EZIO MAURO CI INVITA RIFLETTERE SUI CAMBIAMENTI CHE CONSUMIAMO INAVVERTITAMENTE IN NOI STESSI, DA UN BRANO DEL SUO LIBRO ” L’UOMO BIANCO “, BOMPIANI 2018, CAPITOLO II, pagine 21-23– è breve, ma va meditato…

 

 

 

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bardelli, lo specchio, computer graphics, 21 ottobre 2018

 

 

 

EZIO MAURO, L’UOMO BIANCO, BOMPIANI 2018

 

 

dal cap. 2      Il Corpo –pp. 21- 23

 

 

 

 

    Dove comincia, dove finisce, come cambia la normalità italiana? Proprio la deformazione di noi stessi e del nostro costume civile è qualcosa che non vediamo più, di cui non ci accorgiamo perché si consuma quotidianamente consumandoci. Siamo contemporaneamente attori, spettatori, venditori e clienti, vittime e protagonisti di un mutamento facilitato dal nostro microadattamento, ottuso perché inconscio ma costante, in ogni caso progressivo, apparentemente inesorabile.

    Se scegliamo una settimana qualunque, tra fine giugno e inizio luglio 2018, mentre la temperatura saliva a 32 gradi, il governo litigava con Macron sui migranti, la Juventus trattava Ronaldo, troviamo un’infinità di fatti sensibili e simbolici sul tema identitario che sono scartati dalla grande disattenzione collettiva, digeriti prima di essere considerati, metabolizzati senza essere valutati, dunque avvenuti senza lasciare alcuna traccia sociale o culturale, introiettati nella vena del Paese sotto la sua soglia cognitiva.

    Prendiamone tre a caso. Ad Alassio un ragazzo dalla pelle scura che vende libri in spiaggia viene cacciato da un cane che lo rincorre mentre intorno tutti applaudono, perché Speed, come spiega la padrona, ” ringhia solo quando passano i negri, li riconosce dall’ odore “. A Torino il procuratore della Repubblica Armando Spataro è assalito sui social per aver firmato una circolare con direttive per contrastare le discriminazioni e i reati aggravati da odio razziale: ” Rimuovetelo “, ” Mandatelo a casa “, ” Prenda gli immigrati nel suo salotto”, ” Spataro crepa “.

     Sempre a  Torino due uomini con un coltello e un cane aggrediscono a calci e pugni Ahmed, profugo del Darfur, seduto su una panchina davanti alla parrocchia dell’Ascensione, finché arrivano i carabinieri. Ma prima dell’arresto, ci interessa la domanda: ” Perché sei qui, negro di merda? “

    Non era così, non lo permettevamo a noi stessi. Sciolto da vincoli sociali, autorizzato a pensare soltanto  sé, soggetto sperimentatore di un nuovo concetto di ego-libertà a sovranità limitata, l’individuo sposta ogni volta i propri limiti, autorizzato dal silenzio-assenso che lo circonda, e consuma la sua autonomia non come emancipazione, ma come licenza.

    Non è una questione di galateo, ma di cifra materiale della democrazia, di suo valore d’uso, nel consumo quotidiano. La cultura civile di un Paese è il risultato dei suoi comportamenti privati –il suo “costume” – e dei suoi atti pubblici. Il problema è che spesso non avvertiamo gli scostamenti di civiltà perché avvengono in parallelo ai mutamenti del sentimento collettivo dominante. Lo stesso vento influenza gli uni e l’altro, soggetti al medesimo cambio di clima sociale. Così noi – potremmo dire in pessima buona fede – pensiamo di essere addirittura rimasti uguali a noi stessi, mentre in realtà siamo divenuti soggetti individuali di un cambiamento collettivo, che trasforma alla fine lo spazio storico in cui viviamo.

    Vediamo le nostre paure, ingigantite e dilatate, e non vediamo come agiscono su di noi, cambiandoci, inducendo comportamenti inattesi, suggerendoci grandi silenzi, piccole vità, nuove complicità, inedite insensibilità. E’ tutta una scala privata, invisibile – dunque senza alcun prezzo da pagare- che si scende passo dopo passo e giorno dopo giorno, verso la condivisione implicita di un’atmosfera sociale, di un nuovo decalogo italiano, di un vocabolario collettivo trasformato: che ci trasforma.

    Sono le regole del discorso pubblico quotidiano che vengono riscritte senza parere. A ben vedere, è il contratto sociale della postmodernità, e nessuno ha discusso pubblicamente come riformularlo, su che carta, con quale penna, con la firma di quali parti in gioco. Bisognerebbe aggiungere: con quanto silenzio intorno, quanta connivenza, quanta banalizzazione, quanta assuefazione.

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2 risposte a EZIO MAURO CI INVITA RIFLETTERE SUI CAMBIAMENTI CHE CONSUMIAMO INAVVERTITAMENTE IN NOI STESSI, DA UN BRANO DEL SUO LIBRO ” L’UOMO BIANCO “, BOMPIANI 2018, CAPITOLO II, pagine 21-23– è breve, ma va meditato…

  1. Domenico Mattia Testa scrive:

    Anche se fatichiamo a riconoscerlo,ci rendiamo complici con il nostro silenzio,quotidianamente,di comportamenti disumani .Molti assistono ai ripetuti episodi di razzismo con distacco ed indifferenza.Questa cultura dell’assuefazione alla pratica dell’intolleranza,dell’aggressione fisica verso gli stranieri ed in particolare i neri si va diffondendo sempre più e deve preoccuparci. .Giustamente si parla di inquinamento ambientale poco si insiste sul pervasivo inquinamento delle sensibilità e delle coscienze.Non è degno di un Paese civile il razzismo di questi ultimi tempi.Sarebbe ora che la sinistra cominciasse a dare risposte concrete e credibili alla questione degli immigrati senza cavalcare politiche populiste per sottrarre consenso a Salvini.Si tratta di ricominciare a fare politica partendo dagli immigrati,dai bisognosi,dai precari e mettendo al centro i valori di solidarietà e di uguaglianza dimenticati da decenni.Solo rimettendo in campo questi valori di autentica civiltà si possono ridurre gli spazi alla diffusa cultura che tutto è normale anche aggredire i migranti,colpevoli non si sa di che cosa.

  2. Donatella scrive:

    E’ la peste che sta diffondendo i suoi mortiferi veleni preliminari. Mi viene in mente la famosa aria del “Barbiere di Siviglia”:”La calunnia è un venticello…”, che poi scoppia ” come un colpo di cannone”. Dovremmo saperlo dalla storia recente dell’Europa, eppure tutte le volte è sempre un’altra storia

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