GUIDO FESTINESE, IL MANIFESTO 2017 / 2015 –DUE ARTICOLI SU LUIGI TENCO

 

 

IL MANIFESTO  7 GENNAIO 2017

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Tenco che andava sempre lontano lontano

 

Musica. A cinquant’anni dalla morte, la città della lanterna celebra il cantautore con una serie di omaggi. Stasera presentazione al teatro della tosse del disco di Roberta Alloisio e Armando Corso

Luigi Tenco

Luigi Tenco

Guido Festinese   GENOVA

EDIZIONE DEL  07.01.2017

PUBBLICATO7.1.2017, 0:10

AGGIORNATO6.1.2017, 18:39

 

Luigi Tenco, che una vulgata molto attenta a scandali e luoghi comuni continua a considerare un musone intristito, quando era invece persona scherzosa e piena di idee e di battute pronte. Luigi Tenco il jazzista mancato, di cui sono emerse di recente le registrazioni avventurose con un sassofono che inseguiva il fantasma elegante di Paul Desmond, dopo aver provato con un clarinetto tenuto insieme dagli elastici (c’era accanto anche un giovanissimo Bruno Lauzi!) e i ricordi di chi era accanto a lui, in quei giorni, e lo rammenta come un ragazzo dal talento smisurato, ma dalla poca attenzione per rispettare orari di prove e routine.

Luigi era sempre avanti, lontano lontano, ma più la cronologia spietata ci allontana dalla sua scomparsa fisica, in un brutto giorno della Riviera dei Fiori ben ricostruito in canzone da Francesco De Gregori, più ci sembra vicino, sempre più vicino. L’anno che è appena iniziato ci consegnerà in dote il mezzo secolo secco che ci separa dalla presenza fisica di Luigi Tenco, ma lui trova sempre modo di tornare, anche se il 27 gennaio del ’67 una pallottola ha interrotto il suo passaggio per il mondo. Ad esempio oggi, in un quartiere che lui sicuramente ha misurato infinite volte passo dopo passo, quello del centro storico dove ha sede il Teatro della Tosse.

 

 

Teatro della Tosse - Wikipedia

Teatro della Tosse, tutti i titoli dell'ultimo trimestre della stagione - GenovaQuotidiana

TEATRO E CHIESA DI SANT’AGOSTINO

 

Quando c’era Tenco, c’erano ancora, lì, le macerie scure dei bombardamenti e i gatti randagi, oggi è tutto ripulito e i ragazzi della movida ci passano le sere, ma Luigi aleggia ancora.

E sabato torna. Con tante belle iniziative. La prima delle quali da citare è il nuovo disco, Luigi che la cantante, ricercatrice ed attrice Roberta Alloisio e il chitarrista e compositore Armando Corso (Ivano Fossati, Ornella Vanoni, Paco De Lucia alcune delle sue collaborazioni) presenteranno in anteprima. Solo chitarra e voce, musica nuda nel disco, quattordici canzoni: esattamente come componeva Luigi Tenco, cercando gli accordi giusti per far erompere un intero mondo poetico che gli pulsava dentro. Con una canzone che, se non è inedita per presentazione ufficiale, lo è per rivalutazione necessaria: Luigi, scritta da Giorgio Gaber per Tenco a metà degli anni Ottanta, cantata da Ombretta Colli nello spettacolo Una donna tutta sbagliata, arrangiata da Franco Battiato. Una canzone importante, dove si rivela, ad esempio, l’amicizia profonda che legava Luigi Tenco a Ricky Gianco.

E poi tutti i classici di Tenco: da Vedrai Vedrai a Mi sono innamorato di te. Ecco intanto lo schema della serata. Chi arriverà in Sant’Agostino, Teatro della Tosse, troverà nel foyer del teatro a partire dalle 18.30 una mostra con gli oggetti che maneggiava Luigi Tenco: il suo sassofono, la macchina per scrivere dove Luigi pestellava le frasi brucianti che avrebbero torto il collo alle smielate consuetudini della «canzone italiana» degli anni Sessanta, la chitarra prediletta, che sarà poi spostata sul palco del concerto, gli spartiti , le locandine, le edizioni rare dei suoi dischi, e tante altre cose, per gentile concessione della famiglia Tenco e di Sandro Amicone, collezionista. Alle 20.30 il concerto alla Sala Trionfo, con molti ospiti: a partire da Fausto Mesolella, per proseguire con Enrico Campanati, Carla Peirolero, Max Fontanini e Alessandra Costa di Genova Tango, il gruppo corale Menestrellli. Racconta Robeta Alloisio, premiata proprio con la Targa Tenco nel 2011 per il suo disco Xena Tango: «Affrontare il repertorio di Luigi Tenco è la sola cosa che potessi fare dopo aver ricevuto un premio a lui dedicato.

Da quel momento non è passato giorno in cui non mi sia domandata se quel premio fosse meritato e perché. Non c’era forse altro modo per sciogliere il mistero se non affrontarne l’opera con un grande musicista come Armando Corsi». Nasce così Luigi registrato in un tour de force di cinque giorni, praticamente senza prove e con grande passione, con il sostegno affettuoso e la collaborazione della famiglia Tenco.

 

 

IL MANIFESTO DEL 24 LUGLIO 2015

https://ilmanifesto.it/luigi-tenco-storie-che-soffiano-nel-vento/

 

Luigi Tenco, storie che soffiano nel vento

 

Libri. I misteri intorno alla vita e alla morte del cantautore raccontati da Federico Molteni

 

Guido Festinese

EDIZIONE DEL24.07.2015

PUBBLICATO24.7.2015, 0:04

AGGIORNATO23.7.2015, 19:39

La storia non si fa con i «se», notoriamente. A meno che non siate cultori di quel ramo della fantascienza che parte proprio dal presupposto «what if», «cosa sarebbe successo se». Dunque neppure la storia musicale si fa con i se. Eppure è capitato che uno spiraglio su un futuro a venire destinato a non esistere mai, nella realtà, qualche grande ce l’abbia lasciato. Sappiamo che Jimi Hendrix sarebbe approdato a una forma di jazz rock senza più confini. Sappiamo che Fabrizio De André avrebbe lavorato a un «requiem», dopo Anime Salve. E sappiamo anche che strada avrebbe preso un altro grande, al cui funerale Faber fu uno dei pochi colleghi presenti: Luigi Tenco. Sappiamo, ad esempio, che quelle maledette, tese giornate che precedettero l’arrivo e la morte nella Città dei fiori per cantare nella più grande vetrina «leggera» d’Italia, quando apparire in televisione faceva vendere milioni di dischi furono una scelta obbligata, necessitata.

In un’intervista del 25 gennaio di quel tragico ’67 al quotidiano ligure Il Secolo XIX Tenco dichiarava: «Non mi sono mosso, è il Festival che mi ha voluto». E, poco più avanti, quasi un presagio agghiacciante: «magari non ci fossi mai venuto». Invece ci andò, ma in testa, e qui torniamo al «se», aveva ben chiaro che direzione avrebbe preso la sua musica e i suoi dischi. Tenco aveva già pronta la scaletta del suo nuovo disco, meditata e rimeditata: ci sarebbero state le sue canzoni, compresa Ciao Amore, ciao portata a Sanremo, ma con un testo assai più «vero». Ma anche Monte Canino, struggente ballata sulla prima guerra mondiale, La pastora, Ta Pum, di nuovo in tema di Grande guerra vista dal basso, Bella Ciao, e Merica Merica, una delle più potenti canzoni mai scritte sulle migrazione italiana oltreoceano. Mettete assieme i due aspetti, canzoni proprie, «d’autore», e canzoni scelte una ad una dal grande serbatoio delle note popolari, e avrete qualcosa di modernissimo: quell’essere in bilico tra musica «popular» e folk vero e proprio che ha fatto grande, ad esempio, gente come Bob Dylan o Tom Waits o Pete Seeger. Luigi Tenco c’era arrivato da solo, forte di letture voraci e sterminate, e di ascolti fatti con curiosità e l’umiltà di chi sente di dover ancora assorbire molto mondo, prima di restituirlo in arte propria.

 

 

 

L'ultimo giorno di Luigi Tenco

 

Il viaggio verso Sanremo, le prove, l’attesa, l’esibizione al Festival, la delusione. E poi quella mezz’ora fatale, quando Tenco morì. Cosa accadde veramente? Chi era con lui? In questo libro, per la prima volta, si fa luce sulle contraddizioni e i drammi dei protagonisti di quelle ore: Dalida, Lucien Morisse, il commissario Molinari. Tutti legati a Tenco da un paradossale e tragico destino.

 

 

 

Questa storia la racconta, con prosa limpida ed appassionante, il giornalista e critico musicale Federico Molteni in L’ultimo giorno di Luigi Tenco (Giunti). Certo, la pruderie infinita della storia di quella morte continua a figliare legioni di cronisti del complotto, quando invece fu, probabilmente, un gioco amaro e sconsiderato finito male, e conclusosi anche peggio, tragicamente, con la sceneggiata del corpo di quel bellissimo ragazzo riportato in fretta e furia nella stanza 219 dell’Hotel Savoy, con una pistola tra le gambe , e priva di caricatore. Nessuno sentì quel colpo nell’hotel, notoriamente, anche se qualcuno ci provò a dire di averlo sentito. E tanti altri, racconta Molteni, sostengono tutt’ora di aver visto e rivisto il filmato dell’esibizione tesa e sfocata di Ciao amore, ciao al Festival, quando, notoriamente, non esiste la registrazione di quell’esibizione televisiva, restano solo delle fotografie. Fa tutto parte del gioco. Ma allora, perché tornare, ancora una volta, sul mistero dell’ultimo giorno di Luigi Tenco? Perché, sostiene Molteni, rimettere al posto giusto tutti i pezzi del puzzle, significa evitare il complottismo, e mettere in luce le vere, pesanti ambiguità che circondano come una ragnatela quel «non suicidio».

Che furono molte, moltissime, e per ognuna c’è una disamina asciutta finale di Molteni. Ad esempio che Tenco possedeva due pistole, non una. Nessuna delle due fu quella che fece partire il colpo. E una di queste era nel cruscotto della sua auto. Che non guidò lui a Sanremo, ma nella quale probabilmente morì, su una strada sterrata, in quella mezzora di «buio» di notizie sulla quale è rimasto un alone di non detto, e che si può ricostruire solo congetturalmente. Ed ancora: chi era veramente l’ambiguo commissario di polizia Arrigo Molinari di Sanremo che ebbe a che fare a caldo con il caso Tenco, amico dei terroristi antigollisti dell’Oas, morto ammazzato nel 2005?

Probabilmente, suggerisce Molteni, una persona facilmente ricattabile dai potenti clan marsigliesi con i quali intratteneva stretti rapporti Luciem Morisse, ex marito e accompagnatore di Dalida a Sanremo, benché, notoriamente, in quel momento la bella francese avesse una relazione proprio con Luigi Tenco. Relazione di interesse? Forse, o forse no. Ma allora, la misteriosa Valeria, la donna-ombra di Tenco apparsa a sorpresa vent’anni dopo la morte di Tenco, cui il bel Luigi affidò, per lettera, ansie e delusioni di quel mondo in cui era costretto a comparire, e per di più a fianco di una donna bella ma definita gretta, superficiale, gelida? Davvero, dopo questo libro, le risposte finali, per dirla con il Dylan amato da Tenco, soffiano nel vento.

 

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