MAURO DE BONIS : LUKAŠENKA BUSSA A CASA PUTIN –LIMES ONLINE– 9 LUGLIO 2021 — DALL’ULTIMO NUMERO DELLA RIVISTA : ” SE CROLLA LA RUSSIA “, n. 6 / 2021- pp. 219-224

 

 

LIMES ONLINE– 9 LUGLIO 2021 —

DALL’ULTIMO NUMERO DELLA RIVISTA :

” SE CROLLA LA RUSSIA “, n. 6 / 2021-

pp. 219-224

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LUKAŠENKA BUSSA A CASA PUTIN

 

Carta di Laura Canali - 2020

Carta di Laura Canali – 2020

 9/07/2021

Il leader bielorusso non ha alternative: o si pone sotto l’ombrello del Cremlino o è spacciato. Intanto Mosca esplora il campo dei possibili successori, nel tentativo di mettere sotto chiave il suo imprescindibile cuscinetto occidentale. La progressiva fusione tra le due Forze armate.

di Mauro De Bonis

Pubblicato in: SE CROLLA LA RUSSIA – n°6 – 2021
BIELORUSSIA, RUSSIAALEXANDER LUKASHENKO, VLADIMIR PUTIN

1. Per Mosca la Bielorussia continua a incarnare una doppia linea rossa da non valicare. Una bielo e una russa. La prima tratteggia il limite oltre il quale è la Russia a non potersi/volersi spingere nel processo di integrazione/annessione del piccolo vicino slavo. Perché soluzione troppo ridondante, foriera di sicure e bellicose reazioni occidentali e poco gradita ai russi e alla maggioranza dei locali, leadership compresa. La seconda colloca Minsk sul confine che Stati Uniti ed europei sono chiamati a non oltrepassare senza mettere a rischio la sicurezza strategica dell’intera Federazione Russa. Magari pianificando uno scippo in stile ucraino su cui il Cremlino non sorvolerebbe. 

Le scarne informazioni concesse dopo il summit di Ginevra fra Biden e Putin raccontano di divergenze non appianate tra Mosca e Washington sul destino della Bielorussia. Che resta terreno di scontro e banco di prova per saggiare compattezza ed efficacia del fronte euroatlantico chiamato a contenere la minaccia numero due – quella russa, secondo Biden – e se possibile strapparle a tempo debito un’altra pedina ex sovietica per sigillarla entro i suoi confini occidentali. Disegno ambizioso e molto rischioso perché il Cremlino non accetterà di perdere l’unico alleato rimastole dopo la dipartita di Kiev. E al quale Mosca contrappone un progetto per mantenere la dovuta influenza su Minsk consolidando la presa economica, militare e geopolitica senza dover ricorrere a scenari crimeani.

L’urto tra queste due forze, l’euroamericana che spinge da nord, sud e ovest opposta a quella orientale della Russia, hanno di fatto creato una bolla in cui il presidente Aljaksandr Lukašenka cerca di sopravvivere. Un guscio poco trasparente dove possono entrare soltanto gli aiuti essenziali provenienti da Mosca e che l’opposizione cerca di infrangere dall’esterno, finora senza successo. Qui il leader bielorusso ridisegna i contorni del suo potere chiamando a raccolta gli apparati della forza e della sicurezza; chiude a doppia mandata ogni dissidenza interna e cerca di presentarsi a Mosca come unica alternativa possibile allo scarto del paese verso occidente. Consapevole che la tattica del pendolo tra Est e Ovest, marchio di fabbrica del suo ventisettennato, è ormai improponibile, così come la figura di leader senza guinzaglio.

Il presidente bielorusso conosce bene la valenza strategica e d’immagine che il suo paese rappresenta per il Cremlino. Dove Putin, sempre più infastidito dalle bizze del collega, vedi blitz aereo del maggio scorso, aspetta il momento opportuno per agevolarne il pensionamento. Che potrebbe arrivare quando i costi per mantenerlo al potere saranno troppo alti da sostenere ma non prima di aver trovato il giusto punto di incontro con opposizione e apparati bielorussi, consci che una nuova Bielorussia potrà nascere senza Lukašenka ma non senza Russia.

 

Carta di Laura Canali - 2020

Carta di Laura Canali – 2020

 

2. Dopo le repressioni seguite alle proteste della scorsa estate e il più recente dirottamento del volo Ryanair, Minsk ha di nuovo e volutamente spostato l’asse geopolitico del paese in direzione di Mosca, sicura di ricevere manforte dal preoccupato vicino nel preservare autorità e tenuta sociale grazie a copertura militare e iniezioni di liquidità. Aiuti arrivati e che hanno permesso al leader bielorusso di prendere tempo e arroccarsi in difesa. Rinviando a data da destinarsi le riforme alla costituzione richieste dal Cremlino per diluire i poteri del presidente ed entrare nel panorama politico locale con formazioni filorusse, oltre a nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Atteggiamento che dimostra quanto resti complicato il rapporto tra Putin e Lukašenka, nonostante i sorrisi di rito profusi negli ultimi incontri. E quanto sia ingannevole la convinzione espressa in maniera colorita qualche settimana fa da un senatore americano sicuro che il fantoccio di Minsk non usi neanche il bagno senza chiedere il permesso a Mosca 1.

Di fatto il batka bielorusso aspira a mantenere una propria indipendenza, ma i giochi sono cambiati e il conto russo è oggi più salato del solito. A pochi giorni dall’incontro Putin-Biden il ministro degli Esteri russo Lavrov era stato chiaro nel dipingere le linee rosse che Mosca considera invalicabili come trincee sempre più profonde tra Russia ed Europa 2. La Bielorussia è una di queste, con o senza Lukašenka. Mosca non intende rinunciare a Minsk, anzi vuole controllarla più in profondità di quanto finora il leader locale le abbia permesso. Un’integrazione morbida, come è stata definita da molta stampa occidentale, che servirà a stringere i legami tra i due paesi senza seguire le tappe di un progetto di fusione statale spesso evocato come contropartita pretesa dal Cremlino per il suo sostegno, ma di fatto ancora fermo al palo.

Dove forse rimarrà, perché Mosca non vuole correre il rischio di irritare quella parte della popolazione bielorussa che fin dalle prime manifestazioni di piazza ha evitato di scagliarsi contro il vicino fratello slavo. Col quale condivide qualcosa di più di una affinità elettiva, visto che il 73,7% utilizza il russo come primo idioma (anche se i madrelingua russofoni sono l’8,2%) e poco meno dei tre quarti del totale si professa cristiano ortodosso 3. Ma il cittadino bielorusso in media desidera anche vivere in un paese indipendente. E si sente europeo, sentimento quest’ultimo condiviso con molti russi. Per questo Mosca ha preso con le molle la versione di Minsk su un’opposizione interna ormai apertamente antirussa, utile a giustificare una repressione dura ma necessaria per bloccare i piani dei «malvagi» d’Occidente. Siamo solo un esperimento per loro, ha spiegato Lukašenka, un banco di prova verso il vero obiettivo da raggiungere, la presa del Cremlino. Ma siamo anche il centro dell’Europa e se qualcosa di brutto dovesse accadere scoppierebbe un’altra guerra mondiale 4.

3. Mosca è forse pronta a morire per Minsk, non certo per il suo leader. Cercherà una soluzione non cruenta per appianare le divergenze di fondo tra i suoi progetti bielorussi e quelli di Stati Uniti e alleati europei. Intanto però si prepara alla pugna. Perciò vuole amalgamare le sue Forze armate con quelle bielorusse. E questo processo è stato avviato subito dopo le prime proteste seguite alle elezioni presidenziali dell’agosto 2020. In settembre infatti Russia e Bielorussia iniziano addestramenti specifici mensili che vedono per la prima volta la formazione di un battaglione unico. E danno il via a una lunga sequenza di esercitazioni che culmineranno il settembre prossimo con quella più imponente: Zapad-21. Messaggio chiaro alla Nato e alle truppe di paesi atlantici che intanto svolgono le loro esercitazioni a ridosso della frontiera con la Bielorussia, come quella di giugno in Polonia denominata Dragon-21.

Frontiera che si va scaldando, perché dall’altra parte del confine e più precisamente nella regione bielorussa di Hrodna è previsto uno dei tre centri di addestramento congiunti e permanenti che Mosca e Minsk hanno deciso di mettere in campo a inizio marzo. Quello citato destinato alla difesa aerea, i due in territorio russo, di Kaliningrad e Nižnij Novgorod, rispettivamente all’addestramento di forze navali e terrestri 5. Questo consentirà a Mosca di non dover più reclamare una base militare tutta sua in territorio alleato, ma di fatto utilizzare l’infrastruttura di Hrodna come tale evitando critiche e malumori bielorussi.

Non le preoccupazioni dei vicini atlantici. Che avevano già alzato il grado di allerta alla firma del primo partenariato strategico tra le due sorelle slave che le legherà per i prossimi cinque anni. Programma destinato a sviluppare cooperazione in campo militare e accrescere le congiunte capacità operative 6, per integrare le Forze armate russe e bielorusse più di quanto non lo siano già. Non c’è bisogno di basi e truppe russe permanenti sul nostro territorio, spiegava il presidente Lukašenka qualche settimana fa. L’appena rivisitata dottrina militare dello Stato dell’Unione prevede infatti, continuava il leader contestato, che in caso di conflitto i russi vengano schierati in Bielorussia in un solo giorno con basi e infrastrutture già assegnate da tempo 7. Probabilmente anche in quelle il cui affitto venticinquennale è scaduto il 7 giugno scorso, ovvero il centro comunicazione della Marina di Vilejka e quello di allerta missilistica di Baranoviči, e che è ancora in attesa di rinnovo.

Per contrastare la postura aggressiva dell’Occidente e i suoi piani di destabilizzazione, oltre che sul terreno militare i due paesi slavi sono concordi sulla necessità di approfondire la cooperazione anche in ambito di intelligence. Scelta ufficializzata lo scorso 3 giugno dopo l’incontro tra il capo dell’Svr (Služba vnešnej razvedki, il servizio d’intelligence esterna russo) Sergej Naryškin e Ivan Tertel’, presidente del Kgb bielorusso 8. Una collaborazione non nuova ma irrobustita dalla recente vicenda dello sventato attentato al presidente Lukašenka e del colpo di Stato che ne sarebbe seguito.

Carta di Laura Canali - 2020

Carta di Laura Canali – 2020

4. Le sanzioni che Stati Uniti e Unione Europea stanno applicando alla Bielorussia dopo la vicenda dell’aereo dirottato e l’arresto del giovane dissidente e della sua compagna russa rischiano di compromettere definitivamente la tenuta economica della piccola repubblica ex sovietica e con essa il potere del presidente Lukašenka, già traballante e fortemente dipendente dagli aiuti che arrivano da Mosca. Ulteriore spinta verso l’alleato russo, che dovrà decidere a questo punto fin dove arrivare nel sostenere finanziariamente il vicino. Il boicottaggio occidentale, anticipava la Nezavisimaja Gazeta prima dell’ultima tornata sanzionatoria, richiederà una sovvenzione aggiuntiva di circa 5 miliardi di dollari alle casse del Cremlino, che a questo punto non riuscirà a compensare le perdite bielorusse dovute alle mancate esportazioni 9. Altre fonti parlano di tornare a sborsare fino a 9 miliardi in valuta americana, come nel  pre-epidemia, se si vuole dare una chance al leader di Minsk 10, costretto entro fine anno a rimborsare Mosca di 1,1 miliardi di dollari 11.

In previsione di quanto sta accadendo, la Russia si è mossa per integrare maggiormente le due economie. E per aiutare alcuni dei suoi oligarchi a entrare nel mercato bielorusso. Coadiuvati e controllati, insieme a qualche collega bielorusso, dal nuovo ambasciatore che il Cremlino spedisce a Minsk e che di nome fa Evgenij Luk’janov, arrivato dalla poco amichevole Lettonia. Al nuovo diplomatico più che esperto in questioni finanziarie e bancarie e già membro del Consiglio di sicurezza della Federazione, Mosca chiede di supervisionare le attività di società e uomini d’affari russi e locali e di agevolare acquisizioni che possano tornare utili agli interessi della Federazione. Come quella di Paritebank ad opera del figlio del magnate russo Mikhail Guceriev o quelle nel settore bielorusso dei fertilizzanti che tanta gola fa alla compagnia Uralkali del paperone Kerimov e alla Uralkhim dell’oligarca russo Mazepin, nato bielorusso 12.

Mosca ha inoltre concordato con Minsk di deviare le esportazioni bielorusse di prodotti petroliferi raffinati finora avvenute attraverso il porto lituano di Klaipeda in favore di quelli russi nord-occidentali come Ust’-Luga. Accordo firmato nel febbraio scorso per il trasbordo di oltre 9,8 milioni di tonnellate di merce e valido tre anni. E presto anche l’esportazione di prodotti fertilizzanti seguirà lo stesso destino, quando i terminal russi verranno adeguatamente adattati a trattare questo materiale. Un cambio di campo che il presidente Lukašenka ha autorizzato solo dopo aver deciso di rompere con i vicini baltici per imboccare la strada a senso unico verso la protezione del Cremlino. Vantandosi di aver dato loro una lezione e di avergli fatto capire «cosa sono veramente le sanzioni». In effetti sono calati i ricavi registrati nel porto lituano rispetto allo scorso anno, ma è la Russia ad averci guadagnato incamerando nel primo mese di esportazioni un utile di circa 4,6 milioni di dollari 13.

Quello che invece Mosca non riesce ancora a guadagnare è il palcoscenico politico bielorusso. Ovvero rintracciare e gestire figure e movimenti che possano sostituire l’attuale leadership salvaguardando gli interessi russi, senza scontentare opposizione e Stato profondo locali. Il Cremlino ha spinto per una riforma della costituzione che prevedesse meno poteri al presidente in favore di un parlamento da poter se non controllare almeno influenzare attraverso formazioni ben confezionate, ma non è stato accontentato.

5. Dissenso e tensioni sociali in Bielorussia non sono però diminuiti, soltanto repressi. E le pressioni esterne sono aumentate a dismisura. Difficile in questo contesto che il leader di Minsk possa restare saldo al comando mentre la barca affonda sotto i colpi delle sanzioni occidentali e lo sguardo vitreo degli amici di Mosca. Il vicolo imboccato sembra cieco. Anche se Lukašenka, già prima dell’agosto scorso, ha iniziato a stringere i ranghi e circondarsi di servitori fedeli reclutati tra servizi di sicurezza e Forze armate. Uno stuolo di seguaci pronti a difenderlo, ma forse anche a mollarlo in assenza di adeguate contropartite o in caso di crisi irreversibile. A sostituzioni di funzionari «liberali» e cambi di vertice ha fatto seguire così norme e decreti per agevolare i loro compiti e proteggerne il potere. Come il decreto che prevede in caso di morte violenta del leader il trasferimento dei poteri al Consiglio di sicurezza. Quello che permette, tra le altre cose, l’utilizzo delle armi per le forze di sicurezza e la chiusura senza mandato di giornali e siti web. O l’ordinanza che rende anonimi gli agenti e abolisce alcune responsabilità per gli ufficiali 14.

Leggi approvate dopo l’affaire colpo di Stato. Ovvero il tentato golpe che doveva seguire all’eliminazione fisica del presidente bielorusso e dei suoi figli, tempestivamente sventato dal Kgb e dai colleghi russi dell’Fsb. Un putsch non preso troppo sul serio in Occidente e poco coperto dai media anche se a confermarne pericolo e autenticità c’è anche il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. L’intelligence russa ha le prove del complotto ordito tra Mosca e Minsk che si sarebbe dovuto realizzare in stile rivoluzione colorata col supporto di nazionalisti bielorussi e ucraini proprio il 9 maggio, giornata dedicata in Bielorussia alla vittoria sulle truppe naziste 15. E per il quale in galera finiscono in tanti, tra cui il leader del Fronte popolare bielorusso Grigorij Kostusev, attivista della vecchia opposizione e candidato alle presidenziali del 2010, e il giornalista Aleksander Feduta, studioso di Puškin e tra gli artefici dell’ascesa al potere dell’attuale presidente bielorusso 16. Lukašenka, furioso, punta l’indice contro Cia e Fbi sicuro che un ordine del genere poteva giungere soltanto dalla massima autorità politica degli Stati Uniti.

Carta di Francesca Canali

Carta di Francesca Canali – 2020

Approccio applicato anche contro la ormai nemica Polonia, rea di dare rifugio alla dissidenza bielorussa e fomentare la minoranza presente nella repubblica ex sovietica. Si tratta di oltre 300 mila persone che Lukašenka aveva già etichettato come quinta colonna in una delle sue tante oscillazioni tra Est e Ovest e che ora individua come forza destabilizzatrice da frenare e punire. Ad esempio con l’arresto a Hrodna di Andrzej Pisalnik, a capo dell’Unione dei polacchi, e di cinque suoi affiliati, accusati di incitamento all’odio etnico e religioso, partecipazione a eventi illegali e riabilitazione del nazismo 17. Oppure con il decreto con cui a inizio giugno il presidente istituisce una nuova festa per i bielorussi. Che sarà il 17 settembre e celebrerà il giorno dell’Unità nazionale a memoria dell’entrata dell’Armata Rossa in Polonia nel 1939 e del conseguente recupero della Bielorussia occidentale affidata a Varsavia dal trattato di Riga del 1921 18.

Al presidente Lukašenka resta dunque lo sguardo verso oriente, convinto di poter agevolmente sostituire la decadente Europa con un’Asia più rigogliosa. E diventare così avamposto e parte integrante della nuova Eurasia con l’aiuto della sorella russa e della Cina 19. La piccola Bielorussia che governa ormai da oltre due decenni si presta a questo compito, ma rappresenta anche uno dei residui punti di frattura che dividono l’Occidente a guida americana dalla Federazione Russa erede dell’impero sovietico. Una pedina che finora il leader di Minsk ha cercato di spostare velocemente sulla scacchiera euro-orientale per non farla mangiare da giocatori di ben altra stazza. E in cui oggi si è barricato nella speranza di allungare la vita del suo governo almeno finché i due contendenti non avranno deciso del suo destino sfidandosi a duello o discutendone intorno a un tavolo.

Note:

1. «Sasse Calls for Nord Stream 2 Sanctions after Ryanair Hijacking», sasse.senate.gov, 24/5/2021, bit.ly/3wWqnLq

2. G. Friedman, «A Russian Move in Europe», geopoliticalfutures.com, 1/6/2021, bit.ly/3daZnA5

3. P. Gourdin, «Bélarus: géopolitique d’une «crise gelée», diploweb.com, 21/3/2021, bit.ly/3gRMQUl

4. V. Solov’ev, K. Krivošeev, «Bratskaja krepost’» («La fortezza fraterna»), kommersant.ru, 27/5/2021, bit.ly/3xRnhZ9

5. G. Barros, «Russia in review: Russia opens permanent training center in Belarus and sets conditions for permanent military basing», understandingwar.org, 8/4/2021, bit.ly/3qooDYQ

6. «Minoborony Belorussii e RF podpisali programmu strategičeskogo partnerstva na pjat’ let» («I ministeri della Difesa della Bielorussia e della Federazione Russa hanno firmato un programma di partenariato strategico quinquennale»), tass.ru, 2/3/2021, bit.ly/3h0waZJ

7. «Bielorussia: Lukashenko, “La Russia ci fornirà armi moderne”», Ansa, 1/6/2021.

8. «Rossija i Belarus’ rasširjajut sotrudničestvo specslužb» («Russia e Bielorussia ampliano la cooperazione dei servizi speciali»), dw.com, 3/6/2021, bit.ly/3gPnh6w

9. M. Sergeev, «Zapadnyj bojkot Lukašenko obojdetcja Rossii v 5 milliardov dollarov» («Il boicottaggio occidentale contro Lukašenka costerà alla Russia 5 miliardi di dollari»), ng.ru, 25/5/2021, bit.ly/2TX39qa

10. G. Deuber, «The view from Mitteleuropa: surviving on life support – Belarus, sanctions and path-dependency», intellinews.com, 14/6/2021, bit.ly/2T4vuul

11. O. Solov’eva, «Novye sankcii usilivajut integraciju Belorussii s Rossiej» («Le nuove sanzioni rafforzano l’integrazione della Bielorussia con la Russia»), ng.ru, 3/6/2021, bit.ly/3jdrbrl

12. G. Deuber, op. cit.

13. «Russia earned over $4.5 mln from transportation of Belarusian oil products», belsat.eu, 7/4/2021, bit.ly/3daZDix

14. G. Deuber, op. cit.

15. «Kremlin says Russian special services have proofs of plot against Lukashenko», tass.com, 26/4/2021, bit.ly/3gZeFcr

16. A. Khodasevič, «Eks-soratnik Lukašenko stal geroem špionskogo trillera» («Ex alleato di Lukašenko diventa l’eroe di un thriller di spionaggio»), ng.ru, 13/4/2021, bit.ly/3zT1xxU

17. J. Shotter, «Belarus strongman picks fight with Polish community»,  ft.com, 7/4/2021, on.ft.com/3zXkmAm

18. G. Ioffe, «Belarus’s Political Crisis Reverberates in Russia and Poland», jamestown.org, 14/6/2021, bit.ly/35Lo1D9

19. V. Solov’ev, K. Krivošeev, op. cit.

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