire ad affrontare le cause della rabbia popolare – scrive il politologo tedescoYascha Mounk nel suo ultimo libro in cui avverte la possibilità che la stagione populista possa porre fine alla democrazia liberale anche in Italia – i populisti le acutizzano, e l’inquietudine degli elettori aumenta. Con il tempo il sistema diventa più caotico».

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traduzione inglese, marzo 2018

C’è dunque nella stessa natura del Movimento 5Stelle e del Carroccio una forma di incompatibilità reciproca. Ma c’è un dato che adesso è inevitabilmente destinato a scomparire: il fallimento delle trattative non potrà avere nessun altro colpevole se non i diretti interessati. Nel caso in cui questo gabinetto non si formasse, la richiesta di tornare subito alle elezioni non solo sarebbe tecnicamente impraticabile ma sarebbe anche politicamente irricevibile anche da parte del Quirinale.

Le derive del laboratorio italiano del populismo restano però pericolosamente intatte.

 

CLAUDIO TITO

Capo delll’ufficio centrale di Repubblica. Al giornale diretto da Ezio Mauro dal 2003, ha seguito i principali fatti della cronaca politica e parlamentare. Prima di Repubblica ha lavorato all’Agenzia di stampa Asca

 

 

 

UN ARTICOLO SU THE GUARDIAN, 4 MARZO 2018, SUL LIBRO DI YASHA MOUNK: ” POPOLO E DEMOCRAZIA ” di Lloyd Green—IN INGLESE

https://www.theguardian.com/books/2018/mar/04/the-people-vs-democracy-review-trump

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