ore 22:36 ELISABETTA GUELMINI PERCHE’ COSI’ POCHI ALLE URNE —USCITO IL 24 NOVEMBRE 2014 —FORSE SU LA STAMPA—QUESTO E’ PRESO DA “Jack’s blog”

 

Elisabetta Gualmini (Bologna, 1968) è una politologa italiana, professore ordinario …presidente dell’Istituto Cattaneo fino al 2011…

 

 

Tutto ha remato contro le elezioni in solitaria di Calabria ed Emilia Romagna. L’assenza di qualsiasi traino nazionale o locale, perché non votavano le altre regioni e non c’erano altre consultazioni: né quelle per il sindaco, di cui si parla nei bar, né quelle per il governo nazionale, di cui si parla in televisione. Le indagini sulle «spese pazze» dei consiglieri regionali e le dimissioni dei governatori, non hanno certamente creato entusiasmo, anzi hanno demoralizzato parecchi elettori solitamente ligi. A differenza delle ultime regionali, si poteva votare solo in un giorno, non anche il lunedì. Era ovvio aspettarsi quindi un calo significativo della partecipazione, come avviene in molti Paesi europei, dove la partecipazione va e viene, nel mentre tende strutturalmente a calare.

Nei tre casi effettivamente paragonabili di regioni a statuto ordinario (Abruzzo, Molise, Basilicata) che hanno votato in un anno diverso dalle altre e in un momento dell’anno in cui non c’erano altre elezioni, il differenziale nel tasso di partecipazione rispetto alle politiche dell’anno più vicino è stato tra il 19 e il 28%. Sulla base di questi precedenti, quindi, sarebbe stato ragionevole attendersi una riduzione di circa il 20-25% rispetto alle politiche del 2013. Che in Emilia-Romagna voleva dire un po’ meno del 60% di partecipazione, in Calabria poco più del 40.

Con tutta evidenza, hanno giocato, pesantemente, anche altri fattori, che hanno portato addirittura a una inversione della forchetta tra Nord e Sud. L’elettore di opinione, che si muove per scegliere il Presidente, il partito o la coalizione, stavolta non aveva tanti stimoli per andare a votare. Soprattutto in Emilia, si sapeva già chi avrebbe vinto. O comunque tutti pensavano, compresi gli antagonisti, che non ci sarebbe stata partita. Tanto che il centrodestra e gli altri partiti hanno di fatto rinunciato a organizzare una vera alternativa. In entrambe le regioni, il centrodestra si è presentato in ordine sparso, con Ncd ovunque divisa da Forza Italia, e con la Lega all’arrembaggio sotto la nuova segreteria di Salvini. Il quale Salvini, in assenza di Berlusconi, dava l’impressione di dominare «il campo dei moderati», vagheggiando l’idea di una Lega dei Popoli, cioè di un Partito Nazionale della Protesta.

Il Movimento 5 Stelle invece, si è semplicemente ritratto. Non solo perché manca di una classe dirigente nei territori. In Calabria Grillo aveva da tempo presagito il crollo. Fosse stato per lui, il simbolo non sarebbe stato nemmeno esposto, come in Sardegna. «Le comunali di Reggio Calabria? Abbiamo scherzato per noi il 2,5% è una enormità. Con le Regionali magari prenderemo il 2,2%. Magari mettiamo lì due-tre consiglieri, non si tratta di prendersi la Regione, non ce la faremo…». Quasi la stessa cosa in Emilia Romagna, dove l’antipolitica aveva trionfato e aveva creato non pochi fastidi al Pd. Solamente un blitz, di malavoglia, di sera tre giorni prima delle elezioni. Praticamente di nascosto.

E così il circuito si è auto-alimentato. Gli stessi avversari, dividendosi o ritraendosi, hanno tolto qualsiasi mordente alla contesa. Fino a farla scomparire dai radar dei media e di una consistente quota di elettori. Sono andati a votare gli abitudinari incalliti o gli incalliti credenti nella liturgia democratica delle elezioni. Con tutta probabilità, in Emilia-Romagna, questa componente dell’elettorato continua ad essere più consistente che in Calabria. D’altro canto, l’unica competizione che sembrava effettiva, che poteva scaldare gli animi, era quella sulle preferenze, per ottenere un posto al sole nei consigli regionali. E si sa, che quel genere di competizione è sempre stata straordinariamente più accesa, ha sempre coinvolto molti più votanti in Calabria (circa l’85%) che in Emilia-Romagna (circa il 25%). Per di più, questa volta, la lotta per le preferenze in Calabria era acuita dalla drastica riduzione (da 50 a 30) dei seggi consiliari da distribuire. Mentre in Emilia la voglia di votare per i consiglieri regionali non era proprio alle stelle.

A ben vedere, quindi, l’inversione della forchetta, non rende più clamoroso il flop, ma in parte lo spiega. Gli elettori italiani sono sempre meno identificati con i partiti. Sempre meno vanno a votare per confermare la loro lealtà. Ci vanno se serve, mossi più dalla Tv che dagli apparati, anche nell’Emilia Rossa. E’ un’enorme transizione in corso. Votano per scegliere chi deve governare o per dimostrare dissenso. Stavolta le alternative non c’erano e il dissenso dell’antipolitica era spento.

 

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1 risposta a ore 22:36 ELISABETTA GUELMINI PERCHE’ COSI’ POCHI ALLE URNE —USCITO IL 24 NOVEMBRE 2014 —FORSE SU LA STAMPA—QUESTO E’ PRESO DA “Jack’s blog”

  1. Donatella D'Imporzano scrive:

    Il problema di fondo della politica italiana è la mancanza di rappresentatività della stragrande maggioranza dei cittadini, che si sentono esclusi e vedono lontanissimi da loro i “politici” che magari hanno votato alle precedenti elezioni. Quelli dello ” zoccolo duro” della sinistra, che finora hanno in qualche modo fatto da scudo all’avanzata della destra, andando sempre disciplinatamente a votare, anche senza entusiasmo e che hanno permesso a Renzi di declamare in continuazione il mantra del 41%, totalmente falso, probabilmente si sono stufati di essere presi a calci sui denti e preso atto dell’indegnità del quadro politico che dovrebbe rappresentarli, come estrema forma di protesta hanno deciso di non votare nessuno. Spetterebbe ora ai politici e alle persone che considerano la politica una tra le più degne attività dell’uomo farsi avanti e spezzare questo baratro in cui stiamo affondando.

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