LUCIANO CERASA, Con Renzi l’evasione è salita e si recupera sempre meno –IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 OTTOBRE 2019

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 OTTOBRE 2019

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ECONOMIA

 

Con Renzi l’evasione è salita e si recupera sempre meno

Con Renzi l’evasione è salita e si recupera sempre meno

Le due relazioni del Def – Nonostante i proclami, dopo la riforma del fiorentino, nel 2016 il sommerso è aumentato. Un bluff come i tanti “record” nella lotta agli evasori

di Luciano Cerasa | 3 OTTOBRE 2019

Nonostante gli annunci roboanti dell’epoca, la gestione del governo Renzi ha lasciato in eredità ai successori un’evasione fiscale in crescita e un recupero di gettito dal contrasto all’evasione che in gran parte esiste solo sulla carta. La plastica rappresentazione dell’inefficienza della nostra macchina fiscale emerge incrociando i dati contenuti in due documenti allegati come previsto dalla legge alla nota di aggiornamento del Def, presentata nei giorni scorsi dal governo:

1. il “Rapporto sulle misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva” evidenzia i risultati del recupero di gettito fiscale e contributivo.

2. L’altro, la “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, predisposto da una Commissione presieduta dall’ex ministro Enrico Giovannini.

Nel tempo il “tax gap”, la perdita di gettito rispetto alle imposte che si potrebbero incassare, è passato dai 107,1 miliardi del 2013 ai 112,5 del 2014, per toccare un minimo di 107,3 miliardi nel 2015. Nel 2016 si ritorna a salire. Sono mancati all’appello 109 miliardi e 113 milioni di entrate tributarie e contributive, poco meno di due miliardi in più rispetto all’anno precedente. È l’anno della piena efficacia della riforma fiscale voluta dal fiorentino, che  ha alzato le soglie penali per l’evasione Irpef e Iva e il tetto all’uso del contante.

Non va bene neanche dal lato della lotta all’evasione. Nel 2018 – spiega il rapporto – sono stati recuperati grazie al contrasto all’evasione 19,2 miliardi, ma in flessione del 4,5% rispetto ai 20,1 miliardi di euro incassati nel 2017. Come negli anni precedenti, la fetta più consistente viene dai versamenti diretti effettuati dai contribuenti, pari a 11,3 miliardi mentre solo 5,7 miliardi derivano dalla riscossione coattiva. Una vecchia storia.

Nel 2016 il titolare del Tesoro e il direttore delle Entrate pro tempore annunciavano i 19 miliardi di euro incassati come “un nuovo record”. Anche allora per la maggior parte si trattava di soldi pagati di propria volontà da persone o società che avevano fatto errori o dimenticato qualcosa nella dichiarazione dei redditi. Nel 2015 il recupero si era fermato a quota 14,5 miliardi, di cui oltre 10 da versamenti spontanei. Nei conteggi del 2018, 400 milioni provengono dalla “coda” di incassi connessi “a misure straordinarie e una tantum” come il condono sui capitali esteri (voluntary disclosure 1 e 2) e la definizione delle controversie tributarie, altre vecchie conoscenze della lotta mediatica all’evasione.

Nel dettaglio la propensione al gap d’imposta Irpef nel lavoro dipendente è in media al 3,7% mentre nel lavoro autonomo e d’impresa si arriva al 68,3% (33,9 miliardi).

Per l’Iva gli oltre 36 miliardi che risultano non versati segnano una propensione al gap del 26,4%. La Commissione presieduta da Giovannini effettua una misurazione del divario tra le imposte e i contributi effettivamente versati e le imposte e i contributi che i contribuenti avrebbero dovuto versare in un regime di perfetto adempimento degli obblighi a legislazione vigente. La stima viene calcolata utilizzando una metodologia per la quale è necessaria una misurazione macroeconomica, rappresentata dai flussi di Contabilità nazionale, che incorpori al suo interno una stima dell’economia non osservata fatta dall’Istat. La stima del tax gap non riesce a intercettare però tutto il complesso del gettito soggetto a evasione ma solo l’87,5% di esso.

Le previsioni di incremento di recupero dell’evasione nei vari anni viene utilizzata per determinare la quota del gettito incassato destinata al Fondo chiamato pomposamente “per la riduzione della pressione fiscale” ma che anche quest’anno, visti i magri risultati, si preannuncia assai scarsa. A conti fatti nel disegno di legge di Bilancio 2020, saranno iscritti nel fondo 370 milioni. In attesa di conoscere – al di là degli annunci mediatici – le proposte concrete del governo per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di bilancio nel contrasto all’evasione, la Relazione fa il punto su uno degli strumenti da cui ci si aspetta di più: la fatturazione elettronica. Le prime stime mostrano un incremento delle entrate che oscilla tra 0,9 e gli 1,4 miliardi di euro, “non spiegato dalla congiuntura economica e da altri interventi normativi”. Sulla base dell’analisi svolta si valuta che dai soli soggetti che hanno effettuato invii telematici nel 2018 (2.235), si sia verificata un’emersione di operazioni attive per più di 100 milioni di euro. Ma gli ultimi flussi starebbero dando già segnali di rallentamento, a dimostrazione della necessità della messa a punto di una tecnologia informatica complessa.

 

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