COMPAGNIA DEL THE. IT — PAOLA MAGI ::: SUA MAESTA’ IL GATTO NELLA STORIA E NELL’ARTE

 

COMPAGNIA DEL THE.IT — PAOLA MAGI

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Milano

13 maggio 2012

Intervento di

Paola Magi

all’evento

“Fascinazione del gatto”

Gatti nell’arte
di Paola Magi

 

Ecco una breve carrellata di immagini di gatti offerte dalla storia dell’arte.

Egitto

Il gatto ha avuto una grande importanza nella vita dell’uomo, è stato un prezioso alleato per la sopravvivenza delle prime società agricole per la sua capacità di eliminare i roditori salvaguardando così le scorte di derrate. L’Egitto amò moltissimo i gatti. La più sacra incarnazione di questo felino domestico fu la dea Bastet, che veniva rappresentata in forma semiumana, col corpo di donna e la testa di gatto, oppure direttamente come un gatto. Veniva anche confusa, a volte, con la sorella Sekhmet dalla testa di leone. La dea Bastet era ritenuta protettrice dei bambini, connessa alla fertilità; i Greci la identificarono con Artemide. Qui la vediamo raffigurata appunto come un gatto,
bastet

come una donna con la testa di felino (somiglia a un leone in questo caso) e i lunghi seni che sottolineano la sua capacità di nutrire e proteggere i bambini,

bastet

come una donna-gatto che impugna una grossa clava, probabilmente un altro attributo della dea che era ritenuta anche molto agile e forte, in grado di cacciare i nemici dall’Egitto.
bastet

Creta

Questa è la celebre statuetta fittile nota come Dea dei Serpenti. Raffigura probabilmente una sacerdotessa che ha in mano due serpenti in testa un gatto. Si ritiene che anche questa sia una figura legata a riti di fertilità; il gatto sul copricapo è da molti interpretato come derivante dal culto egiziano di Bastet.

dea dei serpenti

Roma

La presenza del felino nelle case degli antichi romani è vivacemente testimoniata da questo mosaico proveniente da Pompei (casa del Fauno) che raffigura il micio di casa che si è impadronito di un volatile di media taglia, grosso quasi come lui.

mosaico romano

Notiamo come l’artista abbia rappresentato la vivace espressione della bestiola, ispirandoci una innegabile simpatia per questo piccolo predatore di casa. Il mosaicistasi è servito di tessere molto piccole per poter realizzare con realismo i piccoli dettagli, dalle striature e sfumature del pelo ai grandi occhi vivaci e spalancati, che rendono particolarmente accattivante il musetto del gattino, mentre la zampa in primo piano, con gli artigli sfoderati che sporgono illusivamente dal piano, ci ricorda che il nostro dolce amico dal pelo morbido è in verità stretto parente del leone.

Medioevo

Non ho trovato, in questa mia rapida ricerca, nessuna immagine di gatto nel mondo figurativo paleocristiano e bizantino. La cosa non deve meravigliare: il gatto era ritenuto un simbolo del male, immagine del demonio, e quindi non era particolarmente adatto a un mondo figurativo come quello paleocristiano e bizantino, volti principalmente ad esaltare i principi religiosi della cristianità. Troviamo invece molte immagini del gatto a partire dal dodicesimo secolo, quando il medioevo è nella sua più ampia fioritura e la società europea appare sempre più legata ai valori della vita materiale, cosa che in arte si riflette nell’affermarsi graduale ma irreversibile del naturalismo [Per molte delle immagini che seguono ho attinto al sito Medieval and Renaissance Material Culture ].

A quest’epoca risale la realizzazione dei così detti Bestiari, volumi che raccoglievano illustrazioni e credenze sulle specie animali più note, sia reali che immaginarie. Si potrebbe dire che il Bestiario è una via di mezzo fra un manuale illustrato e un libro di morale; infatti per l’uomo del medioevo tutto ciò che Dio ha creato deve servire a comunicare all’uomo importanti significati, per guidarlo sulla via della virtù.

Vediamo qui un’immagine tratta dal Bestiario di Aberdeen, del 1200, che dice, a proposito del gatto: “Il gatto è comunemente detto musio, cacciatore di topi, perché ènemico dei topi. Viene comunemente chiamato catus, gatto, da captura, l’atto di catturare. Altri dicono che il nome deriva da capto, captare, perché vede i topi con i suoi occhi acuti. Infatti esso ha una vista così penetrante che vince l’oscurità della notte col luccichio dei suoi occhi.”

Bestiario di Aberdeen

I tre gatti illustrano tre atteggiamenti tipici: quello più in basso fa la toeletta, quello sulla destra sta cacciando, quello sulla sinistra probabilmente vuole significare la vista acuta dell’animale che viene sottolineata anche dal testo.

Le movenze del gatto sono presenti fra gli schizzi a margine di una delle più importanti raccolte di disegni di un architetto francese del tredicesimo secolo, Villard de Honnecourt. Accanto a dettagliati piani di edifici, alle proporzioni del corpo umano, a disegni di labirinti come quello che si vede in questa stessa pagina, Villard de Honnecourt ha disegnato rapidamente e con grande efficacia alcuni animali, fra cui due gatti nei loro tipici atteggiamenti. Colpisce la vicinanza, forse solo casuale, fra la forma acciambellata del micio, che pare deformarsi portando al limite estremo la sua capacità di controllo corporeo, e la forma arcana ed enigmatica del labirinto a pianta circolare.

Villard de Honnecourt

Il codice miniato noto come “La Somme le Roi”, realizzato dal domenicano Frère Laurent per Filippo III L’Ardito nel 1279, era concepito come una raccolta di indicazioni morali, una sorta di libro dei vizi e delle virtù ad uso del sovrano. In una delle numerose copie che ne vennero eseguite troviamo il gatto raffigurato a fianco della sposa di Noè all’interno dell’arca, in simmetria con il cane, che possiamo vedere affacciato dal lato opposto, a fianco del patriarca biblico. In questa illustrazione possiamo notare la combinazione di elementi molto sintetici, estremamente stilizzati, come la struttura dell’imbarcazione, e di elementi alquanto realistici soprattutto nella raffigurazione degli animali, in particolare degli uccelli in alto. Dei vari animali che si affacciano alle diverse aperture notiamo gli occhi evidenziati ed espressivi, insieme al gesto preoccupato della donna e alla gestualità rassicurante ed autorevole di Noè.

La Somme le Roi

Sempre dal XIII secolo ci giunge una miniatura persiana in cui viene raffigurata una mamma gatta che trasporta i suoi tre gattini che sembrano morti; forse però non sono morti, ma soltanto neonati. Si credeva infatti, in Persia, che i gattini (che nascono con gli occhi chiusi) non avrebbero potuto aprire gli occhi se la madre non li avesse spostati per sette volte dal luogo in cui li aveva partoriti. [Cats’ eyes are closed after birth, and it is believed that, unless the cat moves her litter seven times in the house in which she has given birth, the kittens will not open them. (Encyclopaedia Iranica)].

L’illustrazione è tratta da uno dei più noti bestiari arabi, risalente al 1085 e in seguito tradotto in persiano. Si intitola Manafi’ al-hayawan (Dell’utilità degli animali) e illustra tutte le caratteristiche degli animali allora conosciuti. A differenza dei contemporanei dipinti europei, noteremo la presenza di elementi di paesaggio decisamente naturalistici, l’albero e i piccoli cespi d’erba sparsi sul terreno, che tuttavia non impediscono all’illustratore di ingigantire la figura della gatta, decisamente sovradimensionata rispetto a quella del personaggio in primo piano, che dev’essere con tutta probabilità solo un narratore.

Dellutilità degli animali

Un altro importante genere di testo medievale è il Taccuinum sanitatis, termine con cui si indicano le raccolte di norme per conservarsi bene in salute. In uno di questi codici risalente al 1400 troviamo l’illustrazione della bottega di un venditore di formaggio in cui fa bella mostra di sé un gatto bianco, preposto a difendere le forme di cacio dalla contaminazione dei denti dei topi.

Taccuinum sanitatis

Il gatto nero continuava invece ad essere associato al male e al demonio, veniva addirittura identificato con esso. Questa miniatura del 1410 illustra un miracolo di San Domenico. Un gruppo di donne tentate dall’eresia era andato a chiedergli consiglio. Il santo disse loro di aspettare un momento e avrebbero visto a chi in realtà si stavano dedicando.
All’improvviso un grosso gatto nero, dagli occhi di brace, la coda mozzata e la lingua insanguinata, il cui posteriore emanava un puzzo tremendo, uscì dal gruppo delle donne e, dopo essersi aggirato per la chiesa, si arrampicò lungo la corda delle campane e sparì nel campanile. Allora le donne compresero il loro errore, si inginocchiarono e prestarono atto di fede nelle mani del Santo [Cfr. Fordham University – The Jesuit University of New York The Golden Legend: Saint Dominic].

miniatura del 1410

Nei codici miniati troviamo spesso raffigurazioni giocose e fantastiche, fatte solo per diletto e per gioco. Eccone un paio di esempi tratti da codici miniati del XV secolo. In questo Libro di Preghiere del 1470 troviamo, entro una ricca cornice a motivi di fiori e foglie, la curiosa immagine di una scimmia con un cappello rosso a tesa larga che tiene in braccio un bel gattone dal pelo azzurro, mentre a fondo pagina un altro gattone grigio-azzurro dà la caccia a un topo.

Libro di Preghiere del 1470

Un altro codice della fine del XV secolo, il “Libro d’ore di Rouen” del 1470, ci propone la buffa e fantasiosa rappresentazione di un gatto tenuto per le redini e usato come insolita cavalcatura da un giullare che tiene in mano la sua sonagliera.

Libro dore di Rouen

In un altro codice miniato, troviamo invece un gatto che ascolta un giullare che suona il violino.

codice miniato

Ormai, a quest’epoca, il gatto è raffigurato come un elemento indispensabile e gradito del paesaggio domestico, sia nelle ricche dimore dei nobili che nelle modeste abitazioni dei poveri.

Un ricco codice illuminato del XV secolo, il “Libro della conquista di Alessandro”, ci mostra la scena di un sontuoso banchetto cui partecipano dame e cavalieri abbigliati fastosamente, circondati dalla servitù che, in lussuose livree, porta ricche vivande, in questo caso un pavone cucinato e servito con tutte le penne; sul pavimento a piastrelle decorate un cane e un gatto sembrano voler partecipare alla festa.

Libro della conquista di Alessandro

Un vetro dipinto olandese del 1510-1520 illustra una scena della storia di Sorgheloos. Il nome di questo personaggio in lingua olandese medievale significa “senza pensieri”, e la sua storia appartiene al genere del racconto edificante, con fini educativi e moralistici. Sorgheloos è una specie di figliol prodigo che però non ha un padre benevolente e pronto al perdono e per questo finisce in estrema indigenza, dopo aver dissipato allegramente il suo patrimonio. Qui vediamo Sorgheloos davanti al suo magro focolare, in una casa malridotta e spoglia in cui gli unici compagni che gli sono rimasti, oltre alla Povertà che vediamo sullo sfondo, fuori dalla porta, sono un cane macilento e un gatto che giace sul pavimento vicino a un topolino morto: evidentemente solo i sorci abbondano in questa misera dimora.

storia di Sorgheloos

Italia fra XV e XVII secolo

Tornando in Italia, ecco due straordinari disegnatori che ci hanno offerto alcuni notevoli disegni di gatti. Uno è Pisanello, che fu grande protagonista del Gotico Internazionale e amava moltissimo disegnare ogni genere di animali. Vediamo come ha saputo cogliere alcune tipiche espressioni del muso del gatto, visto da varie angolazioni.

Pisanello

L’altro è Leonardo da Vinci, di cui è ben nota l’attitudine a cogliere col disegno tutte le forme intelligibili del reale per indagarne le qualità e le caratteristiche. I due disegni di gatti sono molto rapidi, essenziali, e riescono a catturare con pochi tratti le mosse del micio che fa la toeletta colto da due diverse angolazioni.

 Leonardo da Vinci

Francesco Bacchiacca, pittore fiorentino del XV secolo, ha spesso inserito il gatto nei suoi ritratti di gentildonne: è sempre un animale dal pelo fulvo, che gli serve per creare un bell’accordo cromatico coi capelli e le vesti delle signore ritratte, ma anche per sottolinearne un tratto psicologico.

Bacchiacca sdsdsdsdsdsdssdBacchiacca

Un bel gattone curioso, dal pelo giallo-arancio e dalle mosse agili, è inserito in primo piano nel grande telero di Tintoretto “L’ultima cena”. L’episodio del Vangelo è ambientato in una sala scura, illuminata da lucerne che emanano una caratteristica luce filamentosa, che forma le immagini degli angeli accorsi a glorificare l’evento. Insolitamente, il tavolo non è visto di fronte ma di sbieco, creando una specie di cannocchiale visivo in cui lo spettatore viene come risucchiato. Tutto intorno ferve la vita ignara e affaccendata di donne e uomini che servono in tavola e preparano cibi e vivande. Una donna inginocchiata sul pavimento prende le stoviglie da una cesta, e il gatto curioso si affaccia a vedere di cosa si tratti. Diventa così un elemento di quotidiana realtà che contrasta con la santità dell’episodio illustrato e insieme avvicina gli spettatori facendoli sentire parte del quadro. Potrebbe però voler simboleggiare l’indifferenza del peccatore che volge le spalle a Gesù e alla santa Eucarestia e che, di questa memorabile Cena, nota solo le cose più futili: le belle stoviglie per la tavola.

Lultima cena

Ecco due dipinti che raffigurano l’Annunciazione e nei quali gli autori hanno inserito un gatto. Il primo è di Lorenzo Lotto. Il pittore veneto, la cui stella fu offuscata dalla figura incombente di Tiziano, che lo costrinse a lasciare Venezia e a divenire un pittore di provincia, ci ha lasciato dei dipinti meravigliosi per sapienza cromatica e luminosità. Questa annunciazione sembra anticipare lo spirito della Controriforma, con l’atteggiamento umile e virginale della Madonna, e l’atmosfera quieta, riservata e semplice della sua stanza. Il gatto che corre in mezzo al pavimento e si volta a guardare l’ospite inatteso conferisce un senso di verità ingenua all’arrivo del solenne visitatore.

Lorenzo Lotto

Federico Barocci è uno dei grandi protagonisti della pittura italiana della Controriforma. Consigliato e ammirato da San Filippo Neri, contribuì con i suoi dipinti luminosi e costruiti con cura minuziosa per ogni singolo dettaglio a creare opere sacre in cui lo spettatore si sentisse coinvolto per l’aspetto accessibile, quotidiano delle figure sante rappresentate. In questa Annunciazione il micetto acciambellato in primo piano crea l’atmosfera di quieta intimità della stanza dove la Vergine riceve il visitatore alato, e fa da contrappunto visivo alla profondità strepitosa e luminosa del paesaggio che si apre fuori dalla grande finestra, sullo sfondo.

Federico Barocci

Figlio del più famoso Jacopo Bassano, Gerolamo Bassano ci ha lasciato questa vivace raffigurazione degli animali che entrano nell’Arca di Noè, in cui possiamo ammirare un bel micio in primo piano, accanto alla coppia dei cani e delle pecore.

Gerolamo Bassano

Il rinnovato interesse per la verità e la quotidianità che caratterizzò la pittura italiana dell’inizio del XVII secolo emerge in questo rapido schizzo di scena domestica realizzato con mano felice dal grande Annibale Carracci. Vediamo una donna con i due figli che scalda i panni davanti al fuoco, in compagnia di un gatto che sembra intimamente partecipe della vita domestica, posizionato com’è proprio accanto alle gonne della donna e ai piedi del bambino che si stringe alla madre.

Annibale Carracci

Dal XVI al XVIII secolo

Vincent Sellaer fu uno di quegli artisti che contribuirono a esportare la maniera italiana in Europa. Dopo aver fatto esperienza in Italia, a Brescia, si trasferì in Belgio. In questo dipinto dal soggetto e dai modi pienamente in linea coi modelli del Manierismo italiano, troviamo un bel micio dal pelo rossiccio tranquillamente accucciato a fianco al bambino in primo piano, con il quale mostra di essere in grande confidenza, dato che gli consente di appoggiarsi col gomito sulla sua schiena. Un elemento di verità in un dipinto tutto sommato piuttosto artificioso.

Vincent Sellaer

Otto Venius, o Otto Van Veen, fu anch’egli un pittore formato in Italia e attivo in Belgio fra il XVI e il XVII secolo. Lo vediamo qui in un ritratto di gruppo, genere molto apprezzato nei paesi fiamminghi, in cui il pittore campeggia al centro della scena circondato dalla sua numerosa famiglia. In primo piano, una delle più piccine fra le sue figlie è seduta in terra, distratta dalla presenza del suo bel gatto bianco, che accarezza affettuosamente conferendo un tocco di sentimento e di spontaneità a una scena in cui tutti gli altri sembrano stare rigorosamente in posa, consapevoli dell’importanza del momento.

Otto Van Veen

In Inghilterra, all’inizio del XVIII secolo, William Hogarth crea una specie di teatro del quotidiano, mettendo in scena con vivacità e acutezza i vizi e le virtù della emergente classe borghese. Qui vediamo una scenetta domestica in cui un vispo micetto tende un agguato all’uccellino in gabbia, mentre i bambini ignari delle sue mire infide sembrano tutti presi dalla piccola rappresentazione che stanno mettendo in scena per lo spettatore.
William Hogarth

Francisco Goya ci offre questo meraviglioso ritratto di un giovanissimo aristocratico, il cui sguardo malinconico contrasta con gli occhi spalancati e attenti dei due grossi gatti accovacciati dietro di lui, che puntano con avidità la gazza che il bambino tiene legata con una cordicella, ma alla quale pare non prestare alcuna attenzione.

Francisco Goya

Pittori dell’Ottocento

Alla metà dell’Ottocento in Francia la pittura fa il primo passo verso quella che diventerà ben presto una vera e propria rivoluzione. Con Gustave Courbet la realtà entra prepotentemente nel mondo dell’arte figurativa; Courbet lo esprime a chiare lettere in questo grande dipinto che egli stesso definì una “allegoria reale”. Il suo atelier è invaso da una folla di personaggi che incarnano i vari aspetti della realtà, raffigurando sulla sinistra tutte le varie contraddizioni e miserie del mondo quotidiano, sulla destra la vita intellettuale impersonata dai suoi più stretti amici, da Baudelaire a Proudhon. Al centro il pittore rappresenta se stesso, con alcune figure che evidentemente alludono allegoricamente a quelle che devono essere le sue qualità. Una donna nuda parrebbe incarnare la “Nuda Veritas”, che fa da musa ispiratrice (si noti che non è il soggetto del dipinto sulla tela, un paesaggio del Paese natio di Courbet); un bambino raffigura lo sguardo innocente che l’artista deve sempre mantenere per poter raccontare senza infingimenti la verità. In primo piano c’è un bel gattone bianco in una strana posa, che ricorda a dire il vero piuttosto inequivocabilmente quella di una gatta in calore. Cosa può significare? Ritengo che non si tratti di un accessorio ornamentale, in quanto tutto il dipinto è accuratamente organizzato per esprimere precisi concetti e significati. Penso perciò che la gatta in calore stia a indicare la passione e il piacere con cui l’artista affronta il suo lavoro, un piacere intenso, ma anche puro e senza malizia, come puro è il colore dell’animale, il bianco, e come puro è lo sguardo innocente del bambino.

Gustave Courbet

Hiroshige Utagawa fu un grande incisore giapponese dell’ottocento. Le sue illustrazioni di soggetti naturali furono in grado di influenzare fortemente l’arte dei pittori impressionisti. Vediamo qui un bel gatto bianco che guarda il paesaggio fuori dalla finestra, con il monte Fuji sullo sfondo. All’artista sono bastati pochissimi tratti rapidi per delineare con efficacia la sagoma soffice del gatto affacciato al davanzale, mentre lontano uno stormo di uccelli vola via.

Hiroshige Utagawa

L’altro dipinto di Hiroshige si ispira forse a una leggenda giapponese, quella della gatta-vampiro di Nabeshima che uccise la concubina favorita di un principe e ne prese il posto. Ogni notte il principe visitava quella che credeva la sua amata, e tornava ogni volta più debole. Una guardia vide la creatura e riuscì a renderla inoffensiva, ma quella fuggì via per le campagne finché non fu catturata e uccisa. Questo disegno sembrerebbe raffigurare la donna-gatta mentre si prepara a trascorrere la notte con la sua vittima.

gatta-vampiro di Nabeshima

Un gatto, nero questa volta, compare in un celebre dipinto di Edouard Manet, Olympia. Qui il gatto sta a indicare la sensualità peccaminosa del mestiere della donna, una prostituta, e gioca con il doppio senso della parola francese chat, che indica, nel linguaggio familiare, il sesso femminile.

Olympia

Di Auguste Renoir, grande ritrattista dell’infanzia, possiamo ammirare questo ritratto di bambina con gatto. Credo che pochi altri pittori abbiano saputo rendere con tanta vivezza l’espressione di totale felicità di un gattino affettuoso coccolato dalla sua padroncina.

Auguste Renoir

Paul Gauguin è celebre per i suoi dipinti che ritraggono figure e ambienti esotici. Qui un uomo e una donna dall’aria enigmatica e impenetrabile siedono quietamente, l’uomo intento a fumare una sottile sigaretta, la donna silenziosamente seduta dietro di lui; un gatto bianco in primissimo piano fa la pennichella, mentre fuori dalla finestra vediamo la silouhette di un cane che fa la guardia, vigile e desto.

Paul Gauguin

Il novecento

Henri Rousseau, detto il Doganiere, fu un pittore dal talento discusso e sottovalutato fra i suoi contemporanei; oggi è ritenuto uno dei maestri dell’inizio del XX secolo. Pierre Loti è stato uno scrittore e un viaggiatore assai particolare. Ufficiale di marina, incontrò l’amore appassionato a Costantinopoli, dove amò, riamato, una circassa dell’harem del sultano, ma poi dovette partire e lei morì per il dispiacere. Prima che partisse, la donna gli offrì un anello che aveva ricavato dai suoi vari gioielli: forse è quello che gli vediamo brillare al dito mignolo. Loti scrisse libri in cui l’esotismo non era più qualcosa di remoto e ornamentale, ma qualcosa con cui egli voleva entrare in comunione, identificarsi, mescolarsi. Questo ritratto ce lo mostra uomo maturo, stempiato, con lo sguardo malinconico, la sigaretta fra le dita, alle sue spalle un paesaggio occidentale, come indicano le ciminiere delle fabbriche; al suo fianco un gatto dal muso triangolare, gli occhi fissi e misteriosi, quasi il simbolo dell’amore per la lontananza e per ciò che è esotico, diverso e misterioso.

Henri Rousseau

Pablo Picasso ci offre un simpatico gatto stilizzato, un po’ cubista e un po’ surrealista, che fronteggia, con la coda dritta in segno di sfida, un enorme granchio sulla riva del mare.

Pablo Picasso

Paul Klee amava molto i gatti. I più importanti della sua vita sono tre, li ha raccontati nei suoi dipinti. Il primo è Nuggi, lo portò con sé dall’Italia, era per lui lo “spirito della casa”. Il secondo si chiamava Fritzi ed era lo spirito della forza della vita, il “dio felino”, come lo chiamava il pittore. Il terzo si chiamava Bimbo, era un gatto bianco d’angora che visse con Klee negli ultimi 10 anni della sua vita. Lo vedeva come l’angelo della morte che lo avrebbe accompagnato nell’oltretomba, quasi una divinità egizia. Paul Klee lo definiva “il gatto cosmico”. Qui vediamo “Gatto e uccello”, un quadro che raffigura un gatto dai grandi occhi dilatati che ha in mezzo alla fronte un uccellino stilizzato con un tratto talmente semplice da richiamare il segno matematico dell’infinito. Eccolo qua il gatto cosmico, il dio felino, misterioso custode dei segreti della casa e dell’universo.

Paul Klee

Vediamo ora due autoritratti molto diversi, eppure in entrambi pare che l’autore e l’autrice si identifichino con l’animale che è al loro fianco, quasi fosse un nume tutelare o un loro totem personale, come il gatto di Baudelaire in cui il poeta si identificava. Frida Kahlo è stata una grande pittrice messicana, dall’esistenza tormentata a causa di un incidente che le causò per tutta la vita sofferenze atroci. In questo autoritratto è affiancata da una scimmia e da un gatto nero che guarda lo spettatore con aria di sfida.
Frida Kahlo

L’altro autoritratto con gatto è di Léonard Tsuguharu Fujita, giapponese trapiantato a Parigi dal 1913, dove fece parte della cosiddetta “scuola di Parigi”. Fu molto apprezzato dai collezionisti francesi, tanto che fu uno dei pochi artisti di quel gruppo a guadagnare cifre notevoli. In questo autoritratto si raffigura con gli occhiali e il pennello in mano, mentre tiene stretto il suo gatto che lo guarda ammirato; le teste di entrambi, uomo e animale, sono circondate da una specie di alone luminoso che sembra sottolineare l’unità, quasi un’identità, fra uomo e animale. Anche Tsuguharu pare condividere l’opinione di Baudelaire sui gatti, visti come una specie di alter ego dell’artista e del poeta.

Léonard Tsuguharu Fujita

Concludo con due artisti innamorati dei gatti. Uno è Pericle Fazzini. Lo scultore italiano, che ha partecipato al Fronte Nuovo delle Arti con Vedova e Guttuso, ha ritratto più volte, nelle sue sculture, i movimenti sinuosi dei gatti, con uno stile essenziale, agile e monumentale allo stesso tempo.

Pericle Fazzini

Leonor Fini è stata una pittrice sostanzialmente autodidatta. Nata in Argentina, cresciuta a Trieste, maturata a Milano, scelse Parigi come sua patria adottiva, diventando così una figura emblematica del cosmopolitismo che affascinava gli intellettuali di quell’epoca. Vicina al surrealismo, ci ha lasciato quadri in cui il tema della femminilità è interpretato in forme enigmatiche e simboliche: il gatto è uno dei suoi temi preferiti.

Leonor Fini

Un omaggio ai gatti dell’Archivio Dedalus

Concludiamo qui la carrellata degli artisti “storici”, e parliamo solo per un momento di un altro tipo di gatti d’arte, che sono stati realizzati per l’Archivio Dedalus dal poeta Franco Loi e da Margherita Pezzella. Il poeta Franco Loi ha scritto una poesia che è stata pubblicata per la prima volta nella collana “Inediti”, stampe in quarto numerate e illustrate. Loi ha anche realizzato una piccola scultura in terracotta che raffigura un gatto. L’altra piccola scultura che abbiamo portato qui alla Compagnia del the è stata realizzata da una bambina, Margherita Pezzella. Entrambe furono fatte in occasione di una mostra di sculture di poeti e bambini ispirate al mondo degli animali presenti nelle poesie di alcuni autori lombardi. La mostra, “Bestiario lombardo”, si tenne nel 2009 presso la sede dell’Archivio Dedalus.

sculture dedalus

 

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