MICHELE GIORGIO/ GERUSALEMME – BEITA ( NABLUS ) : 1. Soldati israeliani uccidono un ragazzo palestinese a Beita, il secondo in una settimana. 2. Beita non vuole scomparire — IL MANIFESTO DEL 18/ 19 GIUGNO 2021

 

 

 

IL MANIFESTO DEL 18 GIUGNO 2021 

https://ilmanifesto.it/soldati-israeliani-uccidono-un-ragazzo-palestinese-a-beita-il-secondo-in-una-settimana/

 

Soldati israeliani uccidono un ragazzo palestinese a Beita, il secondo in una settimana.

 

Cisgiordania occupata. Il ragazzo è stato colpito alla testa da un proiettile durante le proteste contro l’avamposto coloniale israeliano di Eviatar

 

Ahmed Shamsa

Ahmed Shamsa

Michele Giorgio — GERUSALEMME

EDIZIONE DEL  18.06.2021

PUBBLICATO 17.6.2021, 23:59

 

È spirato ieri mattina Ahmed Shamsa, il 15enne palestinese colpito alla testa da un proiettile sparato due giorni fa da soldati israeliani durante una protesta organizzata dagli abitanti di Beita contro l’avamposto coloniale Eviatar.

I medici dell’ospedale Rafidia di Nablus non hanno potuto far nulla per salvarlo. Si tratta del quarto palestinese ucciso dall’inizio delle proteste a Beita.

Appena una settimana fa un altro adolescente, Mohammed Hamayel, era caduto sotto il fuoco dei militari schierati a presidio di Eviatar.

 

 

Cisgiordania - Localizzazione

 

Beita è una città palestinese nel Governatorato di Nablus, nella Cisgiordania settentrionale, situata 13 chilometri a sud-est di Nablus. Secondo l’ufficio centrale palestinese di statistica, la città aveva una popolazione di 9.709 nel 2007

https://en.wikipedia.org/wiki/Beita,_Nablus

 

 

Da cinque settimane l’intera Beita prosegue la protesta contro il nuovo avamposto sul Monte Sabih, dove 17 famiglie palestinesi possiedono terreni e dipendono dalla raccolta delle olive e dalla produzione di olio. Oltre che per le leggi internazionali, Eviatar è illegale anche per quella israeliana, non avendo ricevuto alcuna autorizzazione ufficiale. Tuttavia, i coloni, con l’aiuto anche di militari, all’inizio di maggio hanno portato roulotte e caravan sul Monte Sabih occupando circa il 30% delle terre di Beita. Il nuovo governo israeliano è chiamato a decidere sulla sorte dell’avamposto ma si dubita che il premier Naftali Bennett, nazionalista religioso e uno dei principali rappresentanti politici del movimento dei coloni, possa ordinare uno sgombero con la forza di Eviatar.

 

 

IL MANIFESTO DEL 19 GIUGNO 2021

https://ilmanifesto.it/beita-non-vuole-scomparire/

 

Beita non vuole scomparire

 

Cisgiordania. Da settimane il villaggio palestinese resiste all’espansione dell’avamposto coloniale israeliano di Eviatar. Sono già quattro gli abitanti uccisi dal fuoco dei soldati israeliani

 

Michele Giorgio   — BEITA (NABLUS)

 

EDIZIONE DEL  19.06.2021

PUBBLICATO18.6.2021, 23:59

 

La protesta scatta al termine delle preghiere di mezzogiorno, sulla strada principale che attraversa Beita. I giovani scattano come molle, issando le bandiere palestinesi, e corrono verso l’uscita est dal villaggio, diretti all’avamposto coloniale israeliano di Eviatar, sul Monte Sabih. Da giorni quell’uscita è sbarrata. Per raggiungere Beita si deve percorre una strada dissestata che passa per il vicino Odala. La risposta dei militari è immediata. Sparano una ventina di candelotti lacrimogeni, davanti e dietro al corteo che in pochi attimi resta imprigionato in una nuvola di fumo denso che toglie il respiro a tutti: dimostranti, passanti, giornalisti. Si salvano solo quei quattro o cinque che indossano le maschere antigas. «Prendi questo, passalo sul viso e copriti il naso», ci dice un uomo sulla cinquantina porgendoci un fazzoletto bagnato con del profumo. Fa altrettanto con gli altri intorno a lui. Un metodo popolare che aiuta a calmare l’oppressione al naso, la gola e il petto causata dal gas.

 

foto di Michele Giorgio

 

 

Più avanti i giovani sono pronti a un nuovo scatto. «Takbir» urla uno di loro. «Dio è il più grande», rispondono gli altri. E avanzano correndo verso i soldati. Oltre a lacrimogeni, i soldati sparano proiettili rivestiti di gomma. L’urlo delle sirene delle ambulanze della Mezzaluna rossa si avvicina poco dopo. Gli automezzi a tutta velocità raggiungono i feriti. Cinque, si saprà poco dopo, non gravi. Intossicati dai gas un’altra ventina di palestinesi. La protesta si riaccende dopo una decina di minuti. I ragazzi, stavolta a passo lento, si avviano nuovamente ai militari israeliani. «Guardate, lì in alto» urla qualcuno. Il naso di tutti è puntato verso il cielo. Dall’alto un drone sgancia lacrimogeni sui manifestanti, è troppo tardi per cercare scampo ai gas, tutta la zona è di nuovo chiusa in una nuvola di fumo. I fazzoletti bagnati e profumati anche stavolta aiutano chi ha inalato il gas. Colonne di fumo si alzano nelle campagne, negli uliveti e frutteti. Da lontano giunge il crepitio della sterpaglia incendiata dai lacrimogeni. Scende la calma, rotta a tratti dall’arrivo delle ambulanze e di un automezzo dei vigili del fuoco. Le proteste riprenderanno al tramonto, forse durante la notte.

 

«È così da maggio, non ci arrendiamo, andiamo avanti», ci dice Farid Hamayel

«oggi (ieri) non ci sono stati feriti gravi ma i soldati (israeliani) sparano anche proiettili veri. Mohammed, il figlio di un mio cugino è stato ucciso una settimana fa, era un ragazzino, aveva solo 15 anni». Beita piange già quattro morti, l’ultimo a inizio settimana, Ahmed Shamsa, anche lui quindicenne.

«Vogliono toglierci tutto» prosegue Hamayel, «i coloni hanno occupato le terre del nostro villaggio, come faremo a vivere senza i frutteti e le olive? Non abbiamo scelta, andremo avanti». Dopo gli accordi di Oslo II, nel 1995, l’11% delle terre di Beita fu classificato come parte dell’Area C, corrispondente al 60% della Cisgiordania controllato totalmente dall’esercito israeliano. Uno status provvisorio destinato a durare fino al 1999, quando negoziati finali avrebbero dovuto sancire, nelle speranze palestinesi, la nascita dello Stato di Palestina in Cisgiordania, Gaza con capitale Gerusalemme Est. Non è mai accaduto e dopo 22 anni la pressione delle colonie israeliane si è fatta insostenibile sui villaggi palestinesi.

Candelotti lacrimogeni sganciati da un drone

 

Eviatar è illegale per la legge internazionale e anche per quella israeliana, non ha mai ricevuto l’autorizzazione dell’esercito. Sorto su terreni di Beita, Qabalan e Yatma, dovrebbe essere evacuato. I coloni però sanno che più svilupperanno e popoleranno l’avamposto e più facilmente il governo lo riconoscerà. E lo descrivono come la «risposta giusta» all’uccisione, all’inizio di maggio, di uno studente religioso, Yehuda Guetta.

Negli ultimi giorni hanno portato al sito roulotte e case mobili montate peraltro con l’aiuto di soldati. Ci vivono già 42 famiglie, ha un asilo e una scuola religiosa, e secondo una portavoce dei coloni, Daniella Weiss, si espanderà su 60 ettari di terra. Zvi Sukkot, attivista del partito di estrema destra Otzma Yehudit, ha raccolto per Eviatar donazioni per circa 370.000 dollari. Lunedì varie organizzazioni di destra e il movimento dei coloni pianificano blocchi stradali in vari punti della Cisgiordania per protestare contro «le costruzioni illegali dei palestinesi» che, affermano, «rubano terre a Israele».

Di ben altra opinione è Alex Fishman, giovane ebreo italiano, che con un manipolo di attivisti di Anarchici contro il muro è arrivato a Beita a sostegno delle ragioni palestinesi. «Ciò che sta avvenendo è vergognoso» afferma «queste persone (i palestinesi di Beita, ndr) chiedono solo di vivere la loro vita senza problemi e ora questo nuovo insediamento viene fondato sulle loro teste nonostante la promessa (del ministro della difesa) Benny Gantz di fermare la sua costruzione. E invece abbiamo video di soldati che aiutano i coloni. Sono stati uccisi due ragazzi palestinesi e non capisco come il mondo faccia a stare in silenzio. Siamo di fronte a qualcosa di disumano».

Quella di Beita è una storia di case demolite, punizioni, arresti, detenzioni. Ogni famiglia potrebbe raccontare la sua vicenda. Non abitano più nel villaggio Wael Jawda e suo cugino Usama Jawda. Un venerdì pomeriggio del febbraio 1988 furono filmati mentre venivano brutalmente picchiati da quattro soldati israeliani intenzionati a spezzargli le braccia, perché avevano lanciato pietre contro le jeep militari. Scene della prima Intifada palestinese contro l’occupazione militare che non si erano mai viste prima di allora e che sdegnarono il mondo. Si disse che ad ordinare quella terribile punizione fosse stato proprio il ministro della difesa Yitzhak Rabin. Ma non si seppe più nulla, finì tutto nell’oblio. «Uccidono i nostri ragazzi, ci prendono le terre e dov’è il mondo? Voi giornalisti venite qui per cosa? Nessuno sa ciò che subiamo, il mondo tace», protesta Farid Hamayel guardandomi dritto negli occhi.

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1 risposta a MICHELE GIORGIO/ GERUSALEMME – BEITA ( NABLUS ) : 1. Soldati israeliani uccidono un ragazzo palestinese a Beita, il secondo in una settimana. 2. Beita non vuole scomparire — IL MANIFESTO DEL 18/ 19 GIUGNO 2021

  1. i. scrive:

    Come fanno questi “coloni” a vivere in mezzo all’odio dei palestinesi, a cui sottraggono la possibilità di vivere sulla propria terra? Vengono in mente i nazisti.

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