WALTER SICKERT ( 1860-1942 ) E’ UN GRANDE PITTORE INGLESE NATO IN GERMANIA A MONACO

 

 

 

 

 

Walter Sickert—Seekthetruth29

 

 

Walter Sickert nel 1911

George C. Beresford

 

 

 

Jack the Ripper’s Bedroom

Walter Sickert – Weird art gallery

Oil on canvas, 50.8 x 40.7 cm. Manchester City Gallery.

 

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AUTORITRATTO DEL 1907

 

 

WALTER SICKERT CON LA TESTA RASATA INTORNO AL 1920–FOTOGRAFO SCONOSCIUTO

 

Walter Richard Sickert (Monaco di Baviera, 31 maggio 1860 – Bath, 22 gennaio 1942) è stato un pittore inglese.

Walter Sickert nacque a Monaco di Baviera il 31 maggio 1860; la madre era anglo-irlandese e il padre era il pittore tedesco-danese Oswald Adalbert Sickert.Nel 1868 la famiglia Sickert si trasferì a Londra: tutto ciò influì molto su Walter Sickert, che si considerò sempre un artista cosmopolita.

Nonostante sia il padre che il nonno fossero pittori, inizialmente Sickert preferì dedicarsi al teatro, fino a quando riuscì ad entrare nello studio di James Abbott McNeill Whistler, di cui diventò uno degli allievi più dotati.Nel 1883 si trasferì per alcuni anni a Parigi e diventò allievo di Edgar Degas e di Camille Pissarro; in particolare, da Edgar Degas apprese a dipingere da disegni, da fotografie e sulla base di ricordi, oltre che dal vero.

A partire dal 1886 il suo stile, originariamente whistleriano nella tecnica e nei soggetti (paesaggi e vedute), si fece più “francese”, seguendo un eccentrico stile, eclettico e talvolta discontinuo, a metà tra impressionismo e modernismo.In quadri dotati di equilibrio e di spirito, Sickert privilegia soggetti della moderna vita urbana e alterna rappresentazioni di modeste stanze dei ceti meno agiati e della piccola borghesia a scintillanti e sfarzose scene d’ambientazione teatrale e di sale concerti, diventando inoltre assai noto come ritrattista.

Tornato a Londra, nel 1888 aderì al New English Art Club, nel cui ambito si impose come il capogruppo degli impressionisti inglesi.Sul finire del secolo, per sfuggire all’atmosfera moralistica e provinciale dell’età vittoriana, Sickert lasciò l’Inghilterra per trasferirsi a Dieppe, soggiornando spesso a Parigi e a Venezia.

 

Nel 1905 tornò nuovamente a Londra e divenne il principale esponente del Camden Town Group: il Camden Town Group fu un gruppo artistico inglese di matrice postimpressionista, la cui pittura si caratterizzò per una figurazione narrativa di tipo realista, privilegiando scene di vita urbana e quotidiana ambientate nella moderna metropoli.In particolare, Sickert spiccò per la sua pittura di nudi e figure in interni domestici spogli e disadorni, adottando una tavolozza dai colori cupi e dalle tonalità scure ed aspre.Mostre del gruppo, con opere tra gli altri di Augustus John e del futuro vorticista Wyndham Lewis, si tennero a Londra tra il 1911 e il 1912.

Da sempre ben in vista negli ambienti accademici, nel 1928 Sickert venne eletto presidente della Società degli Artisti Britannici e nel 1934 diventò membro della Reale Accademia.

Morì a Bath il 22 gennaio 1942.

 

 

Ritratto di Walter Richard Sickert e Thérèse Lessore c.1934–42

Fotografia, in bianco e nero, su carta, scattata da Ronald Schweder, nella loro casa di Thanet— Tate Archive

 

Nel 2002, Walter Sickert rientra tra i principali sospettati di essere stato il famigerato Jack lo Squartatore, l’autore degli storici omicidi avvenuti a Londra nell’estate del 1888, ancora oggi avvolti nel mistero.

A confermare l’ipotesi è la criminologa e autrice di romanzi Patricia Cornwell, la quale, dopo anni di studi relativi all’identità del famoso serial killer, ha pubblicato la sua tesi intitolata “Ritratto di un assassino:Jack lo squartatore – Caso chiuso”, nella quale spiega la sua teoria riguardo all’immagine di Jack lo squartatore celata nel pittore inglese.

 

Ritratto di Walter Richard Sickert, 1934–42 ca.

Fotografia, in bianco e nero, su carta, scattata da Ronald Schweder o Andrina Schweder (née Angus)

106 x 81 mm

Tate Archive

Elapsus

venerdì 8 gennaio 2010

https://web.archive.org/web/20170425031020/http://www.elapsus.it/2010/01/larte-protopop-di-walter-sickert.html

 

L’arte (proto) pop di Walter Sickert

Walter Sickert, foto di George Beresford

«Tutto è rappresentazione. Se reciti bene inganni gli altri, se reciti male inganni te stesso». Sarebbe piaciuta a Walter Sickert questa frase che Zhang Yimou mette in bocca ad una sua attrice in Lanterne rosse – se avesse potuto udirla, cinquant’anni dopo la sua morte.

 Immagine correlata

La scarpa rosa, 1904 –Olio su tela, 38 x 46 cm–Collezione privata, Inghilterra

Sickert nasce a Monaco di Baviera nel 1860, da un padre metà tedesco e metà danese e da una madre anglo-irlandese. Quando aveva otto anni tutta la famiglia si trasferisce a Londra e qui, dopo un’indifferenza iniziale, si dedica con passione alla pittura. Suo padre e suo nonno avevano reiterate confidenze con le tele che non hanno impedito al giovane Walter d’intraprende una propria strada, prima lavorando presso lo studio di Whistler (anche lui trasferitosi a Londra) e poi, nel 1883 quando si trasferì per alcuni anni a Parigi, nello studio di Degas e di Pisarro. L’incontro con la pittura francese sarà per lui, come per chiunque altro ne entrerà a contatto in quegli anni, decisiva.

 Walter Richard Sickert Tutt Art

Tornò a Londra mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti e diventando un nome di spicco degli impressionisti inglesi. Ma sarà solo nel 1909, dopo aver girovagato tra Parigi, Venezia e Dieppe, che Sickert, nuovamente a Londra, darà vita al Camden Town Group.

L’intensa relazione che le sue tele vivono col mondo della miseria e degli emarginati deve senza dubbio alla ricerca dei francesi e ha procurato più di una volta, a lui e al suo gruppo, l’appellativo di neo-realisti. Ma l’opera di Sickert si stacca decisamente dagli altri componenti del gruppo di Camden (a cui presero parte anche il futuro vorticista Wyndham Lewis e Lucien Pisarro, il figlio di Camille) per la sua capacità di lavorare su un concetto molto moderno e fino ad allora poco praticato: l’ambiguità dell’immagine.

In una della sue tele più note, L’Affaire de Camden Town ( VEDI SOTTO ),  Sickert dipinge una stanza modesta e una donna riversa sul letto, completamente nuda; di fronte a lei, in piedi, un uomo la scruta pensieroso. Il titolo originale del quadro (e anche la traduzione che spesso in italiano se ne è data, L’assassinio di Camden Town), sembra suggerire un delitto, magari uno strangolamento e una violenza carnale. Ma Sickert ha successivamente ridipinto la stessa scena dandogli titoli differenti: Come faremo per l’affitto? e Pomeriggio d’estate, titoli che, sebbene descrivano situazioni completamente differenti, possono perfettamente attribuirsi all’immagine prodotta. La donna a letto potrebbe essere morta, ma potrebbe anche aver deciso di girarsi, opponendosi al tentativo del marito di discutere dei soldi dell’affitto, o sonnecchiare in un pomeriggio d’estate.

W. Sickert, L’affaire de Camden Town, 1909

Sickert continuerà a sperimentare sul tema dell’ambiguità dell’immagine ancora: «se il soggetto di un quadro potesse essere trattato con le parole, non ci sarebbe stato bisogno di dipingerlo». Caratteristica dell’immagine è dunque la sua “imprecisione”, la sua incapacità d’essere univoca; pensiero perfettamente allineato con una poetica pop che, forse non a caso, nascerà in Inghilterra negli anni Cinquanta.

LA NOIA, 1913

 

L’ambiguità domestica è presente anche in Ennui, ma sarà dopo la grande guerra che Sickert si lancerà in sperimentazioni ancora più decise.

Col dipinto L’arrivo di Miss Earhart ( VEDI SOTTO ), la prima sorvolatrice dell’atlantico, con la quale la stampa internazionale cominciò a muovere i primi passi nel mondo del divismo, Sickert, con un colpo di genio, dipinge una scena che sembra un’istantanea scattata tra la folla che l’attende dove, paradossalmente, non v’è traccia di Amelia Earhart. Sembra potersi sussurrare, come qualche anno prima aveva fatto Marinetti e come più tardi con enorme successo farà Mc Luhan, «il mezzo è il messaggio».

W. Sickert, Miss Earhart’s Arrival, 1932 (dal sito Tate.org.uk)

 

 

Ma Sickert si spingerà oltre, e tra il 1936 e il ‘38 dipingerà Jack e Jill.

 

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tra il 1936 e il ‘38 dipingerà Jack e Jill.

L’ambientazione del quadro è quella di un cinema, luogo simbolo, soprattutto in quegli anni, della cultura popolare; ma Sickert sceglie un’inquadratura molto particolare e fa coincidere il perimetro del suo quadro con quello del film proiettato sullo schermo. Il film è Bullets and Ballots, e il fotogramma che Sickert riproduce è un primo piano dei protagonisti, Edward Robinson e Joan Blondell. La tela rappresenta dunque una singolare immagine in bianco e nero; l’artista riproduce “meccanicamente” come la fotografia d’una rivista. Il quadro sparisce e lascia il posto all’industria della produzione del divertimento di massa, l’artista è rimasto maciullato tra gli ingranaggi della contemporaneità.

Ma Sickert, la cui arte è stata tutta tesa a mostrare l’ambiguità delle cose, a «cercare di evitare il salotto e fermarsi in cucina», come ha scritto, a mostrarci che basta poco a ribaltare i giudizi, non avrebbe mai immaginato (o forse si?) che il suo rispettabilissimo nome (è stato presidente della Società degli artisti Britannici, membro della Reale Accademia) potesse essere accostato, dopo la sua morte, a quello di Jack lo Squartatore. Nessun riscontro, ovviamente, solo congetture, dubbi e ambiguità: quanto ha saputo insegnarci la sua pittura.

 

Stile ArteStile Arte

 

STILE ARTE.IT — 20 FEBBRAIO 2018

Walter Richard Sickert è Jack lo Squartatore? Eros, dolore, sguardo nichilista. L’analisi

 

 

di Federico Bernardelli Curuz

 

Colori cupi, una stanza povera e disadorna, un’atmosfera irreale. La donna appoggiata al muro è parzialmente nascosta da un armadio a specchio che riflette un letto (qui l’artista, giocando con il riverbero, sembra voler indicare all’osservatore l’importanza del giaciglio all’interno della scena) e dall’ombra dello stesso che vela i tratti del viso ( SOTTO, L’OPERA ).

Solo poche rapide pennellate raggrinziscono sul volto un’espressione triste. Gli occhi scavati, le sopracciglia inclinate e la bocca corrucciata, riprodotta con una semplice linea ricurva. Questi i tratti essenziali dello stile enigmatico di Walter Richard Sickert, pittore post-impressionista inglese, esploratore di interni inquietanti, che paiono dominati dall’aura del delitto.

 

Londra, 1888. Il Regno Unito viene scosso da una serie di efferati delitti che portano la firma di un certo “Jack The Ripper”. In tutto saranno cinque gli omicidi a lui attribuiti con quasi assoluta certezza, compiuti nel lasso di tempo compreso tra il 31 agosto del 1888 (data del ritrovamento del primo cadavere, quello di Mary Ann Nichols) e il 9 novembre dello stesso anno (coincidente con la scoperta del quinto e ultimo corpo, appartenente a Mary Jane Kelly).

 

Walter Richard Sickert (British, Munich 1860–1942 Bathampton, Somerset) Maple Street, London, ca. 1922 Oil on canvas; 30 × 20 in. (76.2 × 50.8 cm) The Metropolitan Museum of Art, New York, Gift of Emma Swan Hall, 1998 (1998.451.2) http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/490260Walter Richard Sickert  Maple Street, London, ca. 1922 Oil on canvas; 30 × 20 in. (76.2 × 50.8 cm)The Metropolitan Museum of Art, New York, Gift of Emma Swan Hall, 1998 (1998.451.2) http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/490260

 

Proprio in questo periodo vengono scritti i più famosi romanzi polizieschi e da loro prendono vita personaggi che rimarranno indelebili nella storia della letteratura.

Arthur Conan Doyle pubblica, nel 1887, Uno studio in rosso, che celebra la nascita di Sherlock Holmes. Solo un anno più tardi Robert Louis Stevenson produce un altro capolavoro, Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde. Sono entrambi romanzi che permettono di calarci in una Londra di fine Ottocento dove è ancora vivo uno spirito romantico, dove domina il tema del rapporto tra irrazionalità, follia, sogno e razionalità delle indagini, dove, al contempo, inizia a farsi strada la corrente realista, attenta a rappresentare le varie sfaccettature della realtà in modo oggettivo, vero o verosimile.

Ancora più suggestivo – considerate quelle sue figure circondate da un alone di malattia e di perversione, nonché alcuni particolari biografici che non parrebbero semplici coincidenze – è supporre che Walter Sickert sia “Jack lo Squartatore”. 

Patricia Cornwell si dice sicura che il pittore e lo squartatore fossero la stessa persona. E questa certezza domina il romanzo Ritratto di un assassino, un apparato investigativo atto a smascherare il misterioso omicida seriale. Per riuscire ad “incastrare” Sickert, la scrittrice statunitense ha acquistato la scrivania dell’artista e 32 quadri – uno dei quali è stato completamente distrutto nel vano tentativo di ritrovare tracce di Dna – ed ha assoldato un team di esperti in indagini investigative, spendendo alcuni milioni di dollari, senza in realtà trovare alcuna prova schiacciante.

 

Walter Sickert, L’olandeseWalter Sickert, L’olandese

 

Il carattere e il tipo di vita del pittore sembrerebbero comunque avvalorare le accuse della Cornwell.

Walter Sickert (31 maggio 1860 – 22 gennaio 1942), infatti, sin da piccolo accusava problemi psicologici in parte derivanti – secondo Ruben De Luca, autore del libro Omicida e artista, del quale parliamo più diffusamente nelle pagine successive – dal fatto che “la presenza di una figura paterna ingombrante – Oswald Adalbert Sickert, ricco di talento, fu pittore, scrittore di musiche e poesie – abbia costituito un modello di riferimento altamente ansiogeno per il giovane Walter, che dovette considerarlo un esempio irraggiungibile”.

 

Inoltre Sickert aveva da sempre dimostrato di possedere un carattere difficile. Ragazzo vivace e bravo a scuola – dove eccelleva in particolar modo nell’educazione artistica -, era spesso litigioso e non sopportava ordini e disciplina. Patricia Cornwell ripone grande importanza su un altro indizio: una malformazione agli organi genitali che lo costrinse a sottoporsi a tre interventi chirurgici e a lunghe degenze in ospedale, nell’arco di cinque anni, a causa della diagnosticata ipospadia (malformazione congenita caratterizzata da un anomalo sbocco dell’uretra sulla faccia inferiore del pene, in una zona che va dal glande alla radice del pene stesso). Tali problemi fisici avrebbero portato Sickert alla sterilità, un ulteriore trauma, difficilmente superabile. Da adulto, come sostiene il criminologo De Luca, egli abitò in un appartamento “dove, secondo la padrona di casa, viveva Jack lo Squartatore all’epoca dei delitti. (…) La donna ne conosceva l’identità: sarebbe stato uno studente di veterinaria. (…) Sickert sosteneva addirittura che la donna gli avesse rivelato il nome, ma lui non lo ricordava più (anche se Sickert era noto per la memoria fotografica e la straordinaria capacità di ricordare anche i più piccoli dettagli)”. Risulta a questo proposito che, nel 1907, il pittore abitasse in un appartamento a Mornington Crescent e che, a pochissima distanza da quel luogo, fosse stato trovato il corpo di una prostituta con la gola tagliata.

L’omicidio

Indizi di colpevolezza sembrerebbero emergere anche dall’apparato iconografico dell’artista inglese. Sin da giovane Sickert è affascinato dalla violenza e dal senso dell’orrido. Nei dipinti compaiono infatti pentoloni contenenti persone bollite vive, oppure scene di donne maltrattate e seviziate; esiste, inoltre, un disegno con una figura femminile torturata, legata ad una sedia e trafitta mortalmente al petto da una lama, mentre dal volto dell’aguzzino sfugge un sorriso maligno.

Nel 1883 il promettente pittore lavorò a Parigi con Degas; tre anni dopo si fece notare  come ritrattista, ed in questo periodo perfezionò il suo stile, che privilegiava la rappresentazione del vero. Era facile incontrare l’artista mentre vagava per Londra con in mano bozzetti– realizzati al momento – di edifici, di scorci di strade e di passanti. Ma tali opere molto spesso riportavano pure crude immagini di braccia mutilate o di teste decapitate in una raggelante espressione di morte, che Walter probabilmente disegnava per un piacere personale.

Dopo aver aderito al New English Art Club, e dopo esser diventato il capogruppo degli Impressionisti inglesi (1888), fondò, nel 1905, il Camden Town Group, un movimento postimpressionista che prediligeva scene tratte dal reale e una tavolozza di colori cupi dove ricorrevano soprattutto figure di nudi, collocati in locali disadorni e freddi (del resto, la frequentazione di Degas implicava l’utilizzo di tinte ribassate e un interesse per interni morbosi).

 

Walter Sickert, L’armoire à glaceWalter Sickert, L’armoire à glace

 

 

Proprio da alcune opere risalenti a quest’ultimo periodo di Sickert, la Cornwell trova vari spunti di indagine. La scrittrice, infatti, collega con un sottile filo uno schizzo del 1903 dal titolo Due studi della testa di una donna di Venezia, il dipinto Nuit d’été (1906) e una fotografia di Mary Ann Nichols, prima vittima del famoso “Jack”, scattata nella camera mortuaria.

I tre soggetti rivelano una sospetta somiglianza. Nel bozzetto compare solo una testa con gli occhi fissi, quasi intenti a contemplare l’infinito, mentre all’altezza della gola scorre un linea scura che potrebbe indicare il taglio eseguito dall’assassino (l’autopsia del cadavere di Mary Ann rivela che la gola è stata recisa fino quasi alla decapitazione; il taglio, infatti, è talmente profondo da intaccare le vertebre del collo). Il dipinto del 1906 raffigura una donna che giace su un letto di ferro battuto; qui, oltre alla somiglianza fisica, ad incuriosire è il titolo del quadro, Notte d’estate: ed è proprio d’estate che viene ritrovato il corpo della sventurata (31 agosto 1888). Inoltre, sempre secondo la Cornwell, le foto delle persone uccise, “macabre e degradanti, servivano ad identificare le vittime e non erano accessibili al pubblico. Chi non prendesse parte alle indagini poteva conoscere l’aspetto del cadavere di Mary Ann Nichols in un solo modo: vedendolo mentre era nella camera mortuaria (anche se ciò non gli avrebbe permesso di cogliere l’espressione del volto o le ferite, in quanto la vittima era coperta fino sopra al collo, accorgimento attuato per nascondere le tracce dell’efferato atto) o sulla scena del delitto”.

Procedendo con un ragionamento all’inverso, anche l’“epistolario” dello “Squartatore” sembra chiamare in causa Sickert. Il serial killer, infatti, era solito tempestare di lettere ironiche e autocelebrative i commissariati di polizia; risulta che pure il pittore inglese fosse un accanito estensore di messaggi, anche di irrilevante importanza, che spediva in grande quantità ad amici e conoscenti. Le missive dell’assassino, inoltre, venivano molto spesso scritte su carta da disegno, ed erano “impreziosite” da schizzi – realizzati a pennello o con una matita – che rivelavano una certa abilità artistica. Un indizio forse più importante riguarda l’analisi dei timbri postali londinesi di alcune lettere di “Jack”, spedite tra il 20 ottobre e il 20 novembre 1898.  Sickert, in questo periodo, doveva essere sicuramente nella capitale, in quanto presente all’anteprima di un’esposizione di opere a pastello presso il Grosvenor Hotel. Un’ulteriore coincidenza che sembrerebbe incastrare il pittore.

Non si ha dunque la certezza che Walter Sickert, accusato dalle sue stesse creazioni, possa essere l’alter-ego del leggendario “Jack lo Squartatore”, e tale dubbio continua ad avvolgere l’immagine dell’uno e dell’altro in una spessa coltre di mistero.

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