23 LUGLIO 2013 ORE 07:34 BRAVO FERRUCCIO SANSA! “MISURA”, E’ LA PAROLA DIFFICILE. “NOI CHE CI SCUSIAMO DI ESSERE ITALIANI”

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Ferruccio Sansa
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Ferruccio Sansa

Giornalista

Biografia

Sono nato nel 1968. Ho sempre avuto difficoltà a parlare di me. O raccontavo un sacco di palle oppure me la cavavo con due parole. E poi se soltanto provo a descrivermi ai lettori, mi accorgo di avere le idee piuttosto confuse su me stesso. Se dovessi scrivere il mio curriculum, spenderei più tempo a raccontare quella volta che ho visto i delfini al largo della Corsica piuttosto che i giornali dove ho lavorato. Gli studi che ho fatto. Ogni giorno scriverei una biografia diversa. Dubito che a qualcuno interessi conoscere il mio passato al MessaggeroRepubblicaIl Secolo XIXLa Stampa, prima di approdare al Fatto. Se provassi a descrivere chi sono, tacerei i difetti o li pettinerei da pregi come fanno gli ospiti di Marzullo: tipo “sono troppo leale”. Forse l’unica cosa che ha un senso dire è… perché faccio questo lavoro. Non ho mai desiderato fare altro che il cronista, perché questo lavoro ti costringe a capire gli altri. Si alimenta di meraviglia e di curiosità. E’, in sostanza, una forma di passione per la vita. Oggi ho quarant’anni – anzi 41 – e sono arrivato al punto in cui devi decidere se rassegnarti perché intanto non cambierai niente o se provarci ancora. Per questo scrivo.

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DA JACK’S BLOG DI Politica, cultura

NOI CHE CI SCUSIAMO DI ESSERE ITALIANI (Ferruccio Sansa)

22 luglio 2013

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Dopo 64 “grazie” e 39 “mi scusi”. Dopo che hai sorriso all’albergatore che ti trattava a calci nel sedere, d’un tratto ti chiedi: perché appena passata la dogana ti sei messo a comportarti come nemmeno a casa Windsor?

No, non hai soldi nel baule. Il fatto è che all’estero ti senti in colpa. Hai paura di fare la figura del parente zozzone. Ti accade in Francia, figurati in Germania… roba che daresti la precedenza perfino alle auto in sosta per mostrarti ligio alle regole. Un brivido ti scende per la schiena al posto di blocco della gendarmeria francese o se il panettiere fa la domanda fatidica: “Da dove venite?”. “Sono italiano”, balbetti. Oddio, ora chiederà di Berlusconi, del bunga bunga, di mafia e corruzione.

Sì, ti senti a disagio perché sei italiano. Non hai mai sopportato lo snobismo di chi incensa gli altri Paesi. E denigra l’Italia. Eppure avverti addosso qualcosa, quasi un dolore. Ti ha preso appena dopo il tunnel del monte Bianco. Pensavi all’Italia che ti eri lasciato alle spalle e sentivi una stretta al cuore.

Il punto è che se guardi intorno ti sembra di scorgere qualcosa che in Italia non trovi. No, la Francia non è più bella. “Dai, francesi, provate a battere la Toscana!”, dici dentro di te. Per reggere il confronto bastano le colline del pavese, i rilievi che dalla pianura veneta salgono verso le Dolomiti. O i silenzi dell’Appennino, tra Rieti e L’Aquila, i crinali pieni di luce del Molise. Ti vengono in mente borghi semisconosciuti, ma straordinari: Triora, Greccio, Ceri. E l’antica Roma, il Rinascimento… voi ce l’avete? A ogni condominio transalpino che incroci, ammettilo, godi un po’. Ma il disagio resta.

Cos’ha questa Francia (ma varrebbe per Inghilterra, Germania, Norvegia…) che la tua Italia non ha più? É qualcosa che non vedi, ma percepisci ovunque. All’inizio pensi che siano i dettagli, la pietra chiara delle case da Nizza alla Bretagna, i municipi con la bandiera francese immacolata nei paesini di campagna. Oppure i platani dei viali, gli stessi dalla Corsica a Parigi. Non è mancanza di fantasia, piuttosto armonia, indizio di un progetto comune. Che abisso se la confronti con le casette senza stile, e pretenziose, delle nostre campagne. Ovunque diverse: ognuno ha un proprio disegno e al diavolo il resto! Ma è qualcosa che va ben oltre. Che sia la storia? Queste nazioni sono unite da secoli, ti dici, noi siamo la terra dei comuni. Vero, ma qui parliamo del presente. Magari del futuro.

Così torni in Italia senza risposta. Accanto sfilano i castelli della Val d’Aosta, le Langhe. Eppure c’è come un vuoto nel paesaggio. Finché, come folgorato, capisci: manca qualcosa che tenga tutto insieme. Qualcosa in cui riconoscersi per sentirsi tutelati, per fare grandi progetti. Manca lo Stato. Manchiamo soprattutto noi.

(Il Fatto Quotidiano)

 

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1 risposta a 23 LUGLIO 2013 ORE 07:34 BRAVO FERRUCCIO SANSA! “MISURA”, E’ LA PAROLA DIFFICILE. “NOI CHE CI SCUSIAMO DI ESSERE ITALIANI”

  1. nemo scrive:

    Sì, ‘manchiamo noi’ ….

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