ore 23:18 da nemo: ANGELO FERRANTE, SEPINESE ILLUSTRE E SOPRATTUTTO “UN POETA”—HO ASPETTATO TANTO A PUBBLICARLO, PERCHE’ AVREI VOLUTO CONOSCERE QUALCHE POESIA, QUALCOSA DELLA SUA VITA—MA NON CI SONO RIUSCITA—COMUNQUE, ANCHE PER VOI, SE NON LO CONOSCETE, QUESTO TESTO DI GIANNI D’ELIA E’ UNA “POESIA” CHE CI APPROSSIMA AD ANGELO—

 

 

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QUESTO MERAVIGLIOSO PAESE E’ DOVE E’ NATO NEL 1938      ANGELO FERRANTE

 

 

VIDEO STORICO DI SEPINO

https://www.youtube.com/watch?v=vTpqXSzzvxs&list=PLD0F54802313BB205

 

 

 

Angelo Ferrante, poeta sepinese

 

E’ scomparso un’altra persona che merita sicuramente di rientrare nella lista dei Sepinesi illustri che, vicini e lontani, hanno portato il nome del nostro paese in giro per il mondo e, in vari modi, hanno dato il loro contributo al progresso e alla cultura… Angelo Ferrante, poeta italiano, insieme alla sua famiglia, ha rappresentato per il suo paese il simbolo delle tradizioni e della cultura popolare. Tradizioni che continuano a vivere negli anni, grazie ai suoi testi e alle sue opere d’arte. La Redazione esprime le sue condoglianze ai parenti ed amici colpiti da questo lutto e vuole ricordare, con questo breve ma davvero sentito articolo di Gianni D’Elia,  un uomo che ha saputo vedere in tutte le cose la lacrima e il sorriso: un poeta!

IN MORTE E IN VITA DI UN POETA

[di Gianni D’Elia]

Angelo Ferrante! Chi era costui? – come don Abbondio, ruminerà il critico e il lettore. E il qui presente cronista, pieno di dolore e quasi di sdegno, se non fosse l’ansia di dover scrivere e ragionare a dominarlo e in parte a calmarlo, risponderà: un poeta italiano!

E cioè uno scrittore di versi, come ci ha insegnato Caproni. E anche, come ebbe a dire Fortini a una platea di giornalisti, poco prima di sparire nel 1994, con queste dure parole: “un letterato, un poeta, e cioè un nulla, oggi, in Italia”.

Nel suo libro ultimo e più bello, Dentro la vita, edito da Moretti e Vitali nel 2007, parlando del dolore di una perdita riaccesa dalla memoria, Angelo ha scritto anche della sua morte, lunga di tre anni di malattia bestiale: “Poi anche quella pena fuggì via, / quando la morte si stancò del male, / e giugno mandò rondini e cicale / a piangere il dolore e la follia”.

Il poeta si vede dal verso: “quando la morte si stancò del male”. È una staffilata, una concisione morale e realistica, una sintesi in rima feriale, evocando la vita di un giugno dei decenni con le sue rondini e cicale.

Da un percorso più sperimentale e prosastico, tra invettiva e sarcasmo, Ferrante era giunto al canto in rima, che ho visto sbocciare anche dal nostro colloquio, dopo il nostro primo incontro nel dicembre del 2003.

Molisano di Sepino, viveva a Perugia da anni, e lì era venuto a sentirmi leggere, tra le canzoni di Claudio Lolli, nell’antica Sala dei Notari.

A quell’incontro è legata una lezione, per me, che accusa tutta la mia pigrizia e la mia accidia, che mi toglie ogni indulgenza e mi dà il Rimorso.

Mi disse di stimar molto la mia poesia, e aggiunse: “Io ti ho mandato il mio ultimo libro, tu però non mi hai risposto.”.

Era vero, me lo rispedì con una lettera nuova, come immagino, perché quella prima copia non la trovo ancora, sepolta tra le pile ammucchiate della mia mansarda impellicciata di libri come guglie, dondolanti lungo le alzate ricoperte delle librerie a muro.

Il libro, Senso del tempo, pubblicato da Book editore nel 2003, con una convinta nota di Elio Pecora, era davvero notevole, e gli risposi subito a mia volta con convinzione.

Iniziò un dialogo proficuo, con qualche incontro sul mare di Pesaro o a Perugia, ma non abbiamo mai letto insieme, cosa che adesso mi fa male.

Ferrante era del 1938, un fratello maggiore, come un altro poeta speciale che ho incontrato quest’anno a Pinerolo, per una lettura poetica: Beppe Mariano, anche lui del 1938, piemontese del Monviso, con una poesia politica e mistica che si avvicina per passione ed energia ondosa di ritmo e racconto a quella di Angelo.

Non ho fatto in tempo a metterli in contatto, anche se a entrambi ho parlato e riferito il mio entusiasmo che li faceva incrociare: Il passo della salita (Interlinea, 2007).

Che ne è di questi poeti, vivi o morti, chi ne parla mai? Noi stessi, presi da migliaia di invii all’anno, senza più rubriche di giornali dove scrivere, rischiamo di perdere quei pochi bravi autori, che però stentano a pubblicare con grossi editori. Anche Ferrante, in lettura per due anni da Einaudi, fino a passare da una selezione di trenta a una terna, non era riuscito ad avere un sì.

Su sua richiesta, lo avevo indirizzato a Via Biancamano, perché almeno fosse preso in esame. Di quel rifiuto, maturato in due anni lunghi e infine penosi, gli era rimasto un malore continuo, esploso a mio avviso anche nella malattia, proprio dopo quei lunghi mesi, prima di attesa e poi di macerazione, nel febbraio del 2007, con il dattiloscritto appena uscito da un altro editore, ottimo ma piccolo, e già citato.

Per quanto ciò possa sembrare sgradevole anche ai miei amici dell’Einaudi, oltre che naturalmente agli autori che non voglio citare, mi chiedo perché negli ultimi anni siano usciti nella collana bianca alcuni testi a dir poco discutibili, mentre il libro di Ferrante non è uscito, lì, in quella collana che avrebbe meritato. Ma si sa, i giovani hanno la precedenza sugli anziani, gli introdotti e i conosciuti sugli ignorati e i dimenticati. E anche noi autori, senza consulenze effettive, non contiamo più nulla se non per noi stessi, non abbiamo potere di far passare dei nomi, soprattutto di questa generazione dei Ferrante e dei Mariano e di altri che aspettano, in lingua e in dialetto.

Se dagli editori passiamo ai giornali, l’ascolto non cambia, e siamo quasi tutti accomunati dal silenzio sul nostro lavoro, tranne poche eccezioni. Ed è per questo che oggi, nel giorno in cui Angelo è volato, decido di spedire questa nota al portale della Gru, che so sempre aperto e gentile di “valore e cortesia”, lla poesia che stia dstanco ormai di bussare ai quotidiani della nostra sinistra culturale, tanto sorda ai poeti veri e aavvero, con tutta la forma più ardita, dentro la vita: “alla deriva che t’invade, oscura / e inafferrabile”. Ma di Angelo parleremo ancora, per quella stima crescente che la sua poesia e la sua persona si è meritata, fino agli ultimi giorni in cui con un filo di voce ringraziava gli amici, e con me, Giancarlo Pontiggia, Paolo Lagazzi, e l’ultima parola di Franco Loi, sul “Sole 24Ore” del 16 maggio: “A me sembra che l’amore per la natura, il travaglio interiore, l’aspirazione a una unità emozionata col tutto e con tutti sia la pulsione più forte che dà vita a queste liriche”. Come nella sua dedica coniugale e paterna, che apre il suo libro di vita e di morte: “A te, Gioia, nel cui nome / respira la mia vita, / moglie mia, unico lume // al senso delle cose, pura / realtà e visione del bene / per Paolo, Amedeo, Irene…”.
In questo sabato di sole coperto, e di rondini senza cicale, promettiamo vita alla parola di un poeta italiano, in viaggio verso l’Ignoto, col suo mite sorriso molisano.

E tu cerca meglio, caro lettore, chi era Angelo Ferrante.

[Pesaro, 29 maggio 2010]

 

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2 risposte a ore 23:18 da nemo: ANGELO FERRANTE, SEPINESE ILLUSTRE E SOPRATTUTTO “UN POETA”—HO ASPETTATO TANTO A PUBBLICARLO, PERCHE’ AVREI VOLUTO CONOSCERE QUALCHE POESIA, QUALCOSA DELLA SUA VITA—MA NON CI SONO RIUSCITA—COMUNQUE, ANCHE PER VOI, SE NON LO CONOSCETE, QUESTO TESTO DI GIANNI D’ELIA E’ UNA “POESIA” CHE CI APPROSSIMA AD ANGELO—

  1. nemo scrive:

    Tra i penosi dolori del risveglio, / quando come da una malattia riaffiorano / i frusci del traffico, il brulicare / dei passi e delle voci, lo sferragliare / del primo treno che parte, di là, oltre l’ arco / che taglia i colori vacillanti del cielo, / vampate d’ aria gonfia di polvere / s’ abbattono su transiti un po’ incerti / un po’ forzati, come se dai muti allarmi / rifiorisse l’ erba che allevia i colpi / del rasoio, le solitudini di più ignote / paure, l’ urto della tenera lana che avvolge / il cuore nel suo mansueto arrendersi. ( da Senso del tempo di Angelo Ferrante. Book Editore Castelmaggiore -Bo- Luglio 2003, e. 11 )

    • Chiara Salvini scrive:

      Ti ringrazio, carissimo Nemo, e penso che tutto il blog che ama la poesia, ti sara’ grato per versi che dire “bellissimi”, o altro, è sciuparla un po’—Data la tua “laboriosa” (labor, credo sia fatica, ce lo dirai) passione per la poesia, l’abbiamo gia’ detto sul blog, ci riveli sempre delle perle preziose! In questo “saresti” insostituibile, sempre che tu possa, grazie grazie da chiara e da tutti, auguri di “quasi notte” a te e a…

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