DAL CARISSIMO NEMO, grazie ! PAOLO RODARI, Edith Bruck: “Vado allo Strega per ricordare la storia ai ragazzi”- REPUBBLICA DEL 22 FEBBRAIO 2021 — ++ ALTRE OPERE DELL’AUTRICE

 

REPUBBLICA DEL 22 FEBBRAIO 2021 —

https://rep.repubblica.it/pwa/robinson/2021/02/22/
news/edith_bruck_vado_allo_strega_per_ricordare_
la_storia_ai_ragazzi_-288743479/

 

 

 

La scrittrice Edith Bruck con papa Francesco lo scorso 20 febbraio

 

Il pane perduto

 Edith Bruck

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: La nave di Teseo
Collana: Oceani
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 21 gennaio 2021
Pagine: 128 p., Brossura
16 EURO PREZZO PIENO

Libro candidato da Furio Colombo al Premio Strega 2021

Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant’anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l’infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l’odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l’accoglienza e l’ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l’Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l’approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla “Roma bene” degli anni Cinquanta, infine l’incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni. Fino a giungere all’oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.

Proposto da Furio Colombo al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:  «L’ultimo libro di Edith Bruck (Il pane perduto, La nave di Teseo) unisce in un’unica grande opera ciò che l’autrice ha visto, vissuto, pensato e scritto: un’amorevole dolcezza prosciuga altri sentimenti (come l’odio legittimo per l’orrore e i carnefici), perché Edith è salva e tenuta in vita da un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, è stata spinta nella galleria dell’orrore. Nella visita sul fondo della memoria Edith ripercorre il miserabile inferno preparato meticolosamente dai suoi aguzzini (tornati come in un incubo), vittime di una solitudine che si nutre di morti. Ma la vita è troppo forte e l’istinto, ancora bambino, di saltare avanti è troppo grande. E quando, nella realtà come in questo nitidissimo racconto, vita e morte, distruzione e futuro si spaccano, Edith è già saltata sul lastrone della vita. E qui il libro diventa un racconto che devi leggere fino all’ultima pagina, di storia, di vita, di amore.»

Edith Bruck, La rondine sul termosifone, La nave di Teseo - RSI Radiotelevisione svizzera

EDITH BRUCK CON IL MARITO NELO RISI

 

 

Robinson

Letteratura

Edith Bruck: “Vado allo Strega per ricordare la storia ai ragazzi”

22 FEBBRAIO 2021

La scrittrice ungherese, che ha appena ricevuto la visita del Papa, sarà in gara con “Il pane perduto”. Era già in cinquina nel 1974. “Mi auguro che grazie al premio tanti più giovani possano conoscere meglio il passato”

DI PAOLO RODARI

«La carta era l’unica che poteva sopportare le mie parole. Per questo ho iniziato a scrivere».

Nel salone della casa di Edith Bruck in centro a Roma ci sono in bella vista i doni portati da papa Francesco due giorni fa, un Talmud e una Menorah. Poi due peluche, un orso e una scimmia, adagiati su una poltrona. «Era la poltrona di mio marito, Nelo Risi», dice. «Nessuno si è più seduto lì da quando è morto dopo dieci anni di Alzheimer. Ho sofferto quando ha iniziato a non riconoscermi. Non voleva mai lasciare la mia mano. Gli comprai quei peluche, sperando che ogni tanto desse la mano anche a loro, ma non ne voleva sapere. Non mi riconosceva, ma se suonavano il campanello mi guardava e mi diceva: “È Edith”.

I medici dicevano che doveva morire presto, ha invece convissuto dieci anni con la malattia. Credo che l’abbia tenuto in vita l’amore»

.Edith Bruck, senza la Shoah sarebbe stata una scrittrice?

«Penso proprio di sì. Da piccola al posto delle preghiere della sera recitavo poesie. “Farò la scrittrice”, dicevo a mia madre. La maestra delle elementari premiò i miei temi con una cartolina con dipinta sopra una rondine»

.Ora è una scrittrice candidata allo Strega con “Il pane perduto” per La nave di Teseo.

«Sono molto contenta e mi auguro che grazie al premio tanti più giovani possano conoscere meglio la nostra Storia. Nel ’74 con Due stanze vuote entrai nella cinquina. Gli editori tedeschi lo pubblicarono togliendo il racconto di una bambina salvata da una famiglia tedesca. I genitori morirono per i bombardamenti. Rimase la bimba e l’unico figlio dei tedeschi. Gli americani le chiesero come si chiamasse: “Silvia Levi”, rispose. “E lui?”, chiesero indicando il bambino. “È mio fratello – disse –. Si chiama Roberto Levi”. Evidentemente per i tedeschi un bambino diventato ebreo era troppo».

Le persone che aveva intorno non sopportavano le sue parole?

«Sopravvissuta ai campi di sterminio, tornai in Ungheria con mia sorella Judit da una sorella più grande. Non voleva ascoltarci. Aveva sofferto per i bombardamenti e la perdita del marito, ma nulla rispetto a quanto avevamo vissuto noi. Così decisi di scrivere, lì potevo dire tutto».

Non venne accolta bene?

«La prima cosa che ci disse nostra sorella fu: “Lavatevi”. Eravamo uscite dai campi da cinque mesi. Ci eravamo già lavate. Capii subito che eravamo un peso. L’altra sorella ci accolse senza un abbraccio».

In Ungheria come accolsero le sue parole?

«Male. Ungheria e Polonia ancora oggi faticano a fare i conti con la Shoah, ad ammettere le loro colpe. La Germania al contrario ha fatto un percorso diverso».

In “Chi ti ama così”, il primo libro del ’59, c’è tutta la furia del male subito ma anche tanta luce.

«La luce mi ha sempre accompagnata. Nel campo di sterminio di Auschwitz – perché era di sterminio, non di concentramento – mi sentivo come in un altrove, oltre il mondo civile. Per i nazisti bastava un brufolo in faccia per decidere che una di noi doveva morire».

Quando uscì cercò vendetta?

«Incontrai cinque soldati ungheresi, probabilmente fascisti, che mi chiesero aiuto. Insieme a mia sorella, decidemmo di aiutarli e li portammo a casa. Dissi a Judit: “Dobbiamo salvarli, saranno cinque fascisti in meno”. Dopo la deportazione ho lasciato spazio alla luce. Anche se il dovere della testimonianza mi ha spinto a scrivere del male»

.Scrivere fu necessario?

«Per me come per molti. Primo Levi mi disse che se non gli avessero pubblicato Se questo è un uomo non avrebbe più scritto nulla. “Non è vero”, gli dissi. “Avresti continuato a scrivere per tutta la vita”».

Anche a lei dopo “Chi ti ama così” dissero che non avrebbe più scritto?

«Me lo disse Mario Luzi. Romano Bilenchi, invece, sosteneva che ero nata scrittrice. Ci prese lui».

Chi è oggi Edith Bruck?

«Non sopporto quando dicono “la sopravvissuta”, “l’ex deportata”, addirittura “uno degli ultimi sopravvissuti”. È come se mi facessero morire prima. Sono una scrittrice e basta»

.C’è qualcosa che ancora non ha detto della Shoah?

«Per esempio, il tema della vergogna. Mi trovai nuda davanti agli americani quando ci liberarono e provai vergogna. Non così davanti ai tedeschi. I ragazzini tedeschi ci sputavano sulle parti intime. Per me erano solo dei poveri di mente di fronte ai quali non mi potevo vergognare. Provai pena per loro. E poi c’è il tema delle luci che ho incontrato. Ma ne ho già parlato».

Può raccontare ancora?

«Cinque luci. La prima quando alla selezione ad Auschwitz un SS mi ha strappata da mia madre spingendomi a destra, verso i lavori forzati e non al forno crematorio. Poi il miracolo di un cuoco che mi chiese come mi chiamavo, facendomi sentire un essere umano e non un numero. Un’altra volta quando un soldato mi ha regalato un guanto bucato. E uno che mi ha scagliato contro la sua gavetta da lavare e ci ho trovato della marmellata: nella marmellata c’era la vita, la luce, la voglia di sopravvivere e la bontà del mondo. E un altro ancora che doveva spararmi, ma non lo fece»

.Come accadde?

«A Bergen-Belsen chiesero a me e ad altre di portare alla stazione dei giubbotti per dei miliari. Dopo pochi passi non ce la facevo più a trasportarli. Judit mi disse di darne quattro a lei, quattro di buttarli nella neve e gli altri mi rimasero in mano. Le altre fecero lo stesso. I guardiani se ne accorsero, uno di loro si avvicinò e ci disse di fermarci. Urlò: “Chi ha cominciato?”. Tirò fuori la pistola e aggiunse che avrebbe ammazzato una sì e una no, lungo la fila. Feci un timido passo in avanti. Si avventò su di me e mi spaccò l’orecchio. Judit gli si buttò addosso. Cadde. Quando si rialzò, mise via la pistola, mi aiutò a rialzarmi e disse: “Una lurida schifosa ebrea che ha osato mettere le mani su un tedesco merita di sopravvivere per il suo coraggio, se ce la fa”. Mi salvai per il coraggio, una logica tipicamente nazista».

Cosa pensa della Shoah romana?

«C’è ancora molto da dire. Pio XII scelse il silenzio per paura delle ripercussioni dei nazisti contro i preti. Secondo me non lo fanno santo per questo motivo. Giovanni Paolo II fece molto per noi. Francesco è un Papa irripetibile. Ha accennato alle radici cristiane dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo moderno. Mi ha chiesto perdono proprio per questo. Non è poco».

Le ha chiesto perdono in quanto cristiano?

«Immagino di sì».

 

 

 

 

L'amore tra noi non finisce con la morte» Edith Bruck : io e Nelo Risi, uniti per sempre - PressReader

EDITH BRUCK CON IL MARITO NELO RISI

 

 

 

 

Profili: NELO RISI (1920-2015) – alleo.it

EDITH BRUCK CON IL  MARITO NELO RISI

 

 

 

 

 

 

 

Troppo in una vita sola. Il cuore tatuato di Edith Bruck - La Bottega di Hamlin

 

 

 

 

 

 

Edith Bruck: "Convivo con la poesia e con essa mi trasformo" - Periodico Italiano Magazine

 

 

 

 

 

 

 

Chi ti ama così

 Edith Bruck

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: Marsilio
Collana: I tascabili Marsilio
Edizione: 2
Anno edizione: 1994
Formato: Tascabile
In commercio dal: 9 giugno 1994
4.13 EURO

“Quando ero nei campi di concentramento e nessuno veniva a liberarmi mi chiedevo: come può il mondo essersi dimenticato di noi?”. “Chi ti ama così” è un romanzo autobiografico in cui il debito nei confronti del passato e del dolore non può dirsi mai saldato completamente.

 

 

Amazon.it: Due stanze vuote - Edith Bruck - Libri

EDITORE, MARSILIO- TASCABILI

 

Due stanze vuote: “I tre racconti che compongono questa raccolta sono palesemente autobiografici e questa è una necessità, perché il tema della strage si presta alla rielaborazione e alla finzione; i pochi romanzi usciti su questo argomento sono detestabili, si leggono con ribrezzo” (P. Levi) Le tre figure femminili, pur così diverse, sono creature ferite, accumunate dalla stessa testimonianza di identità perduta, di sradicamento irreparabile.

 

 

 

 

Ti lascio dormire libro di Bruck Edith

  • Titolo del Libro: Ti lascio dormire
  • Autore :  Edith Bruck
  • Editore: La nave di Teseo
  • Collana: Oceani , Nr. 72
  • Data di Pubblicazione: 2019

Ti lascio dormire: “Ti lascio dormire” è una lunghissima, commovente lettera d’amore: dal giorno della perdita del marito Nelo Risi, Edith Bruck gli scrive, per raccontare di nuovo a sé e a lui la storia della loro vita e lo smarrimento che la sua scomparsa le ha provocato, per continuare a sentirlo vicino nello scorrere dei giorni. In queste pagine, dense e struggenti, l’autrice ripercorre i piccoli e grandi aneddoti, i litigi, le poesie, riscoprendo – nelle pieghe del suo passato doloroso segnato da Auschwitz e dalla povertà – le ragioni che hanno fatto nascere un sentimento tanto grande, durato oltre sessant’anni. Nelle parole di Edith rivivono i gesti che lei e Nelo hanno compiuto assieme, le loro scelte e la loro identità: il rapporto con la fama e il denaro, la politica e l’impegno sociale di entrambi, i viaggi, la casa, il cinema, i libri, le relazioni con la famiglia e gli amici – Carlo Levi, Carlo Bo, Elio Vittorini tra gli altri. Attraverso il ritratto limpido di un marito e di una moglie che, benché radicalmente diversi, si sono scoperti indispensabili, prende forma un energico slancio verso la letteratura, uno slancio salvifico: Edith Bruck, scrittrice raffinata e acuta, si affida alla scrittura come resistenza alla perdita, cura e tensione al futuro, consegnando la storia di un amore alla sua eternità.

 

 

La rondine sul termosifone libro di Bruck Edith

  • Titolo del Libro: La rondine sul termosifone
  • Autore :  Edith Bruck
  • Editore: La nave di Teseo
  • Collana: Oceani , Nr. 9
  • Data di Pubblicazione: 2017

La rondine sul termosifone: Testimone dell’orrore della Shoah, cui ha dato voce nelle sue opere tradotte e premiate in tutto il mondo, Edith Bruck torna con un memoir tenero e struggente, in cui la grande storia e le sue tragedie si affacciano come sfondo al racconto intimo dell’amore e della dedizione per suo marito, il poeta Nelo Risi, scomparso nel 2015. Edith Bruck ha scelto di stargli accanto sino alla fine, trascorrendo con lui, accanto a lui, gli anni della progressiva malattia che lo ha allontanato dal mondo, dai suoi ricordi, dagli affetti, dal lavoro. Non è, questa, una storia d’amore immune da ferite o difficoltà, né la celebrazione di una vita assieme priva di contrasti, contraddizioni, lontananze. Ma è una storia in cui il senso di una condivisione profonda – senza dubbi o alibi – è la forza di una mano che stringe e sostiene l’altra – nell’assenza, nel riposo, nella paura, nella tenerezza – e viene restituito nella sua verità più umana, divenendo luce e ispirazione, unico filtro attraverso cui si può ancora parlare della bellezza dell’amore.

 

 

 

 

Signora Auschwitz. Il dono della parola libro di Bruck Edith

 

  • itolo del Libro: Signora Auschwitz. Il dono della parola
  • Autore :  Edith Bruck
  • Editore: Marsilio
  • Collana: Tascabili Maxi
  • Data di Pubblicazione: 2014

 

Signora Auschwitz. Il dono della parola: “Un’impacciata studentessa rivolgendomi una domanda mi chiamò “Signora Auschwitz”. Luogo che abitava il mio corpo e che mi sentivo anche addosso, come una camicia di forza sempre più stretta, che negli ultimi due anni mi stava letteralmente soffocando, senza che fossi capace di liberarmene.” Ha inizio così il viaggio negli oscuri tormenti dell’anima di una “sopravvissuta”, destinata a dibattersi tra i lacci di una memoria cui non si scappa e il desiderio di liberarsi del peso insopportabile di un passato che la inchioda nel ruolo di “testimone”. Obbligata a rendere conto di un orrore che non si lascia raccontare e rinnova il sentimento di una perdita irreparabile, la “sopravvissuta” non può andare “oltre” e ritrovare una serena normalità, è costretta ogni volta a ricominciare da capo. Eppure al destino non si sfugge e “il dono della parola” è anche il suo eterno tormento; il dovere di non dimenticare si capovolge nella condanna a ricordare e soffrire e il desiderio di fuga riaccende un insopprimibile senso di colpa, come se il silenzio sottintendesse un vergognoso tradimento. Un racconto sul dolore della memoria, la distanza che allontana dall’indifferenza degli altri, la disperazione di fronte all’incredulità, l’eroismo necessario per raccontare l’orrore che si è vissuto. “Chi ha Auschwitz come coinquilino devastatore dentro di sé, scrivendone e parlandone non lo partorirà mai.”

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