MAURO PASQUINI, Il governo deve ripristinare Italia Sicura – LINKIESTA 19 MAGGIO 2023 ++ Veronica Ulivieri, Dissesto, il governo chiude Italia Sicura: “No a enti inutili” IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 LUGLIO 2018

 

 

LINKIESTA

19 MAGGIO 2023

Per prevenire frane e alluvioni, il governo deve ripristinare Italia Sicura

 

 

Intervento strutturale. Per prevenire frane e alluvioni, il governo deve ripristinare Italia Sicura

Nel 2018 Giuseppe Conte ha chiuso la task force istituita per combattere il dissesto idrogeologico. Ora le informazioni necessarie per coordinare gli investimenti «sono ridiventate lacunose, non aggiornate e difficilmente rintracciabili», spiega Mauro Grassi a Linkiesta

 

 

 

 

«La prevenzione non ha un grande appeal politico, perché se funziona nessuno se ne accorge. Un fiume che non esonda non fa notizia. E quindi non dà consenso politico. Molto meglio intervenire dopo un disastro, con la fascia tricolore e la promessa di fondi per ricostruire e ripristinare i danni. E un pianto per i morti». Questa l’amara constatazione di Mauro Grassi, l’uomo che, nel 2014, l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi volle alla guida di Italia Sicura,  la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, la cui principale finalità era «imprimere un’accelerazione all’attuazione degli interventi in materia di dissesto idrogeologico, nonché per lo sviluppo di infrastrutture idriche». Una task force governativa che in soli quattro anni aveva dato un forte impulso alla messa in sicurezza del nostro paese, aprendo 1445 cantieri per complessivi 1,4 miliardi di finanziamenti.

Nel 2018, lo stop. Arriva il primo governo Conte, quello gialloverde. E fra i primi atti del nuovo esecutivo, vi è la dismissione di Italia Sicura, in ossequio alla logica miope e suicida della frammentazione dei compiti, utile a sua volta alla moltiplicazione degli incarichi nonché alla negazione dei meriti altrui per meglio coprire i propri limiti. Ed eccoci di nuovo qui. Pochi mesi fa Ischia, oggi l’Emilia Romagna. Da sempre intrappolati in questo giorno della marmotta fatto di disastri, ai quali segue indignazione, infine le solenni promesse. Poi, qualche nuova crisi piomba a rapire l’interesse dell’opinione pubblica e a cancellare tutto. E via così, da un’incompiutezza all’altra.

Secondo l’ISPRA, sette milioni di italiani vivono in zone a rischio di frana e alluvione. Mentre riguardo all’attuazione di interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico del territorio, impietoso è il dato che emerge da un’analisi della Corte dei Conti, datata ottobre 2021. Viene infatti evidenziata «l’inefficacia delle misure adottate, testimoniata dalla scarsa capacità di spesa e di realizzazione dei progetti e dalla natura prevalentemente emergenziale degli interventi». Tra le criticità viene sottolineata «la lentezza nell’attuazione degli interventi …, insieme alle vischiosità dei processi decisionali, alla mancanza di una vera pianificazione del territorio, alla carenza di profili tecnici adeguati all’interno degli enti territoriali».

Pertanto, al di là dei meriti o demeriti di singoli amministratori locali capaci o incapaci, emerge l’assoluta inadeguatezza del sistema a rispondere a calamità di crescente gravità e frequenza. Una progressione il cui parallelismo con il peggioramento degli eventi legati al cambiamento climatico è ormai innegabile. E aver «fatto sparire la trasparenza» nella progettazione da parte del governo Conte I, come accusa Erasmo De Angelis, ha fortemente contribuito a intrappolare l’Italia nelle pastoie della burocrazia, coi risultati che vediamo: morte, distruzione, progetti di una vita polverizzati in un attimo, economie locali spazzate via. «Gli ostacoli», specifica Grassi, «sono perlopiù di ordine burocratico e di disattenzione della politica. Troppi enti che hanno competenze, troppa frammentazione e scarsa preparazione tecnica nella gestione di un Piano. Si è sempre lavorato per compartimenti stagni e per input di breve periodo. Spesso sulla spinta emotiva di qualche disastro».

Una differenza abissale, ci spiega Grassi, sia dal punto di vista organizzativo sia da quello operativo, con il modello adottato da Italia sicura: «avevamo introdotto, forse per la prima volta in questo settore, la logica del Piano di lungo periodo. Con una Governance forte al “centro” (un unico centro di coordinamento) e una forte in “periferia” (il Presidente di Regione come Commissario di Governo). Italia Sicura gestiva sia le fasi di realizzazione del Piano sia quelle della sua esecuzione. Intervenendo laddove e allorquando si verificassero inerzie, ritardi e blocchi».

Mauro Grassi evidenzia poi come in un Paese che vive di “annuncite” e muore di immobilismo, Italia Sicura rappresentasse un modello virtuoso a cui rifarsi. Dimostrava che, se si vuole e si è capaci, le cose si possono davvero realizzare. Infatti, dell’ambizioso piano che prevedeva oltre 10 mila opere per un totale di 35 miliardi, già erano state appostate risorse per oltre 10 miliardi. E come già detto a inizio articolo, ben 1,4 miliardi erano già stati impiegati per aprire 1445 cantieri. Con orgoglio ma senza enfasi, Grassi afferma che «era l’inizio, ma era un buon inizio».

Per questo, prosegue, «la cancellazione di Italia Sicura ha ricacciato il sistema di prevenzione nel vecchio alveo con i vecchi vizi: frammentazione degli enti e delle risorse e quindi delle azioni, nessun coordinamento, visione di breve periodo, scarsa attenzione all’apertura dei cantieri, nessun intervento centrale su ritardi e inerzie delle regioni e dei comuni. Nei fatti si è bloccato l’avvio del Piano ed è ripreso il solito percorso lento e disarticolato sulla prevenzione strutturale».

 

Un paradosso nel paradosso è poi rappresentato dall’aspetto informativo. Un partito, il Movimento 5 stelle, che almeno a parole aveva fatto della trasparenza la sua bandiera, dà pieno mandato all’allora neofita Giuseppe Conte per abolire una struttura che la trasparenza la metteva in pratica. «Con Italia Sicura si poteva sapere tutto su risorse e impegni del Piano solo con un click. Ora le informazioni sono ridiventate lacunose, non aggiornate e difficilmente rintracciabili».

 

A fare da sfondo a queste deleterie sbandate recenti, le annose, incancrenite piaghe della mancanza di cultura del rispetto del territorio e dell’abusivismo. Due realtà complementari, che con la loro micidiale simbiosi hanno reso ampie aree del Paese un colabrodo, pronte a diventare teatro di nuove tragedie. Occorre «prima di tutto conoscere il territorio e i suoi rischi naturali. E in Italia non manca nulla: alluvioni, frane, terremoti, siccità, incendi, bradisismi e così via. Quindi fare una doppia opera di prevenzione. La prima è quella di gestire bene la presenza dell’uomo sul territorio. Quindi niente abusivismi, consumo di suolo eccessivo, edificazioni selvagge. La seconda è quella di fare opere di prevenzione strutturale (dighe, aree di laminazione, scolmatori, etc) e non strutturale (allertamenti, esercitazioni, formazione, etc). Per fare tutto ciò occorre un Piano nazionale di lungo periodo (almeno ventennale) e un soggetto centrale in grado di gestirlo e di coordinare tutti i soggetti coinvolti».

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 LUGLIO 2018
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/12/dissesto-il-governo-chiude-italia-sicura-no-a-enti-inutili-gli-esperti-utile-per-coordinare-regioni-da-non-lasciare-sole/4477459/

 

Dissesto, il governo chiude Italia Sicura: “No a enti inutili”. Gli esperti: “Utile per coordinare, Regioni da non lasciare sole”

Dissesto, il governo chiude Italia Sicura: “No a enti inutili”. Gli esperti: “Utile per coordinare, Regioni da non lasciare sole”

La struttura fu aperta a Palazzo Chigi e coordinava tutti i ministeri coinvolti sulla messa in sicurezza del territorio. L’ex capo D’Angelis: “Sbloccati in 3 anni 1300 cantieri, 900 chiusi. Riportare tutto sotto al ministero? Nessun problema se resterà l’integrazione delle competenze”. Il ministro Costa parla di prevenzione come “priorità”, ma ingegneri e tecnici aspettano di capire quale sarà la linea: “L’importante è che gli enti locali non restino soli”

 

 

 

Mentre il presidente della Regione Calabria e il sindaco di Cosenza ricevono un avviso di garanzia per disastro colposo in seguito all’alluvione del 2015 e il Nord Italia conta i danni dei nubifragi di questi giorni, la polemica sulla cancellazione di Italia Sicura continua.

Matteo Renzi, suo ideatore nel 2014, che definisce la mossa del nuovo governo “un azzardo”, i Cinquestelle parlano invece di “affidamenti opinabili, scarsa efficacia e scarse competenze”. La struttura di missione alle dirette dipendenze di Palazzo Chigi è stata chiusa da un decreto approvato nell’ultimo Consiglio dei ministri, che ha trasferito al ministero dell’Ambiente “i compiti in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza del suolo e di sviluppo delle infrastrutture idriche”. Dovrebbero invece tornare al ministero dell’Istruzione le competenze sull’edilizia scolastica, che il governo Renzi aveva trasferito a una divisione di Italia Sicura.

 

La lotta per ridurre al minimo i danni di frane e alluvioni è fondamentale per l’Italia. Secondo Legambiente nelle aree a rischio vivono o lavorano 7,5 milioni di cittadini e nel 70 per cento dei Comuni in zone fragili si trovano abitazioni, nel 27 per cento interi quartieri e nel 15 per cento scuole e ospedali. Il 9 per cento delle amministrazioni ha tombato tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, pagando però un conto salato: negli ultimi tre anni, infatti, i danni causati dal maltempo sono stati in Italia quasi 8 miliardi di euro.

 

 

Il coordinamento tra oltre 3600 enti

 

Cosa faceva questa struttura di missione e quali risultati ha prodotto? “Italia sicura svolgeva un lavoro di integrazione di competenze e di coordinamento dei ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture, dell’Agricoltura, dei Beni culturali, dell’Economia, e poi anche delle Regioni e di altri 3.600 enti sparsi sul territorio sul tema delle opere di contrasto al dissesto idrogeologico”, spiega a ilfattoquotidiano.it Erasmo D’Angelis, fino a un anno fa coordinatore di Italia Sicura. Dunque un lavoro di facilitazione del dialogo e degli iter.

Secondo l’ultimo Piano nazionale presentato dalla struttura l’anno scorso, a giugno 2014 risultavano bloccati 1.781 cantieri per circa 2,3 miliardi di euro. Ad aprile 2017 1.337 erano stati sbloccati e di questi 891 chiusi.

Genova, una delle città più fragili dal punto di vista idrogeologico, per esempio, risultano in fase di chiusura i lavori di sistemazione idraulica del torrente Chiaravagna, per 2,7 milioni di euro, o la pulizia dello sfocio di Rio San Pietro, a Genova Pra, per il valore di 250mila euro, mentre è in esecuzione la sistemazione della copertura del Bisagno, per un valore di 35 milioni.

Le opere invece di cui si prevede la costruzione da qui a 15 anni sono quasi 9.400 per un valore totale di circa 27 miliardi di euro.

Solo un migliaio però hanno già il progetto esecutivo e risultano immediatamente realizzabili, mentre circa 6.800 sono ferme al progetto preliminare o, ancora prima, allo studio di fattibilità. Dei 27 miliardi, nel piano finanziario 2015-23 di Italia sicura ce ne erano quasi 10 già stanziati, mentre il resto è da trovare. Sul fronte delle scuole, invece, sono stati costruiti 300 nuovi edifici scolastici e allentati i vincoli di bilancio degli enti locali per circa 1,2 miliardi di euro, che hanno finanziato un migliaio di interventi.

 

 

Costa: “Prevenzione e no enti inutili”

 

 

SERGIO COSTA

 

In audizione al Senato, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha chiarito che il contrasto al dissesto idrogeologico rientra tra le priorità del suo dicastero. Il titolare dell’Ambiente ha detto di voler mettere in campo azioni di prevenzione e “una necessaria attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, in particolare, riportando in capo al ministero dell’Ambiente la diretta competenza sul tema (…) evitando gli ulteriori costi per la finanza pubblica richiesti dalle strutture create ad hoc dai precedenti governi presso la presidenza del Consiglio”.

D’Angelis da parte sua spegne le polemiche e si dice “sicuro che il lavoro possa essere svolto con grande serietà anche dal ministero, se questo manterrà l’integrazione delle competenze. Stimo il ministro Costa, conosce bene le problematiche dei territori”. Su come si vuole gestire la partita tutti attendono spiegazioni.

“Il ministro dovrebbe spiegare come intenda mantenere il tema del dissesto idrogeologico tra le priorità e mandare un messaggio preciso ai cittadini che questo problema non sarà dimenticato”, aggiunge Claps.

Le stesse associazioni ambientaliste avevano chiesto a Costa, durante un incontro qualche settimana fa, di chiarire le funzioni di Italia sicura e la reazione adesso è di attesa per vedere come si tradurrà concretamente il passaggio di competenze. Al momento non ci sono però dettagli pratici.

Sempre al Senato, il titolare dell’Ambiente ha dichiarato, tra le altre cose, la sua intenzione di sbloccare i fondi per la tutela idrologica del territorio, dare “il necessario supporto nella progettazione degli interventi prioritari per la mitigazione del rischio tramite accordi di programma” con le Regioni, prestare particolare attenzione allo stato di salute dei boschi come strumenti di prevenzione dei rischi idrologici, attivare processi di tutela sperimentale dei corsi d’acqua e dei fiumi.

 

M5s: “Italia sicura spot di Renzi, affidamenti opinabili”

Qualche dettaglio in più trapela invece sulle motivazioni che hanno spinto il governo a smantellare la struttura di missione creata da Renzi. “Italia Sicura è stata un modo per il precedente governo di presidiare le grandi emergenze, uno spot di Renzi. Da tempo volevamo riportare le competenze del dissesto idrogeologico sotto il ministero dell’Ambiente”, spieganoilfatto.it fonti di maggioranza dei Cinquestelle.

Accanto a questi aspetti, vengono evidenziate anche criticità nella gestione: “L’unità di missione non è mai stata efficace nelle emergenze, non c’erano competenze adeguate al suo interno. Sono state tolte risorse al ministero, ma sul fronte della prevenzione del rischio non è stato fatto nulla. Per quanto riguarda invece gli appalti, si è assistito in molti casi ad affidamenti opinabili”.

 

Gli esperti: “Utile l’approccio di integrazione, non lasciare sole le Regioni”


“Italia sicura era una struttura utile, mi ha stupito che sia stata chiusa. Ha avuto il merito di attuare una visione integrata, anche se migliorabile, del problema della sicurezza idrogeologica del territorio”, spiega Alessandro De Carli, componente del comitato scientifico dell’Associazione ingegneri ambientali. “Ha avuto il merito di alzare la qualità della progettazione delle opere e dare trasparenza sulla realizzazione di queste infrastrutture”, aggiunge Pierluigi Claps, docente di Idrologia al Politecnico di Torino, che prosegue: “Italia Sicura non ha impresso una particolare svolta, non saprei dire se lo stesso lavoro avrebbe potuto farlo anche un ministero. Mi auguro solo che non si torni indietro, lasciare di nuovo isolate le Regioni vorrebbe dire non garantire uguale protezione a tutti i cittadini”. Per quanto riguarda invece l’edilizia scolastica, Legambiente e Cittadinanzattiva chiedono al governo impegni certi e dettagli su “come saranno suddivise le competenze di questa struttura per non disperdere quanto finora fatto e continuare a fornire supporto alle amministrazioni competenti”.

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