LA CULTURA DELL’EGOISMO. L’ANIMA UMANA SOTTO IL CAPITALISMO. CORNELIUS CASTORIADIS, CRISTOPHER LASCH—EDITORE ELEUTHERA

sotto nel link: un post del nostro blog 2015,  identico a quello che segue, ma che aggiunge alcuni dati interessanti sugli autori 

https://www.neldeliriononeromaisola.it/2015/11/183452/

Editore Elèuthera  (collana Caienna)

Castoriadis Cornelius; Lasch Christopher

La cultura dell’egoismo. L’anima umana sotto il capitalismo

Dialogo tra autori come questi sulla Modernità  che risalgono al 1986, ci stupiscono per la loro preveggenza sulle conseguenze morali che questo tipo di organizzazione capitalistica, plasmata ormai dalla globalizzazione, ha sulle persone, la loro coscienza e la loro mente.

 

La cultura dell'egoismo. L'anima umana sotto il capitalismo

 

CULTURA

Il virus dell’individualismo

Saggi. «La cultura dell’egoismo» di Cornelius Castoriadis e Christopher Lasch per Elèuthera. Il dialogo tra i due filosofi sulle ragioni della sconfitta della sinistra avvenuto negli anni Ottanta mantiene una sorprendente attualità

 

 

Una foto di Cornelius Castoradis

 

Il 4 e il 27 marzo del 1986 la televisione britannica Channel 4 mandò in onda una conversazione tra Cornelius Castoriadis e Christopher Lasch, moderata da Michael Ignatieff. Sono trascorsi 28 anni e l’analisi delle ragioni profonde della crisi della sinistra in Europa è ancora attuale. E questo non è un buon segno. I due studiosi concordano, infatti, nell’individuare un elemento di tale crisi che da allora si è dispiegato sino a non essere più neppure avvertito. Si tratta dell’individualismo liberale che ha contagiato la cultura di sinistra sino a trasformarla alla radice.

Castoriadis e Lasch partono dalla consapevolezza aristotelica che «quel che noi chiamiamo individuo è in un certo senso una costruzione sociale» (La cultura dell’egoismo. L’anima umana sotto il capitalismo, postfazione di Jean-Claude Michéa, elèuthera, pp. 68, euro 8), che «nella società attuale non stiamo più producendo individui capaci di incarnare la visione aristotelica. […]Abbiamo perso quell’ideale?». Sì, la sinistra lo ha perso, sostituendo la lotta di classe con una ideologia dei diritti umani di evidente impronta liberale, non certo marxiana. Invece che affiancarsi alla lotta di classe, la lotta contro le discriminazioni ha sostituito la lotta di classe, segnando in questo modo la fine della sinistra.

I dispositivi concettuali di questa autodissoluzione sono consistiti nella negazione delle invarianti antropologiche, nella rinuncia a ogni identità collettiva a favore dei diritti del singolo, nell’illusione della crescita illimitata, alla quale sono legati quelli dello «sviluppo sostenibile» e dell’equa distribuzione dei profitti del capitale. Si esprime qui una certa ironia verso coloro che al materialismo delle identità corporee preferiscono quella che Michéa definisce «l’ideologia neospiritualista». Di sinistra sarebbe piuttosto «il rifiuto della riduzione degli esseri umani allo statuto di ’atomi isolati privi di consapevolezza generale’ (Engels)». La sinistra del XXI secolo ha dunque rinunciato alla critica nei confronti di un mondo dominato dall’iperindividualismo e ha accettato come inevitabile e ricca di opportunità «una ’società dei consumi’ basata sul credito, sull’obsolescenza programmata e sulla propaganda pubblicitaria».

È sulla base di tale consapevolezza che Castoriadis e Lasch «erano giunti ad avere lo stesso sguardo disincantato sulla triste evoluzione delle moderne sinistre occidentali e su quello che fin dal 1967 Guy Debord definiva ’le false lotte spettacolari delle forme rivali del potere separato’».

Un disincanto che li induce ad affermare che ormai «da lungo tempo il divario destra-sinistra, in Francia come nel resto del mondo, non corrisponde più ai problemi del nostro tempo, né riflette scelte politiche radicalmente opposte». Ma per entrambi la possibilità della libertà nell’eguaglianza è sempre aperta. Castoriadis, in particolare, insiste sulla natura «tragica» della libertà poiché essa non possiede limiti esterni sui quali fare affidamento ed è fondata invece sulla pratica dell’autonomia, il cui modello rimangono per lui sempre i Greci. Nelle loro tragedie, infatti, «l’eroe muore a causa della sua hybris, della sua superbia, perché trasgredisce in un contesto dove non esistono limiti predefiniti. Questa è la nostra condizione». La negazione del limite sta a fondamento della presunta razionalità liberale, il cui principio di crescita indefinita contrasta con la realtà dei limiti del pianeta, il cui principio di opportunità per tutti confligge con la realtà del profitto che moltiplica soltanto se stesso.

Questo libro non si limita a una critica argomentata e convincente

 

se ne avete voglia, l’articolo continua in questo link:

http://ilmanifesto.info/il-virus-dellindividualismo/

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