lucia davi @DavLucia- link su X sotto : UMBERTO BOCCIONI — Venezia con il Canal Grande 1907 – grazie !|

 

 

 

 

LUCIA DAVI  X 

lucia davi @DavLucia

 

 

 

Immagine

Venezia con il Canal Grande 1907

 

 

 

 

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it:Emilio Sommariva

 

 

I genitori di Umberto erano Raffaele Boccioni e Cecilia Forlani, originari di Morciano di Romagna (25 km da Rimini). Il padre, che lavorava come usciere di prefettura, fu costretto a spostarsi in varie città d’Italia in base alle esigenze di servizio. Umberto nacque il 19 ottobre 1882 a Reggio Calabria; qui frequentò le prime classi delle elementari, successivamente la famiglia si trasferì a Forlì, poi a Genova
e a Padova. Nel 1897 giunse l’ordine di un nuovo trasferimento a Catania. Questa volta la famiglia si separò: Umberto e il padre andarono in Sicilia; la madre con la sorella maggiore Amelia, nata a Roma, restarono in Veneto. A Catania Umberto frequentò l’istituto tecnico fino a ottenere il diploma. Collaborò con alcuni giornali locali e scrisse il suo primo romanzo: Pene dell’anima che reca la data 6 luglio 1900.

Nel 1901 Umberto si trasferisce a Roma.

A Parigi (  (aprile-agosto 1906), conosce Augusta Popoff: dalla loro relazione nascerà nell’aprile 1907 un figlio, Pëtr (Pietro).

Nell’autunno del 1907 per la prima volta andò a Milano, dove da alcuni mesi abitavano la madre e la sorella.

Incontro con i Futuristi

Nella scultura di Boccioni, per la quale spesso l’artista trascurò i materiali nobili come marmo e bronzo, preferendo il legno, il ferro e il vetro. Ciò che gli interessava era illustrare l’interazione di un oggetto in movimento con lo spazio circostante. Pochissime sue sculture sono sopravvissute.

meglio seguire nel link di Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Boccioni

 

 

 

 

 

LA FASE FUTURISTA INIZIO

 

 

 

1910 — La città che sale– BOZZETTO DI BRERA

 

La città che sale è un dipinto a olio su tela (199,3×301 cm) realizzato negli spazi della Società Umanitaria di Milano tra il 1910 ed il 1911 dal pittore italiano futurista Umberto Boccioni.

Nel 1912 il quadro fu acquistato dal musicista Ferruccio Busoni nel corso della mostra d’opere futuriste itinerante in Europa. È oggi esposto al Museum of Modern Art di New York. Il bozzetto preparatorio è esposto nella collezione della Pinacoteca di Brera a Milano.

Nonostante la presenza di elementi realistici come il cantiere o la costruzione, ed ancora la resa dello spazio in maniera prospettica, il dipinto viene considerato la prima opera veramente futurista del pittore reggino, pur non discostandosi molto dai quadri analoghi degli anni precedenti, nei quali le periferie urbane erano il soggetto principale. In questo dipinto viene parzialmente abbandonata la visione naturalistica dei quadri precedenti, per lasciare il posto ad una visione più movimentata e dinamica.

Si coglie la visione di palazzi in costruzione in una periferia urbana, mentre compaiono ciminiere e impalcature solo nella parte superiore. Gran parte dello spazio è invece occupato da uomini e da cavalli, fusi esasperatamente insieme in uno sforzo dinamico. In tal modo Boccioni mette in risalto alcuni tra gli elementi più tipici del futurismo, quali l’esaltazione del lavoro dell’uomo e l’importanza della città moderna plasmata sulle esigenze del nuovo concetto di uomo del futuro.
l’intento dell’artista è di dipingere il frutto del nostro tempo industriale.

 

 

 

in questa riproduzione di Wikipedia dove è fotografata soprattutto la parte più bassa del quadro, si riesce a seguire cosa dice il commento di Wikipedia– Quello sopra ( lo vedo solo adesso) è il bozzetto dell’opera conservato a Brera

 

 

 

 

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C’è un altro BOZZETTO DELLA COLLEZIONE MATTIOLI
Umberto Boccioni – Fotografia autoprodotta

 

 

 

 

IL BOZZETTO DI BRERA, IN PICCOLO, LASCIA SCORGERE I CAVALLI..

nel grande mi ci ero persa nelle luci e colori

 

 

 

La composizione può essere divisa in tre fasce orizzontali che corrispondono ad altrettanti piani:

  1. in basso Boccioni colloca le figure umane realizzate secondo linee oblique che ne evidenziano lo sforzo dinamico.
  2. al centro dominano delle figure di cavalli, tra le quali ne risaltano quattro, gli ultimi tre hanno una colorazione rossa e dei profili di colore blu che rappresentano i cavalieri sulla groppa:
    1. uno bianco a sinistra che rivolge lo sguardo verso destra,
    2. uno al centro che domina il centro del quadro,
    3. uno sulla sinistra, poco più su di quello bianco, col muso verso l’alto e la bocca aperta.
    4. uno sulla destra che volge il muso verso il centro del quadro.
    5. l’ultimo sempre sulla destra, sopra il quarto, indirizzato verso l’esterno dell’opera.
  3. nel terzo piano appare lo sfondo di una periferia urbana, che probabilmente andrebbe identificata con un quartiere di Milano in costruzione.

 

da :
https://it.wikipedia.org/wiki/La_citt%C3%A0_che_sale

 

 

 

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ALTRA OPERA :  ” RISSA  IN GALLERIA “- 1910

 

 

 

Rissa in Galleria– 1910

 

 

dettaglio di Rissa in Galleria, 1910

 

 

 

altro dettaglio, 1910

 

 

 

 

CHI VOLESSE SVAGARSI CON QUALCHE PETTEGOLEZZO SU BOCCIONI E ALTRI:

 

UMBERTO BOCCIONI E LA PRINCIPESSA VITTORIA COLONNA DI TEANO –ISOLINO SAN GIOVANNI… LUGLIO 1916 + ALTRE STORIE – ARTURO TOSCANINI E ADA MAINARDI… CE LE RACCONTA LINDA TERZIROLI DI PANGEA, 4 GENNAIO 2020

 

 

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ADA COLLEONI MAINARDI

 

Ada Colleoni, l’ombra addosso

Ada Colleoni

Alias

Ada Colleoni, l’ombra addosso

Storie/Come la relazione clandestina con Arturo Toscanini ha oscurato la carriera della pianista 

Della vita artistica della musicista bergamasca si conosce ben poco, mentre molto si sa del suo rapporto con il geniale direttore d’orchestra

 

 

Marco Ranaldi

Il nome di Ada Colleoni apparentemente non dovrebbe ricordarci nulla eppure se al suo cognome natio si affianca quello del marito, ossia Enrico Mainardi ecco che nella memoria collettiva la si associa a una lunga e burrascosa relazione con Arturo Toscanini. Facile quindi evocare la figura del grande direttore d’orchestra, difficile invece scrivere di una pianista che in un periodo molto difficile della vita europea, provò a portare avanti la sua carriera di musicista, fra non pochi ostacoli, fra cui proprio Arturo Toscanini.

Ada Colleoni nasce a Bergamo nel 1897 e la sua discendenza è molto antica poiché suo lontano avo fu Colleoni Bartolomeo condottiero che rimase famoso nella storia. Ada invece rimase famosa, suo malgrado proprio per quella relazione extraconiugale con Arturo Toscanini che vezzosamente si firmava «Artù». E tutto questo è diventato di dominio pubblico quando Harvey Sachs pubblicò nel suo sontuoso Nel mio cuore troppo d’assoluto (Garzanti, 2005 riedito come Lettere Saggiatore, 2017) gran parte di quel rapporto che Toscanini soleva vergare e poi spedire alla sua amata. Questo potrebbe bastare per capire quale fosse il livello d’intensità di un rapporto amoroso, ma come è spesso successo, l’ombra sulla Colleoni è stata così oscurante che della sua carriera come pianista si sa poco o niente. E questo per una donna del suo tempo è importante, poiché la sua professionalità in un campo assolutamente maschile, è stata quindi oscurata proprio dalla relazione con Toscanini.

NESSUNA TRACCIA

In verità Colleoni ebbe una sua intensa vita da pianista con il marito violoncellista Enrico Mainardi e da solista. La difficoltà però sta nel reperire le fonti poiché su di lei poche o scarse notizie abbiamo rinvenuto, addirittura sul luogo del suo decesso avvenuto nel 1979 sembra che ci sia qualche dubbio. Ma procediamo con ordine. Ada Colleoni nasce a Bergamo e frequenta una delle classi di pianoforte presso il Conservatorio «G. Verdi» di Milano. Purtroppo nessuna notizia è giunta dal Conservatorio milanese sul curriculum della Colleoni e questo conferma l’idea della ricerca ossia che di questa pianista si siano perse le tracce e su di lei solo poche notizie. Quello che conferma la sua esistenza come pianista è proprio la fortuita raccolta di lettere scritte da Arturo Toscani nel corso degli anni.
Si conobbero nel 1917 grazie all’unione della Colleoni con il violoncellista Enrico Mainardi. Di quest’ultima sappiamo, anche grazie ai riferimenti di Toscanini che ebbe una intensa attività concertistica prevalentemente in duo con il marito. Toscanini intrattenne con la Colleoni una corrispondenza che iniziò nel 1933 e terminò nel 1940.

Questo corpus di 600 lettere e di 300 telegrammi fu venduto ad un’asta della Casa Stargardt di Berlino per una cifra pari a settanta milioni di lire versate da parte di un collezionista tedesco che a sua volta le cedette a dei privati. Poi dopo una serie di traversie il corpus è stato recepito dalla Società del Quartetto e quindi depositato a Milano grazie alla mediazione di Harvey Sachs, autore della monumentale raccolta precedentemente citata.

È evidente come la figura di una donna in un periodo nel quale la supremazia maschile era massificante, soprattutto nel campo della musica, abbia un ruolo importante e interessante. A parte le qualità pianistiche della Colleoni ciò che sorprende è la sua estrema freschezza nel gestire un rapporto difficile con uno degli artisti più geniali dello scorso secolo. Sicuramente il suo spirito e il suo essere musicista aiutò non poco a rendere la vita artistica e sentimentale di Toscanini migliore.

In molte missive infatti il direttore esprime giudizi, pareri, critiche relative proprio al campo di appartenenza e sovente vi è la richiesta di un parere, di una risposta. Rammarica però il fatto che della Colleoni, una delle non molte pianiste della sua generazione, rimanga, come detto, poca memoria. Non esistono sue incisioni, quelle del marito Mainardi (e anch’esse non sono molte) sono realizzate con altri pianisti. Di lei, della sua carriera sappiamo qualche cosa grazie alle indicazioni forniteci dallo stesso Toscanini che le scrive fra una sua tournée e l’altra. Poi ad un certo punto la Colleoni decide di interrompere la sua attività pianistica e non sappiamo se continuò insegnando. È noto che la relazione con Mainardi non fu mai interrotta, ma è possibile che fra i due si creò un distacco sia professionale che affettivo. La loro collaborazione è testimoniata da un unico programma di sala rinvenuto, relativo ad un concerto tenuto dal duo il 24 novembre 1939 a Velika Dvorana nella allora Cecoslovacchia; nel programma presentato il duo eseguì un Adagio di Tartini, una Sonata in La diesis di Boccherini, la Fantasia op. 73 di Schumann, la Melodia di Renzo Rossellini e la Tarantella di Casella. Un repertorio quindi molto particolare specie per la presenza delle due composizioni di Rossellini e di Casella, autori dalla scrittura non facile. Sappiamo anche che a fine novembre del 1933 ella fu in tournée con il marito e certamente si esibirono a Berlino, città nella quale si trasferirono.

IL «SOGNO»

Toscanini che aveva deciso di rompere ogni indugio con la Germania nazista non accettava che la coppia Mainardi vi si recasse e suonasse per i tedeschi così come scrive in una lettera del 12 agosto 1937: «Mi hai dato un grande dispiacere… Potevi risparmiartelo… Perché sei andata a Bayreuth? Non avevi l’obbligo. Chi ti ha invitata? Furtwangler? Tu e tuo marito avete stomaco sano!». Ma Toscanini ha anche la volontà di parlare alla Colleoni come pianista e lo fa spesso, quando la incita e scrive: «Studia il pianoforte. Suona musica di Brahms (…) Studia i due concerti»(lettera del 7 marzo 1937). E ancora: «Sai che oggi mi era passato per la mente di trascriverti a memoria quella bella melodia per piano di Catalani Sogno perché tu la impari e la suoni mentre ti sono lontano? Lo farò uno di questi giorni… Voglio che tu abbia avanti gli occhi una cosa che amo tanto e che ho quasi visto nascere. Dobbiamo avere qualche cosa che ci unisca spiritualmente anche nella musica… Quella melodia non passa – non dico giorno – ma settimana che non la suoni. È un riavvicinamento a quel caro spirito che mi adorava e che devo a lui se incominciai in Italia la mia carriera direttoriale… A Torino coll’Edmea… Novembre 1886. E ti piacerà – sono certo – non può mancare di piacerti… Sono veramente delle note di sogno… Chi sa – forse un giorno la suoneremo vicendevolmente… Faremo una sfida.. Tu sei più pianista, io non ho mai potuto fare una scala con la stessa digitazione, ero la disperazione del mio maestro… Amavo il pianoforte solo perché mi dava il mezzo di conoscere della musica. Quante volte Catalani me la faceva suonare, non so dirti… Concludeva sempre – pare musica tua – io che l’ho scritta non la rendo come la rendi tu».

È commovente ciò che scrive Toscanini e soprattutto è interessante la stima che avesse per la pianista Colleoni. Non hanno mai suonato assieme ma ella non era famosa mentre Toscanini lo era molto e com’è ovvio i suoi esecutori dovevano godere di una fama analoga. È certo però che della Colleoni dobbiamo comprendere come fosse difficile imporsi anche con la presenza di Toscanini al quale, probabilmente non si è mai rivolta per avere raccomandazioni o per diventare «famosa». Una sua dignità certamente, un rapporto d’amore intellettuale, una storia di rara bellezza e intelligenza. In buona memoria di una donna dimenticata.

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