MARIA NOVELLA DE LUCA RECENSISCE ” DIARIO DI CLASSE ” DI SANDRO ONOFRI, OGGI RISTAMPATO DA MINIMUN FAX — prima edizione Einaudi, 2000— + qualcosina su Sandro Onofri–REPUBBLICA ROBINSON, pag.56

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Sandro Onofri (Roma,  1955 – Roma,  1999) è stato uno scrittorepoetainsegnante e giornalista italiano.

 

«Uno scrittore anomalo, Sandro Onofri. Cammina da solo, da solo si sceglie le sfide, le perde e le vince, mai truccando le carte.[…] Nuota in mezzo agli squali, Sandro Onofri. Un occhio alla vicenda «gialla», uno sguardo, mai estetizzante, talvolta rapito, alle violenze che vi esplodono intorno. C’è la scuola devastata dai genitori che non vogliono in classe i figli degli immigrati africani. C’è il pittore albanese aggredito, linciato, cosparso di benzina e incendiato. C’è l’ammainabandiera: «È diventato brutto, il popolo». Le braccia oneste, i fazzoletti e i grembiuli odoranti di bucato, i cappelli fieri di Pelizza da Volpedo sono carte d’identità remote, stracciate. Oggi, a dominare, sono «facce, culi, pance trucide».»
(Bruno Quaranta su La Stampa/tuttolibri del 25 febbraio 1995, p.3)

 

Nel 2000, a sette mesi dalla scomparsa, esce postumo Registro di classe edito dall’Einaudi nella collana Stile Libero. È il diario in prima persona ritrovato dalla moglie Marina nel computer di Sandro. Lo ripubblica minimun fax::: 

 

Registro di classe

Sandro Onofri

 

Presentazione dell’editore:: 

 

Sandro Onofri muore nel 1999, a 44 anni. Nel suo computer la moglie ritrova un diario, incompiuto: è l’ultimo racconto della scuola pubblica del Novecento, e ha il sapore di un involontario testamento. A distanza di un secolo da Cuore di De Amicis, e alle soglie di un nuovo millennio e di una rivoluzione tecnologica, Onofri torna a chiedersi, con il suo stile asciutto e antiretorico, quale sia il modo più onesto per insegnare. È un uomo pieno di dubbi e di passione, ma ama il lavoro che ha scelto: «Esiste un mestiere più bello del mio?» Quello che gli interessa è l’autenticità, non la brillantezza. Non rimpiange niente, solleva domande e non si fa illusioni. Sa che «gli studi umanistici non umanizzano» e che, dove insegna, i libri non esistono: su settanta alunni, soltanto uno ha letto Pinocchio. Ma più di tutto detesta i condizionamenti delle famiglie e il vittimismo dei colleghi, l’omologazione dei loro alibi, l’incuria. La sua è la voce isolata di chi ha scelto di stare dalla parte degli studenti. Si sente affratellato ai ragazzi che lo respingono: ne riconosce il malessere, che è stato anche il suo. Vorrebbe salvaguardarne l’innocenza, proteggerne l’estro, che «non si dovrebbe mai scassinare», trovare con loro una lingua comune, tra incanto e noia. Perché per essere uguali bisogna possedere le parole, anche quelle scritte: è questo che tenta di dire ai suoi alunni, pur nel timore di trasmettergli la sua stessa «incapacità di adattamento alla realtà, una diserzione dal tempo, una sconfitta». Registro di classe è la sua ultima lezione, la più umana.

 

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10/2/2019

ROBINSON

Don Milani ora abita qui

 

di Maria Novella De Luca

 

“Registro di classe”, il diario di Sandro Onofri, il prof scrittore scomparso 20 anni fa, sembra una cronaca del presente. Perché racconta gli ultimi tra gli studenti, i Franti di oggi, con le loro vite di periferia e i loro guai. Quelli, insomma, per cui da sempre vale la pena insegnare. Come già sapeva bene il maestro di Barbiana.

Sono passati vent’anni dalla sua prima pubblicazione, eppure Registro di classe di Sandro Onofri sembra scritto ieri, anzi oggi, in questi giorni confusi in cui la scuola italiana pare aver perso ogni spinta inclusiva e ideale. Un diario-romanzo-pamphlet con il quale Onofri, scrittore, giornalista, ma soprattutto professore in un istituto tecnico di periferia, racconta il suo mestiere di insegnante tra i “ragazzi difficili”. Quelli che vivono la scuola come un domicilio coatto, quelli che parlano un italiano scassato dalle sub-culture, quelli che fanno a pugni con ogni (minima) proposta culturale, quelli che si mettono nei guai, quelli che dalle loro periferie grigie sembrano destinati a non affrancarsi mai. Eppure Sandro Onofri, scomparso troppo presto, nel 1999, a soli 44 anni, in questo “diario scolastico” che la moglie Marina ritrovò nel suo computer e pubblicato postumo da Einaudi nel 2000, dei suoi studenti afferra anche la scintilla di vita, la possibilità di un destino diverso, il frammento di un contatto durante una partita di calcetto durante la ricreazione. E allora, nel solco di don Milani, Onofri ne chiede conto alla scuola, alla società, in cronache di impegno civile che sono però, anche, di fatto, un romanzo sull’età giovanile.

Scrive Vanessa Roghi nella postfazione a Registro di classe che minimum fax ha deciso di ripubblicare: “La seconda cosa che (Onofri) ci lascia in dono è il suo stare sempre dalla parte degli studenti. Non in modo paternalistico, né remissivo. Onofri non è un insegnante che rinuncia al suo ruolo, anzi. Ma non sta tutto il tempo a guardarsi l’ombelico”. “Onofri non sfotte, non deride, né commisera: semmai si arrabbia, partecipa, spiega”.

Registro di classe è infatti la cronaca della militanza solcata di umanità di un professore-scrittore, di un intellettuale che potrebbe abbandonare il mestiere di insegnante, ma invece sceglie di restare accanto ai suoi “Franti”, figli di famiglie che vivono ai limiti della povertà, scassate, oggi si direbbe “disfunzionali”. Uno che li rappresenta tutti si chiama Marco, appartiene alla categoria che i prof bollano come “senza speranza”, bocciati, sospesi, perennemente in presidenza. Eppure Onofri convoca il padre di Marco. E poi Marco scrive un tema che è una lettera a quel padre con cui, grazie al prof, ha creato una scintilla di comunicazione.

Una luce nel buio. Del resto, quel mondo slabbrato, Sandro Onofri lo conosce bene, egli stesso è nato in una periferia romana, la Magliana. Dove, da ragazzo, incontrerà Pasolini.

Onofri vive una breve e intensissima vita, pubblica romanzi, reportage di viaggio, poesie, scrive sul l’Unità, partecipa alla fondazione di Diario, racconta il calcio, altra sua grande passione. “A guardarli oggi i primi anni Novanta sono davvero densi di fermenti culturali, a sinistra, come se la caduta del muro di Berlino avesse suscitato una rinascita delle lettere”. Sono, quelli, gli anni della riforma Berlinguer.

La speranza è che quella riforma “di sinistra” porti a una scuola più giusta, più attenta alle differenze. Onofri partecipa alla speranza collettiva. Non farà in tempo a vederne il fallimento. Muore il 20 settembre del 1999. Al funerale partecipano decine dei suoi ragazzi, venuti a dare l’ultimo saluto all’amato prof di Lettere. Alla piccola Silvia, bambina che non vedrà crescere, lascia una struggente poesia:

“E io non posso dirti certo/che la sabbia coprirà le nostre strade/posso solo risponderti che è bello guardare/ e giocare e imparare che è proprio/ da questo sgomento/ che la vita ogni giorno più insorge/ e come piace a te, sì/ rinasce il tutto”.

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