LEONARDO COHEN, IL FATTO DEL 4 LUGLIO::: ” L’odissea di Elena per donare tre ecografi ai terremotati “.

 

LEONARDO COHEN, IL FATTO QUOTIDIANO DEL 4 LUGLIO 2017

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martedì 04/07/2017

L’odissea di Elena per donare tre ecografi ai terremotati

Storie kafkiane – Il medico ha raccolto soldi e strumenti in Svizzera. È in viaggio verso il Centro Italia distrutto, ma la burocrazia la ferma

Voleva regalare ad Amatrice un ecografo, la burocrazia ha fatto di tutto per non accettare il dono. Elena Rota, 37 anni, bergamasca, è una ginecologa che lavora all’ospedale di Sion, nel Cantone Vallese della Svizzera. Dal 24 maggio si è messa in cammino lungo la Via Francigena per portare soldi e tre ecografi alle popolazioni terremotate. Radio Francigena, emittente web che si occupa di tutti gli itinerari del “movimento lento”, la segue giorno per giorno. E lei racconta la sua storia di emigrata che torna in una patria ingrata: “La sudata specializzazione ho dovuto farla in Svizzera perché in Italia avrei dovuto aspettare anni per entrare nella scuola di specializzazione, dopo un 110 e lode a Pavia. Quando il terremoto ha devastato il Centro Italia, ho sentito il dovere morale di rientrare. Volevo dare una mano, perché mi sentivo in fondo una privilegiata, col mio lavoro in Svizzera”. Organizza così una raccolta fondi tra i colleghi. Si piglia un anno sabbatico, dopo 9 anni di lavoro ininterrotto. Ha un progetto in testa (e nel cuore): mettersi in cammino, da Sion, per consegnare all’associazione di mamme “Alba dei piccoli passi” di Amatrice i fondi che ha raccolto. Ma non solo. Il suo reparto cambia tre ecografi e lei chiede alla direzione sanitaria di poterli regalare agli ospedali (devastati dal sisma) delle popolazioni colpite. Gli svizzeri sono d’accordo.

Mal gliene incolse. Organizzare la consegna dei materiali si trasforma in un inferno burocratico. Email, incontri, documentazioni, intoppi vari, continui rimbalzi da un responsabile all’altro: “A ogni risposta corrispondeva un’altra richiesta”. Ci si mette persino un “ufficio acquisti”. Inutile spiegare che non si trattava di vendere, ma di donare. Come mai questi bastoni tra le gambe? “Scopro che le donazioni non si possono accettare se non dopo una serie impressionante di documenti da compilare che io non possedevo! Capisco le regole, ma davanti a una reale situazione di emergenza è possibile che non ci sia un modo per semplificare le procedure?”.

Strada facendo, trova chi organizza gratuitamente il trasporto. Alla frontiera, i doganieri si mostrano comprensivi e si prodigano per accelerare i tempi. I tre ecografi sono destinati a Norcia e San Severino Marche. Consegnare quello per Amatrice, forse il luogo che ne avrebbe più bisogno visto che l’ospedale è inagibile e con esso i macchinari, ormai è diventato un incubo. L’inflessibile gestione dell’Asl di Rieti da cui dipende l’ospedale antepone alla consegna dell’ecografo una serie di disposizioni kafkiane. Per esempio, Elena dovrebbe mandare (e pagare a sue spese) un tecnico della Toshiba per testare la macchina e garantirne il perfetto funzionamento. A nulla valgono le sue assicurazioni e nemmeno l’invito di rivolgersi all’ospedale di Sion, per la certificazione. O accetta l’ostile trafila burocratica o la strumentazione non viene presa in carico.

Quando è troppo è troppo. Elena è stufa di queste assurdità. E di una certa maleducazione: “Nessuno si è degnato di rispondermi in modo cordiale, e magari spiegarmi quali importanti motivazioni impedivano lo snellimento della pratica”. Risultato: l’ecografo destinato ad Amatrice diventa il secondo per Norcia che lo accetta con infiniti ringraziamenti. Ormai si sta avvicinando alla meta. Ai suoi occhi, è facile intuire, l’Italia che vuole aiutare è stata disastrata due volte: dalla forza della natura e da quella di una burocrazia forse non proprio “neutrale”. Gli ecografi servono anche per determinare la data di gestazione e garantire, eventualmente, un servizio alle donne che desiderino interrompere la gravidanza. Un servizio inviso ai medici antiabortisti. Senza dimenticare l’importanza dell’ecografo nella diagnostica e nella prevenzione.

Insomma, non tutti gli orizzonti che ammira camminando lungo la Via Francigena non sono di gloria: “Sembra proprio che in Italia certe cose non cambino mai, sembra che la burocrazia sia ormai più importante dell’uomo e nessuno si prenda la responsabilità di osare, di cambiare. Sembra che anche fare donazioni sia diventato difficile, eppure tutti decantano queste ‘misure d’emergenza’… e soprattutto per certi baroni (dai politici ai primari di ospedale) l’educazione è rimasta chiusa nelle loro grandi scrivanie! Mi dispiace Italia, ma poi non stupitevi della tanto disperata ‘fuga di cervelli’… Attraversando questa nostra stupenda penisola a piedi pensieri e domande non mi danno tregua… rientrare o no?”. Ciononostante, la cocciuta Elena continua a raccogliere fondi da consegnare alle autorità. La vita è un’avventura qualche volta meravigliosa, sovente crudele e ingiusta. Dio tesse disgrazie, dicono dalle parti di Norcia, perché poi qualcuno possa trarne insegnamento. Mah. A ogni buon conto, nello zaino, Elena conserva tutta la documentazione “competente” del pasticcio all’amatriciana.

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