SALVATORE CANNAVO’, SCAVALCATI SUL SALARIO MINIMO:: Per Cgil, Cisl e Uil vanno invece estesi a tutti i contratti collettivi.– IL FATTO QUOTIDIANO DEL 15 MARZO 2019

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 15 MARZO 2019

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venerdì 15/03/2019

Scavalcati sul salario minimo: perché i sindacati dicono no

Le ragioni – Per Cgil, Cisl e Uil vanno invece estesi a tutti i contratti collettivi. O si rischiano  “minori tutele sul lavoro e stipendi più bassi”

Scavalcati sul salario minimo: perché i sindacati dicono no

I sindacati non hanno nascosto la propria soddisfazione nell’essere finalmente riconvocati dal governo. Lo ha fatto l’altroieri il ministro del Lavoro, nonché capo del M5S, Luigi Di Maio, e lo farà di nuovo oggi il presidente del Consiglio che ha convocato Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Usb a Palazzo Chigi per discutere di investimenti e appalti.

Un punto dirimente sarà il dibattito sul salario minimo, l’ipotesi di fissare per legge una retribuzione oraria minima sotto la quale non sia possibile scendere a prescindere dalla stipula di un contratto nazionale. Di Maio vorrebbe arrivarci entro l’estate e farne un tema di campagna elettorale per le Europee. Per Cgil, Cisl e Uil non è mai stata una priorità se non nei termini di una validità erga omnes – come dice la Costituzione – dei contratti collettivi. Cioè una loro validità automatica e generale con forza di legge.

Il salario minimo legale esiste nella maggioranza dei Paesi europei – 22 su 27 – e stabilisce una soglia minima di retribuzione. Si passa dai quasi 2.000 euro al mese, lordi, del Lussemburgo, ai 260 della Bulgaria. In testa si trovano i 6 firmatari del Trattato di Roma del 1957, tranne l’Italia. E sono proprio questi ad avere i livelli più alti. In fondo c’è l’Europa dell’Est.

Tra quelli che restano fuori – Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia – c’è anche l’Italia. Si tratta di Paesi che hanno la caratteristica di avere garanzie sul piano dei contratti e della retribuzione consolidata. Ed è da qui che muove la posizione che i tre sindacati hanno esposto in una memoria consegnata l’altro ieri in un’audizione parlamentare.

“In tutta Europa la contrattazione collettiva, per come è organizzata e a seguito anche dei cambiamenti economici, registra tassi di copertura dei lavoratori dipendenti importanti ma mai totali, e in alcuni casi decrescenti. Nella maggior parte dei casi, la legislazione sui minimi si è sviluppata in Paesi dalle relazioni deboli”. In Italia le relazioni sindacali sono storicamente forti e il Contratto svolge un ruolo chiave nel fissare i livelli salariali. “La strada maestra – dicono i tre sindacati – è il rafforzamento delle Parti Sociali nella contrattazione collettiva e del dialogo sociale”. Cgil Cisl e Uil sostengono che una norma di legge “che si proponga di fissare un salario minimo orario legale per tutti i dipendenti” debba partire da questa realtà stabilendo “il valore legale dei trattamenti economici complessivi previsti dai Ccnl”. Valore legale, quindi efficacia erga omnes.

Il punto da cui parte il M5S, cioè il disegno di legge 658 a prima firma di Nunzia Catalfo non si discosta molto da queste preoccupazioni: propone di fissare per legge una “retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e la zona dove si eseguono le prestazioni”. Il ddl va oltre e fissa un tetto minimo non inferiore a 9 euro lordi l’ora sotto cui non si dovrebbe mai scendere.

Quasi per paradosso è il ddl dei 5Stelle che si avvicina alle preoccupazioni sindacali più di quanto faccia il progetto del Pd che, invece, non fa riferimento ai contratti nazionali e fissa una retribuzione oraria minima non inferiore ai 9 euro netti. Visto che il salario medio oggi è a 9,48 euro, la misura sembra fin troppo ottimistica perché aumenterebbe i salari di colpo del 30-35%.

Per i sindacati fissare un importo anche nella forma del ddl Catalfo potrebbe avere come effetto “che un numero non marginale di aziende possano disapplicare il Ccnl per adottare il solo salario minimo”. Anche perché “un salario minimo legale orario ben difficilmente riuscirebbe a garantire le tante voci retributive (tredicesima, e in alcuni casi 14 mensilità, livelli di inquadramento, maggiorazioni, ferie, indennità)”. “In sintesi, l’effettiva retribuzione oraria di un lavoratore coperto da Ccnl è ben superiore al semplice minimo tabellare” e quindi fissare i 9 euro equivarrebbe a ridurne il potere di acquisto.

La proposta è quindi quella di fissare i trattamenti economici dei contratti “con validità erga omnes” per tutte le imprese e i lavoratori, conferendo valore legale ai livelli di retribuzione di natura contrattuale.” E per far questo, Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo di approvare la legge sulla rappresentanza sindacale per stabilire chi è davvero titolato a stipulare contratti nazionali.

Vedremo se il M5S – la Lega per ora non è in partita – vorrà stabilire un rapporto diretto con il sindacato spiazzando il Pd, o se manterrà la propria posizione nell’idea, suffragata dai dati Istat, che circa il 22% dei lavoratori italiani percepisce una retribuzione inferiore ai minimi contrattuali, percentuale che sale al 38% in agricoltura. La distanza tra le due posizioni non è incolmabile, ma la scelta è politica.

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