CARLO BONOMI, PRESIDENTE DI ASSOLOMBARDA, AL TEATRO DELLA SCALA:::: NO A QUESTA MANOVRA ::: 1. ANSA.IT 18-10-2018 ; 2. REPUBBLICA DEL 19-10-2018, pag. 38

 

 

 

ANSA.IT  18-10-2018

http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2018/10/18/bonomi-assolombarda-non-fa-opposizione_c3314094-2fe9-4d81-85fc-369b4f24732b.html

 

 

Bonomi, Assolombarda non fa opposizione

Clima post voto 4 marzo non chiede a imprese di schierarsi

Assolombarda, la più grande organizzazione territoriale di Confindustria, non fa opposizione e “tifa da sempre per l’Italia”. Lo afferma il presidente Carlo Bonomi all’assemblea annuale in corso al Teatro alla Scala di Milano. “Il clima sociale e culturale che ha portato al voto dello scorso 4 marzo – scandisce – non chiede alle imprese di mettere in campo forme di opposizione ai partiti e al Governo” .
    “Noi – sottolinea – non tifiamo per questo o per quello né contro questo o quello, noi tifiamo per l’Italia da sempre”.
   “Le stime di maggior crescita del Pil del Governo non risultano credibili e il debito pubblico continuerà a salire”. Questo il giudizio del presidente di Assolombarda Carlo Bonomi sulla manovra economica del Governo. “Il punto – spiega il numero uno della più grande associazione di industriali in Italia – è tutto qui, il Governo del cambiamento non ha prodotto una manovra di vero cambiamento e tutti comprendiamo che il dividendo che si ricerca è quello elettorale e non della crescita” . “Noi non siamo quelli dei campi, che sfruttano col caporalato italiani e stranieri”. Lo ha detto il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, aggiungendo che “siamo stufi di essere confusi con chi lucra sulla fame, le leggi ci sono, lo Stato intervenga e li metta in galera” . Bonomi ha poi replicato al vicepresidente del consiglio Luigi Di Maio scandendo che “basta, una volta per tutte, dire che quelli sono imprenditori, noi con i delinquenti non abbiamo nulla a che fare e non siamo prenditori”, termine più volte utilizzato da Di Maio

REPUBBLICA DEL 19 -10-2018 pag. 

 

Gli industriali

I PRIMI NO DELLE IMPRESE

Roberto Rho

 

 

Dice in premessa che « noi imprenditori non tifiamo per questo o per quello, né per questo contro quello, ma da sempre per l’Italia». Eppure quello che sarà a lungo evocato come il ” discorso della Scala” del presidente di Assolombarda Carlo Bonomi suona come la più dura requisitoria ascoltata fin qui sui cinque mesi di sedicente ” governo del cambiamento”. Un discorso – pronunciato in occasione dell’assemblea generale della più grande associazione territoriale degli imprenditori nel tempio milanese della lirica – che scolpisce nella pietra del dibattito pubblico molti ” no” e qualche ” sì”. I ” no” a quasi tutto ciò che il governo legastellato ha fatto, i “sì” a ciò che non ha fatto. E basterebbe questo.

No allo Stato che chiude i negozi alla domenica. No allo Stato che crede (recidivo) di poter gestire il trasporto aereo. No allo Stato che si oppone alle grandi opere infrastrutturali, che chiama “prenditori” gli imprenditori, che, dopo una tragedia come quella del ponte Morandi, si propone di stracciare 35mila concessioni. No al reddito di cittadinanza. No ai prepensionamenti che aggravano il furto ai danni dei più giovani. No all’innalzamento del deficit se serve per aumentare la spesa corrente. No a un decreto fiscale che finisce per accrescere la confusione del nostro sistema tributario. E ancora, no agli attacchi alle Authority indipendenti e ai magistrati. No alla generale mancanza di responsabilità che travolge la fiducia nelle istituzioni (e sì al Presidente Mattarella). No allo Stato moralista che vuol essere padre e madre dei cittadini. No alle convocazioni a Palazzo Chigi delle imprese pubbliche per chieder loro «di far questo e quello». No alle promesse elettorali scassa-bilancio, senza impatto sulla crescita e sul lavoro. Sì a un grande programma pubblico- privato per l’industria e la manifattura. Sì all’investimento sugli Istituti tecnici superiori e sulle università, sì a un piano di investimenti pubblici per stimolare la crescita.

Il “discorso della Scala” è l’atto d’accusa più nitido e insieme la proposta di progetto alternativo per l’amministrazione del Paese che neppure l’afasica opposizione parlamentare al governo gialloverde ha saputo pronunciare. Ed è la frattura conclamata tra il ceto produttivo del Nord e il governo, dopo molti tentennamenti e qualche vistoso sbandamento anche da parte degli industriali. Inviperiti per il decreto dignità, ma solo su base locale (cioè nelle aree più sensibili del triangolo industriale) mentre a Roma l’opposizione dei vertici nazionali della Confindustria suonava assai più conciliante. Poi placati, quasi rabboniti dalla promessa ( Di Maio al Sole 24 Ore) di confermare gli incentivi del Piano Industria 4.0. Sconcertati a Breganze, Vicenza, quando il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia dichiarava che « di questo governo crediamo fortemente nella Lega » . Di nuovo preoccupati, poi spaventati, via via che le indiscrezioni prima e poi le bozze e i testi definitivi davano forma alla “manovra del popolo”.

Bonomi ha scavato un solco, evidente e profondo, nei rapporti tra gli imprenditori del Nord, che si sentono investiti del ruolo di artefici di «una nuova strategia di responsabilità nazionale » , e il governo del Paese. E ha scavato un solco forse anche negli equilibri della Confindustria, per quel che conta.

Tra la leadership romana (anche ieri Boccia assai meno netto di Bonomi), così sensibile agli interessi della sua constituency di grandi aziende pubbliche, e quella espressa dalle aree del Paese che in questi anni, soprattutto grazie all’export, si sono caricate sulle spalle l’impegno non lieve di trainare l’Italia fuori dalla recessione.

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