IL FATTO QUOTDIANO DEL 20 AGOSTO 2018
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Esserci e scomparire con la Milena di Kafka
MILENA JESENSKA’
di Furio Colombo | 20 agosto 2018
Qui non può trovarmi nessuno (editore Giometti&Antonello) è la trovata geniale nel contenuto e molto bella nel disegno della forma libro con cui un giovane editore marchigiano esordisce e si fa conoscere. Se fosse una occasione mondana si potrebbe dire: “Molto lieto”. Poiché è una inaugurazione, bisogna osservare subito che si tratta di una buona idea.
MILENA NEL 1917
La voce è quella di Milena Jesenská, la Milena di Frank Kafka. Chi ha curato con estrema attenzione i dettagli grafici e quelli di sequenza del materiale del volume ha voluto contrapporre alla voce di Kafka che scrive a Milena, la voce di una Milena giovane e colta, che scrive con un timbro preciso a un suo pubblico per parlare di eventi, di personaggi, di cultura, di idee in discussione, efficace cronista di un mondo borghese che sa molte cose e vuole discuterle in pubblico e confrontarle con altre voci.
MILENA A 13 ANNI
A volte c’è in questi testi la sfida deliberata del corsivista che vuole provocare opinioni e confrontarsi con visioni diverse. Oppure l’impegno a passare in rassegna cose appena accadute per collocarle in un suo posto giusto con una sicurezza simpatica, perché sempre ricca di citazioni e argomenti. Belle le pagine in cui affronta il tema del kitsch in tempo reale (quando l’identificazione del kitsch diventava argomento di discussione colta) e offre in anteprima tutte le motivazioni e le prove che diventeranno subito materiale d’obbligo della conversazione letteraria e di costume.
MILENA
Le pagine formano un quadro che a momenti è salotto, in un tempo in cui i salotti erano luoghi veri e non argomento di diffamazione, e in momenti diversi è strada, conversazione in pubblico con toni di arringa o, nel modo cordiale e disinvolto di questa Milena, la cadenza di una lezione.
Il risultato è un breve romanzo o diario che svela molto del tempo ma anche della vita di Kafka e intorno a Kafka (una cultura moderna e d’avanguardia ben conscia del passato e della storia) e ricorda certi quadri di interni borghesi di Gustav Klimt e di Egon Schiele. Insomma cose belle e di valore, non ancora riconosciute (non tutte) e per cui una nuova redattrice di cultura come Milena Jesenská, sentiva che valeva la pena battersi.
CLAUDIOCANAL.BLOGSPOT.COM/ 07/2010
http://claudiocanal.blogspot.com/2010/07/milena-jesenska-antenata-di-chi-si.html
MILENA
“Noi conosciamo perfettamente il passato e ce ne curiamo inutilmente giacché non possiamo cambiarlo; conosciamo perfettamente anche l’avvenire e ce ne curiamo non meno inutilmente giacché non siamo in grado di indovinarlo né di plasmarlo a nostro piacere. L’unica cosa di cui non sappiamo niente è il presente, questo pomeriggio, l’ora stessa che stiamo vivendo. Custodiamo il passato come un tesoro e speculiamo sull’avvenire, ma sprechiamo irrimediabilmente il presente. Siamo a malapena coscienti del fatto che la vita è proprio il presente, “unicamente” il presente. Così, prepariamo del tè e ci diciamo che ciò non è che un intermezzo tra quello che è stato e quello che sarà. Ma in realtà non è così, in realtà questa è la vita. La vita non è altro che questo. Senza glorie, banale, piena di delusioni, per meglio dire: un’unica grande delusione, un eterno stare seduti in sala d’attesa, un eterno aspettare un treno diretto che non viene.Ma questa radura sabbiosa piena di erica e di esili pinastri dalle chiome filtra la luce del sole, è stupenda, e tu, stupido cuore, non pensare adesso all’uomo che ti ama troppo o troppo poco, non pensare al mantello nuovo con la fodera vecchia o alla lettera che devi spedire all’ufficio delle imposte, non pensare ad altro che a ciò che vedi. Pensa esclusivamente a questo, coglilo nella sua pienezza, dimentica tutto il resto, senza essere triste o allegro, felice o pieno di desideri, perché tutto ciò è assurdo; sii presente e cerca, Dio mio, cerca di vedere soltanto quest’ora e di gustare tutto ciò che essa ti offre” [Národní Listy, 22 agosto 1926]
CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI RAVENSBRUCK DOVE MILENA MORI’ NEL MAGGIO DEL 1944
“La leggerezza è un dono di Dio. Nella leggerezza c’è più verità, più morale, più spirito. Le persone più leggere sono al tempo stesso le più pesanti e, giacché stanno alla sommità, sono sole” [Tribuna, 28 luglio 1928] anche se “Il lavoro del reporter assomiglia spesso a quello di una jena. Egli se ne va in giro col suo taccuino e si appunta le disgrazie altrui per riferirne sui giornali. Se lo facesse senza nutrire almeno un poco di speranza nell’utilità delle sue parole stampate, non meriterebbe neppure una stretta di mano” [Přitomnost, 27 ottobre 1937].
La pesantezza dei tempi non l’avrebbe fatta ricredere. La sua appassionata partecipazione al comunismo creativo degli anni Venti si trasforma in critica radicale del mito sovietico appena ha sentore della fine che vi fanno gli esuli austriaci, i combattenti in Spagna, i comunisti tedeschi:
“ Molti di loro sono stati arrestati, altri inviati, detenuti, in Siberia o nelle grandi zone industriali. A questo punto viene da chiedersi: chi ha veramente realizzato le grandi opere in Unione Sovietica, le dighe, le chiuse, i canali?” [Přitomnost, 8 marzo 1939]. Il confronto con il nazismo è diretto. L’Europa è divorata da un cancro e le metastasi stanno per invadere Praga: “Dabbasso, nel seminterrato, vivono anche due emigrati, due socialisti tedeschi. Hanno soltanto un permesso di soggiorno provvisorio, nessun altro documento, sono senza lavoro, e tutti gli abitanti del palazzo -cechi, tedeschi ed ebrei- sono alquanto infastiditi della loro presenza. Perché un emigrato – è un negro e, per giunta, un negro in mezzo a bianchi, fuori posto qui, damned nigger! In questi quattro anni l’Europa è cambiata al punto che oggi è piena di negri…” [Přitomnost, 30 marzo 1938].