Aleksandr N. Afanasjev, Favola del principe Ivan, dell’uccello di fuoco e del lupo grigio- alcune delle illustrazioni sono del grande Ivan Jakovlevič Bilibin

 

 

 

Favola del principe Ivan cop.

 

 

 

Favola del principe Ivan, dell’uccello di fuoco e del lupo grigio, di Aleksandr N.Afanasjev. Edizione integrale

 

 

 

In un certo reame, in un certo stato, viveva una volta uno zar di nome Vyslav Andronovic. Egli aveva tre figli: il primo era il principe Dimitrij, il secondo il principe Vasilij, e il terzo il principe Ivan. Questo zar Vyslav Andronovic aveva un giardino così ricco che non ce n’era uno migliore in nessun altro stato; in quel giardino crescevano vari alberi pregiati, da frutto e senza frutto, e lo zar aveva un melo preferito, da cui nascevano tutte mele d’oro. Aveva preso l’abitudine di volare nel giardino dello zar Vyslav un uccello di fuoco; le sue penne erano d’oro e gli occhi simili a cristalli d’oriente. Ogni notte volava in quel giardino e si posava sul melo preferito dello zar Vyslav, coglieva le mele d’oro e se ne volava via. Lo zar Vyslav era assai afflitto per quel melo, perché l’uccello di fuoco aveva strappato parecchie mele; perciò chiamati a sé i suoi tre figli disse loro:–  Figli miei adorati! Chi di voi prenderà l’uccello di fuoco nel mio giardino? A chi lo acchiapperà vivo darò metà del mio regno io vivente, e alla mia morte lo avrà tutto intero -. Allora i principi suoi figli dissero ad una voce:– Sovrano e padre, maestà! Con infinito piacere noi cercheremo di prendere vivo l’uccello di fuoco -.

La prima notte andò di sentinella nel giardino il principe Dimitrij e, sedutosi sotto il melo da cui l’uccello di fuoco rubava i frutti, s’addormentò e non sentì quando l’uccello arrivò e strappò moltissime mele. Al mattino lo zar Vyslav Andronovic chiamò suo figlio Dimitij e gli chiese:– Dunque, mio caro figlio, hai veduto l’uccello di fuoco o no? – rispose egli al genitore:– No, sovrano e padre! Questa notte non è venuto -.La notte dopo montò la guardia al giardino il principe Vasilij. Sedette sotto lo stesso melo e, rimasto lì qualche ora, nella notte si addormentò così forte che non sentì quando l’uccello di fuoco arrivò a rubare le mele. Al mattino lo zar Vyslav lo chiamò e gli chiese:– Allora, figlio mio caro, l’hai veduto questo uccello di fuoco, o no?– Sovrano e padre! Questa notte non è venuto.

 

 

 

 

 

l'uccello di fuocoIl principe Ivan si appostò, si avvicinò di soppiatto e l’acchiappò abilmente per la coda. Illustrazione di Ivan Bilibin

 

 

 

La terza notte andò a far la guardia il principe Ivan, e sedette sotto il medesimo melo. Si mise a camminare intorno al melo e non si sedette neppure un attimo, per paura di addormentarsi. Passò un’ora, ne passò un’altra e un’altra ancora. Quando non resisteva più dal sonno, il principe si lavava gli occhi con la rugiada. Dopo la mezzanotte, d’improvviso, qualcosa si mosse in lontananza. Il giardino si inondò di luce e tutto si fece chiaro come di giorno. Arrivò l’uccello di fuoco, si posò sul melo e cominciò a beccare le mele d’oro. Il principe Ivan si appostò, si avvicinò di soppiatto e l’acchiappò abilmente per la coda. Ma l’uccello di fuoco prese a divincolarsi e, sebbene Ivan lo tenesse stretto, riuscì a liberarsi e a volare via, lasciandogli in mano soltanto una penna della coda.

Il mattino, appena lo zar fu sveglio, il principe Ivan andò da lui e gli mostrò la penna dell’uccello di fuoco. Lo zar fu molto contento che il figlio minore fosse riuscito a prendere almeno una penna dell’uccello di fuoco. Era una penna così meravigliosa e splendente, che se la si portava in una stanza buia brillava in modo tale da sembrare vi fosse stata accesa una grande quantità di candele. Lo zar Vyslav mise quella piuma nel suo gabinetto come un oggetto da conservarsi in eterno. Da quel giorno l’uccello di fuoco non tornò più nel giardino.

Di nuovo lo zar Vyslav chiamò i suoi figli, e disse loro:– Miei amati figli! Vi do la mia benedizione, partite alla ricerca dell’uccello di fuoco, e portatemelo vivo; quel che ho già promesso prima, lo riceverà naturalmente colui che mi riporterà l’uccello di fuoco -.  I principi Dimitrij e Vasilij cominciarono a provar del rancore contro il fratello minore principe Ivan, che era riuscito a strappare una penna dalla coda dell’uccello di fuoco; essi accolsero la benedizione del padre loro e insieme partirono alla ricerca dell’uccello di fuoco. Anche il principe Ivan chiese la benedizione del genitore. Lo zar Vyslav gli disse:– Figlio mio amato, creatura mia! Tu sei ancora giovane, non sei abituato a viaggi così lontani e difficili: perché vuoi allontanarti da me? I tuoi fratelli son già partiti. E se, partendo anche tu, per lungo tempo non ritornasse nessuno dei tre? Io son vecchio ormai, e già vicino a Dio; se mentre siete lontani, Dio si prende la mia vita, chi governerà il mio regno in vece mia? Potrebbero nascere discordie tra le nostre popolazioni e nessuno riuscirebbe a pacificarle; oppure il nemico potrebbe marciare sul nostro territorio, e nessuno guiderebbe il nostro esercito -. Ma per quanto lo zar Vyslav tentasse di trattenere il principe Ivan, non poté fare a meno di accondiscendere alle sue continue preghiere. Il principe Ivan ricevette la benedizione del suo genitore, si scelse un cavallo e si mise in strada, senza sapere neppure lui dove andava.

 

 

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– Chi andrà dritto avrà fame e freddo, chi andrà a destra sarà sano e salvo ma il suo cavallo morirà, chi andrà a sinistra sarà ucciso ma il suo cavallo resterà sano e salvo -. Illustrazione di Victor Vasnetsov

 

 

Cammin facendo – vicino, lontano, sali e scendi; si fa presto a raccontare, meno presto a fare – arrivò finalmente in aperta campagna, sui verdi prati. E in mezzo a un campo c’era un pilastro, e sul pilastro eran scritte queste parole:

– Chi andrà dritto avrà fame e freddo, chi andrà a destra sarà sano e salvo ma il suo cavallo morirà, chi andrà a sinistra sarà ucciso ma il suo cavallo resterà sano e salvo -.

Letta quell’iscrizione il principe Ivan andò a destra, pensando che se anche il suo cavallo avesse trovato la morte, lui sarebbe rimasto vivo, e col tempo ne avrebbe trovato un altro. Andò avanti un giorno, e un altro, e il terzo, ed ecco venirgli incontro improvvisamente un grossissimo lupo grigio, che disse:– Ah, sei tu, giovanotto, principe Ivan! Non hai letto cos’era scritto sul pilastro, che il tuo cavallo sarebbe morto; allora perché sei venuto qua? – Pronunziate che ebbe quelle parole, il lupo sbranò il cavallo di Ivan e corse via da una parte.

 

 

 

the crossroads ivan bilibin– Chi andrà dritto avrà fame e freddo, chi andrà a destra sarà sano e salvo ma il suo cavallo morirà, chi andrà a sinistra sarà ucciso ma il suo cavallo resterà sano e salvo -. Illustrazione di Ivan Bilibin

 

 

 

 

 

Il principe Ivan rimase tutto afflitto per il suo cavallo, pianse amaramente e proseguì a piedi. Camminò tutto il giorno e si stancò in modo indicibile; stava proprio per sedersi a riposare quando d’un tratto lo raggiunse il lupo grigio, che gli disse:– Mi dispiace, principe Ivan, che tu ti sia estenuato andando a piedi, sono spiacente anche di aver mangiato il tuo buon cavallo. Ebbene! Siediti su di me, sul lupo grigio, e dimmi dove vuoi che ti porti e perché -.  Il principe disse al lupo grigio dove doveva andare, e il lupo galoppò con lui più d’un cavallo; dopo un certo tempo, era notte ormai, portò il principe Ivan a una muraglia di pietra non molto alta, si fermò e disse:– Su, principe Ivan! scendi da me, dal lupo grigio, e arrampicati al di là del muro; dietro c’è un giardino, e nel giardino l’uccello di fuoco dentro una gabbia d’oro. Tu prendi l’uccello di fuoco, ma non toccare la gabbia d’oro; se la prenderai non potrai andar via, e ti prenderanno subito! –  Il principe Ivan s’arrampicò sul muro, scivolò nel giardino, vide l’uccello di fuoco nella gabbia dorata, che gli parve deliziosa, gli fece proprio gola. Tirato l’uccello fuori dalla gabbia tornò indietro, ma poi ci ripensò e disse a se stesso:– Perché ho preso l’uccello senza la gabbia, dove lo metterò adesso?- Si voltò, e non appena ebbe staccato la gabbia d’oro s’intesero improvvisamente suoni e rumori per tutto il giardino, poiché alla gabbia erano attaccate delle corde musicali. Subito le sentinelle si svegliarono, corsero nel giardino, acchiapparono il principe Ivan con l’uccello di fuoco e lo portarono dinanzi al loro zar, che si chiamava Dolmat.

Lo zar Dolmat s’infuriò terribilmente contro il principe Ivan e gli gridò con voce forte e arrabbiata:– Giovanotto, non ti vergogni di rubare? E chi sei tu, e di qual terra, e di qual padre sei figlio, e come ti chiami di nome?- Il principe Ivan gli disse:– Io sono del reame di Vyslav, figlio dello zar Vyslav Andronovic, e mi chiamo principe Ivan. Il tuo uccello di fuoco aveva preso l’abitudine di volare ogni notte nel nostro giardino e strappava le mele d’oro dal melo favorito di mio padre, e aveva quasi rovinato tutto l’albero; perciò il mio genitore mi ha mandato a cercare l’uccello di fuoco per riportarglielo.– O tu, giovanotto, principe Ivan, ti par bello comportarti cosi? – disse lo zar Dolmat. – Se tu fossi venuto da me, io t’avrei dato l’uccello di fuoco con tutti gli onori; sarai contento ora, quando io farò dichiarare per ogni stato che tu nel mio regno ti sei comportato in modo indecoroso? Ascolta però, principe Ivan! Se tu mi farai un servigio, se andrai ai confini della terra, nell’ultimo dei reami, dallo zar Afron, e mi riporterai il cavallo dalla criniera d’oro, io perdonerò la tua colpa e ti darò l’uccello di fuoco con ogni onore; ma se non mi fai questo servigio allora farò sapere per ogni stato che tu sei un ladro senza onore – Tutto triste il principe Ivan lasciò lo zar Dolmat, promettendo che gli avrebbe trovato il cavallo dalla criniera d’oro.

Arrivato dal lupo grigio, gli raccontò tutto quello che lo zar Dolmat gli aveva detto.– Ah giovanotto, principe Ivan! – gli disse il lupo grigio, – perché non hai dato ascolto alle mie parole e hai preso la gabbia d’oro?– Son colpevole dinanzi a te, – disse il principe al lupo.– Bene, cosi sia! – fa quello, – siediti su di me, sul lupo grigio; ti porterò dove occorre -. Il principe Ivan sedette sul dorso del lupo grigio, e il lupo corse veloce come una freccia; corse molto, corse poco, finalmente a notte alta giunse nel reame dello zar Afron. E avvicinatosi alle bianche scuderie reali, disse al principe:– Principe Ivan, entra in quelle bianche scuderie (adesso tutti gli stallieri dormono profondamente!) e prendi il cavallo dalla criniera d’oro. Vedrai appesa al muro la briglia d’oro, bada di non prenderla, o succederanno dei pasticci -. Il principe Ivan entrò nelle bianche scuderie, prese il cavallo e tornò indietro; ma vide al muro la briglia d’oro, e gli parve così bella che la staccò dal chiodo; l’ebbe appena staccata che s’intesero nella scuderia suoni e rumori, perché a quella briglia erano attaccate delle corde musicali. Gli stallieri di guardia si svegliarono immediatamente, accorsero, afferrarono il principe Ivan e lo portarono dinanzi allo zar Afron. Lo zar Afron comincio a chiedergli:– Ah sei tu, giovanotto! dimmi: di che stato sei, di chi sei figlio, e qual é il tuo nome? – Rispose il principe:– Vengo dal regno di Vyslav, son figlio dello zar Vyslav Andronovic, e mi chiamo principe Ivan.– O tu, giovanotto, principe Ivan! – gli disse lo zar Afron, – é da cavaliere onesto quel che hai fatto? Se fossi venuto da me t’avrei dato il cavallo dalla criniera d’oro con ogni onore. Sarai contento quando manderò a dire per ogni paese che tu da me ti sei comportato in maniera disonesta? Ma ascolta, principe Ivan! Se tu mi farai un servigio, se andrai ai confini della terra, nell’ultimo dei reami e mi troverai la principessa Elena la Bella – che amo da lungo tempo con tutta l’anima e il cuore, ma non riesco a trovarla – allora ti perdonerò la tua colpa e ti darò il cavallo dalla criniera d’oro, e la briglia d’oro, con tutti gli onori. Ma se non mi farai questo servigio io ti farò conoscere in ogni stato per quel ladro disonesto che sei, e descriverò tutto il tuo indegno comportamento nel mio reame -.Allora il principe Ivan promise allo zar Afron di trovare la principessa Elena la Bella, poi uscì dal palazzo e pianse amaramente. Arrivato dal lupo grigio, gli raccontò tutto quello che gli era successo.– Ah giovanotto, principe Ivan! – gli disse il lupo, – perché non hai ascoltato le mie parole e hai preso la briglia d’oro?– La colpa é mia, – disse il principe al lupo. – Bene, cosi sia! – proseguì il lupo grigio, – siediti su di me, sul lupo grigio; e io ti porterò dove occorre -. Il principe Ivan sedette sul suo dorso, e il lupo corse come una freccia; corse – come si direbbe nelle fiabe- per un po’, e infine giunse nel reame della principessa Elena la Bella. E arrivato a una griglia d’oro, che circondava il giardino incantato, il lupo disse al principe Ivan:– Su, Ivan! scendi adesso dal mio dorso e torna indietro per la via di dove siamo venuti, e aspettami nei campi sotto la verde quercia -.

Il lupo grigio sedette accanto alla griglia d’oro e aspettò che la principessa Elena la Bella scendesse in giardino a passeggiare. A sera, quando il sole era sul tramonto e l’aria non più tanto calda, la principessa Elena la Bella uscì nel giardino con le sue governanti e con le boiare di corte. Quando passò dinanzi al punto dove sedeva il lupo grigio, dietro la griglia, questo la scavalcò d’un balzo, afferrò la principessa e tornò indietro correndo con quante forze aveva. Corse al prato sotto la verde quercia, dove il principe Ivan l’aspettava, e gli disse:– Svelto, principe Ivan! siediti su di me, sul lupo grigio! – Il principe gli salì in groppa, e al gran galoppo il lupo li portò tutt’e due nello stato dello zar Afron. Le governanti e le nutrici e le boiare di corte che passeggiavano nel giardino con la principessa Elena la Bella, corsero subito alla reggia e mandarono all’inseguimento, per raggiungere il lupo grigio; ma per quanto gli inseguitori gli dessero la caccia, non poterono raggiungerli, e tornarono indietro.

 

 

victor vasnetsovIl principe Ivan, sedendo sul lupo grigio insieme alla bella principessa Elena, si innamorò di lei con tutto il cuore, e lei del principe Ivan. Illustrazione di Victor Vasnetsov

 

 

Il principe Ivan, sedendo sul lupo grigio insieme alla bella principessa Elena, si innamorò di lei con tutto il cuore, e lei del principe Ivan, e quando il lupo grigio fu arrivato nel regno dello zar Afron, e il principe Ivan avrebbe dovuto portare alla reggia la bella principessa Elena e consegnarla allo zar, egli si fece tutto triste e cominciò a piangere a calde lacrime. Gli chiese il lupo:– Perché piangi, principe?- Rispose Ivan:– Amico mio, lupo grigio, come non piangere, come non affliggersi? Il mio cuore è innamorato della bella principessa Elena, e ora devo darla allo zar Afron per avere il cavallo dalla criniera d’oro; e se non gliela do lo zar mi coprirà di disonore per ogni stato. – T’ho reso molti servigi, principe Ivan, – disse il lupo grigio, – e ti farò anche questo. Ascolta Ivan: io mi tramuterò nella principessa Elena la Bella, tu portami allo zar Afron e prendi il cavallo dalla criniera d’oro; egli mi crederà la vera principessa. Tu intanto salta in groppa al cavallo dalla criniera d’oro e allontanati; allora io pregherò lo zar Afron di mandarmi a passeggio fra i campi, e quando lui mi manderà con le balie e le governanti e con tutte le boiare di corte, e sarò con loro in mezzo ai prati, tu allora pensa a me, e io sarò di nuovo da te -.Fatto questo discorso il lupo grigio si gettò contro l’umida terra e divenne identico alla bella principessa Elena; tanto che era impossibile accorgersi che non era lei. Il principe prese il lupo grigio, andò alla reggia dello zar Afron, e intanto diede ordine alla bella principessa di aspettarlo fuori della città. Quando il principe Ivan arrivò dallo zar Afron con la falsa principessa Elena, lo zar si rallegrò tutto in cuor suo d’aver ricevuto quel tesoro che desiderava da tanto tempo. Prese la falsa principessa e consegnò al principe Ivan il cavallo dalla criniera d’oro.

 

ivan bilibin– Vieni a sederti sulla mia groppa, principe Ivan, e che la principessa bella vada sul cavallo dalla criniera d’oro -. Illustrazione di Ivan Bilibin

 

 

Il principe sedette sul cavallo e andò fuori della città, mise in groppa Elena la Bella e s’avviò verso il reame dello zar Dolmat. Il lupo grigio vive dallo zar un giorno, un altro e il terzo, nelle spoglie della bella principessa Elena; poi il quarto giorno andò dallo zar Afron a pregarlo di lasciarla passeggiare nei campi aperti, per dissipare la tristezza che l’aveva invasa. Dice lo zar Afron:– Ah, mia bella principessa Elena! Per te son pronto a tutto, va pure a passeggio nei campi -. E subito ordinò alle balie e alle governanti e a tutte le boiare di corte di andare in campagna, a passeggio con la bella principessa. Intanto il principe Ivan se ne andava con Elena la Bella, passeggiando lungo la strada, e aveva dimenticato il lupo grigio; ma poi si ricordò:– Ah, dove sarà il mio lupo grigio? – E di colpo quello apparve dinanzi a lui, e gli disse:– Vieni a sederti sulla mia groppa, principe Ivan, e che la principessa bella vada sul cavallo dalla criniera d’oro -. Il principe sedette sul lupo grigio, e così si misero per via verso il reame dello zar Dolmat.

Cammina cammina, arrivarono in quello stato, e si fermarono a tre leghe dalla città. Il principe Ivan cominciò a supplicare il lupo:– Ascolta, amico mio caro, lupo grigio! Tu m’hai reso tanti servigi, rendimi anche l’ultimo: ecco cosa vorrei adesso: non puoi tramutarti nel cavallo dalla criniera d’oro al posto di questo? perché io non ho voglia di separarmi da questo cavallo -.Il lupo grigio si gettò di colpo contro l’umida terra e divenne un cavallo dalla criniera d’oro. Lasciata la bella principessa Elena in mezzo a un verde prato, il principe Ivan sedette in groppa al lupo grigio e andò alla reggia dallo zar Dolmat. E appena arrivato, come lo zar Dolmat vide il principe sul cavallo dalla criniera d’oro, tutto allegro uscì dalle sue stanze per andargli incontro, e in mezzo al vasto cortile lo baciò sulle labbra zuccherine, lo prese per la mano destra e lo condusse nelle candide sale. Poi ordinò di preparare un banchetto in segno di gioia, ed essi sedettero a tavoli di quercia, dalle tovaglie imbandite; bevvero, mangiarono, scherzarono e fecero baldoria per due giorni filati, e al terzo giorno lo zar Dolmat consegnò al principe l’uccello di fuoco con la gabbia d”oro. Il principe prese l’uccello di fuoco, uscì dalla città insieme alla bella principessa Elena, sedette sul cavallo dalla criniera d’oro e andò nella sua patria, nello stato dello zar Vyslav Andronovic.

 

Il giorno dopo lo zar Dolmat pensò di andarsene a fare un giro in campagna sul suo cavallo dalla criniera d’oro; ordinò di sellarlo, poi gli sedette in groppa e se ne andò per i campi; ma non appena l’ebbe spronato, il cavallo sbalzò di sella lo zar Dolmat e, ripresa la sua forma primitiva di lupo grigio, corse a raggiungere il principe Ivan.– Principe! – disse, – siediti su di me, sul lupo grigio; sul cavallo dalla criniera d’oro andrà la principessa Elena la Bella -. Il principe sedette in groppa al lupo, e si misero in viaggio. Giunti che furono al luogo dove il lupo grigio aveva sbranato il cavallo del principe Ivan, il lupo si fermò e disse:– Ebbene, principe Ivan! t’ho servito con gran fede e lealtà. Eccoci nello stesso punto dove io sbranai il tuo cavallo. T’ho riportato qui. Scendi dalla mia groppa, dal lupo grigio; adesso hai il cavallo dalla criniera d’oro, balzagli in sella e va’ dove ti occorre; io non son più tuo servo -. Pronunziò queste parole e corse via da un lato; allora il principe Ivan pianse amaramente per il lupo grigio, poi riprese la sua strada insieme alla bella principessa. Va e va insieme alla bella principessa Elena sul cavallo dalla criniera d’oro, e giunto a venti leghe dal suo stato si fermò, scese dal cavallo e con la bella principessa si stese a riposare sotto un albero, che li riparava dall’ardore del sole; legò all’albero il cavallo dalla criniera d’oro, e si mise accanto la gabbia con l’uccello di fuoco. Stesi sull’erba morbida, parlando teneramente d’amore, essi s’addormentarono d’un sonno profondo.

In quel frattempo i fratelli del principe Ivan, Dimitrij e Vasilij, dopo aver viaggiato per diversi stati senza riuscire a trovare l’uccello di fuoco, se ne tornavano nella loro patria, a mani vuote; per caso passarono vicino al loro fratello che giaceva addormentato accanto alla bella principessa Elena. Vedendo sull’erba il cavallo dalla criniera d’oro, e l’uccello di fuoco nella gabbia d’oro, ne ebbero sì gran tentazione che pensarono d’uccidere il loro fratello Ivan. Il principe Dimitrij snudò la spada, sgozzò il principe Ivan e lo fece a pezzettini; poi svegliò la bella principessa Elena, e cominciò a chiederle:– Bella ragazza! di che paese sei, e di chi sei figlia, e qual è il tuo nome? – Al veder morto il principe Ivan, la bella principessa Elena si spaventò, cominciò a piangere amaramente e fra le lacrime disse:– Io sono la principessa Elena la Bella, mi conquistò il principe Ivan al quale voi deste morte crudele. Se foste dei prodi cavalieri, voi sareste scesi con lui in campo aperto e l’avreste vinto da vivo; invece uccidendo uno che dormiva, qual vanto ne avete tratto? Un uomo addormentato è lo stesso che un uomo morto! –Allora il principe Dimitrij mise la spada al cuore della bella principessa Elena e disse:– Ascolta, Elena la Bella! adesso sei nelle nostre mani; noi ti porteremo da nostro padre, dallo zar Vyslav Andronovic, e tu digli che ti abbiamo conquistata noi, e anche l’uccello di fuoco, e il cavallo dalla criniera d”oro. Se non dirai questo ti mettiamo subito a morte! –  Spaventata da morire, la bella principessa Elena promise e giurò su tutti i santi che avrebbe parlato come loro le dicevano. Allora i principi Dimitrij e Vasilij cominciarono a tirare a sorte a chi sarebbe toccata la principessa Elena e a chi il cavallo dalla criniera d’oro. E la principessa Elena toccò in sorte al principe Vasllij, e il cavallo al principe Dimitrij. Allora Vasilij prese la bella principessa Elena e la mise sul suo buon cavallo mentre Dimitrij sedette sul cavallo dalla criniera d’oro e prese l’uccello di fuoco per consegnarlo al suo genitore, allo zar Vyslav Anronovic; e si misero in cammino.

 

ivan bilibin fineallora il principe Ivan sposò la bella principessa Elena e vissero d’amore e d’accordo, tanto che non potevano stare un solo minuto uno senza l’altra. Illustrazione di Ivan Bilibin

 

 

Il principe Ivan giacque morto in quel luogo tredici giorni precisi, e al tredicesimo accorse a lui il lupo grigio, che dall’odore riconobbe il principe Ivan. Voleva aiutarlo, farlo resuscitare, ma non sapeva come si faceva. In quel momento il lupo grigio vide un corvo con due corvicini, che volavano sul cadavere e volevano scendere a terra per mangiare la carne del principe Ivan. Il lupo grigio si nascose tra i cespugli e non appena i corvicini si posarono a terra e cominciarono a beccare il corpo del principe Ivan, lui saltò fuori dagli arbusti, ne afferrò uno con l’intenzione di sbranarlo. Allora il corvo scese a terra, si posò a una certa distanza dal lupo e gli disse:– O tu, lupo grigio! non toccare il mio figliolino; non t’ha mica fatto niente.– Ascolta Corvo Corvonic,- disse il lupo grigio, – io non toccherò il tuo bambino e lo lascerò sano e salvo quando tu m’avrai reso un servigio: vola ai confini del mondo, nell’ultimo dei reami, e portami l’acqua della morte e della vita -. Al che Corvo Corvonic rispose:– Io ti renderò questo servigio, ma ti raccomando di non toccare mio figlio -.Dette queste parole l’uccello volò via e presto scomparve alla vista. Il terzo giorno il corvo tornò, portando con sé due boccette: in una c’era l’acqua della vita, nell’altra l’acqua della morte; e le diede al lupo grigio. Il lupo prese le boccette, fece in due pezzi il corvicino, lo spruzzò con l’acqua della vita, e il corvicino starnazzò e volò via. Poi il lupo asperse il principe Ivan con l’acqua della morte, e il suo corpo tornò a saldarsi; spruzzò l’acqua della vita e il principe Ivan s’alzò e disse:-Ah, quanto ho dormito! – Allora il lupo grigio gli rispose:– Sí, principe Ivan, avresti dormito per l’eternità, se non ci fossi io; i tuoi fratelli t’hanno ucciso e han portato con loro la bella principessa Elena, il cavallo dalla criniera d’oro e l’uccello di fuoco. Affrettati adesso più che puoi, verso la tua patria; tuo fratello Vasilij sposa oggi la tua fidanzata, la bella principessa Elena. E perché tu arrivi più presto, sarà meglio che ti sieda su di me, sul lupo grigio; ti porterò io in groppa -.

Il principe Ivan sedette sul lupo grigio, e il lupo corse con lui al regno dello zar Vyslav Andronovic; e corri e corri, arrivarono alla città. Il principe Ivan scese dalla groppa del lupo grigio, entrò in città e avvicinatosi alla reggia trovò che suo fratello Vasilij stava sposando la bella principessa Elena: tornava insieme a lei dallo sposalizio e stava seduto al pranzo. Il principe Ivan entrò nelle sale, e non appena Elena la Bella lo scorse saltò su da tavola, e cominciò a baciarlo sulle labbra zuccherine esclamando:– Ecco il principe Ivan, questo è il mio adorato sposo e non quel perfido che siede a tavola! – Allora lo zar Vyslav Andronovic si alzò dal suo posto e cominciò a interrogare la bella principessa Elena sul significato delle sue parole: di cosa parlava? Elena la Bella gli raccontò tutta la verità vera, il come e il quando; come il principe Ivan aveva conquistato lei, il cavallo dalla criniera d’oro e l’uccello di fuoco, come i fratelli maggiori l’avevano ucciso mentre dormiva e come l’avevano minacciata perché dicesse che erano stati loro a conquistare tutto. Lo zar Vyslav s’infuriò terribilmente contro i principi Dimitrij e Vasilij e li mise in prigione; allora il principe Ivan sposò la bella principessa Elena e vissero d’amore e d’accordo, tanto che non potevano stare un solo minuto uno senza l’altra.

 

Favola del principe Ivan fine

 

 

 

TESTO E ILLUSTRAZIONI SONO DA:

Postato il 5 aprile 2017  di mammaoca

Mammaoca

Favola del principe Ivan, dell’uccello di fuoco e del lupo grigio, di Aleksandr N. Afanasjev. Edizione integrale

 

 

L’AUTORE

 

 

Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev - Wikipedia

Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev  ( Bogučar, 11 luglio 1826 – Mosca, 23 settembre 1871) è stato uno scrittore e linguista russo. È il più famoso dei folcloristi russi dell’Ottocento.

 

 

Nacque l’11 luglio 1826. Suo padre era un piccolo impiegato che passò la vita lavorando negli uffici di due località di second’ordine della gubernija di Voronež. Piccolo autodidatta provinciale, volle far studiare suo figlio, affidandolo a maestri e popi d’una rozzezza tanto caratteristica da farci pensare che Afanas’ev si ricordasse più tardi di questi suoi anni giovanili quando trascrisse con tanto gusto quei racconti del popolo che contenevano elementi satirici sulle scuole, sulle chiese e in genere sul piccolo mondo burocratico delle cittadine di provincia.

A Mosca si iscrisse alla facoltà di legge, ma si appassionò a tutti i vari aspetti, storici, letterari e non soltanto giuridici, della intensa vita intellettuale della vecchia capitale che dava allora i più visibili frutti degli anni ’40 e approfondiva in tutte le direzioni il dialogo tra occidentalisti e slavofili, tra romantici hegeliani e nuovi illuministi. Gli storici Granovskij e Solov’ëv, i giuristi Redkin e Kavelin, e soprattutto il glottologo, storico della religione e dell’arte F. I. Buslaev diedero ognuno ad Afanas’ev un incoraggiamento, un modello, un indirizzo. Forte fu su di lui l’impronta della scuola storico-giuridica che stava allora gettando le basi della moderna concezione dell’evoluzione dello stato russo. Ma più forte l’incitamento, dategli da Buslaev, a guardare alla lingua, alla sua struttura per ritrovarvi la chiave della storia e della coscienza popolare.

Nel 1849 Afanas’ev trovò il lavoro che gli si confaceva. Funzionario dell’Archivio centrale del Ministero degli Esteri, poté dedicarsi con passione alla pubblicazione di antiche carte e, insieme, godere di molto tempo libero. Scrisse così di storia della letteratura russa, di bibliografia; articoli minuti e precisi che dimostrano una tempra di ricercatore e studioso, ma che non hanno nulla di geniale. Tutto il calore dell’animo suo e la genialità del suo spirito si concentrava su un compito nuovo e appassionante: raccogliere, pubblicare e interpretare i racconti del popolo russo.

Diede mano al lavoro appena terminata l’università. Trovò un vasto materiale già trascritto dal celebre lessicografo Dal’, altro se ne procurò egli stesso dalla viva voce dei contadini, né mai si stancò di raffrontare tutto quanto riuscì così a mettere insieme. Quando cominciò a pubblicare le sue raccolte non esisteva in Russia che qualche modesto tentativo di offrire una raccolta di racconti popolari, come quello di I. P. Sacharov, pubblicato nel 1841. Un minimo di pratica filologica bastava a scoprire che si trattava di compilazioni senza alcun valore artistico o scientifico. È facile perciò comprendere l’eco profonda che accompagnò la pubblicazione di Afanas’ev, scaglionata per un periodo di nove anni, dal 1855 al 1864, in otto volumetti. Per la prima volta si poterono leggere nel loro assieme, in una versione fedele e vivace, quelle favole che per secoli avevano accompagnato la vita dei contadini, che le balie avevano raccontato ai giovani figli dei signori, che erano state stampate talvolta su fogli volanti che i muziki si erano comperati al mercato, ma che solo l’animo e la cultura romantica di Afanas’ev portavano ora alla luce della letteratura russa. Né l’eco doveva più smorzarsi nel secolo che oramai è passato dai primi tentativi di Afanas’ev per pubblicare la sua raccolta. Dalle discussioni scientifiche allora suscitate nelle riviste come il Sovremennik (“Il Contemporaneo”) ai musicisti russi e infine alla visibile impronta che queste favole hanno lasciato nel mondo poetico di Esenin, il riecheggiamento è stato vario e continuo.

Seguendo le tracce dei fratelli Grimm – di cui egli studiò le opere con particolare attenzione – anche Afanas’ev cercò di penetrare fino al significato primitivo, religioso e mitologico delle favole che aveva raccolto. In una sua opera altrettanto fantastica quanto mirabile per larghezza di conoscenze e per acute singole intuizioni, egli cercò di ricostruire le “concezioni poetiche degli slavi sulla natura” e di studiare tutti quegli elementi dei racconti popolari che potevano essere interpretati come trasposizioni dei fenomeni della natura, sole, stelle, pioggia, acqua e tempesta. Tutta la sua concezione, che egli derivava dal romanticismo tedesco, è stata giustamente criticata ed è ormai un curioso documento della cultura europea del secolo scorso.

 

segue: 

https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr_Nikolaevi%C4%8D_Afanas%27ev

 

 

 

 

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1 risposta a Aleksandr N. Afanasjev, Favola del principe Ivan, dell’uccello di fuoco e del lupo grigio- alcune delle illustrazioni sono del grande Ivan Jakovlevič Bilibin

  1. ueue scrive:

    Le fiabe in genere accarezzano una parte della nostra mente e dell’anima: un mondo dove tutto è possibile, dove l’amore e la crudeltà coesistono senza che la cosa ci disturbi troppo, come succede invece nel mondo reale. E’ una pausa che si concede la nostra mente, un mondo fantastico che riesce a non farci male.

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