KATIE LANGIN, QUEI MAMMONI DEI LEONI MARINI –national geographic — 4 -12-2014 —ma la colpa è come da noi delle mamme…

 

 

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NATIONAL GEOGRAPHIC — 4 DICEMBRE 2014

http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2014/12/04/news/leoni_marini_mammoni-2401512/

 

Quei mammoni dei leoni marini

Un nuovo studio condotto sulle otarie delle Galapagos rivela che i maschi sono più attaccati alle madri delle femmine: fino a due anni di età bevono latte e non si allontanano da casa 

di Katie Langin

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Un leone marino curioso esplora le acque cristalline vicino all’isola di Santa Maria, detta anche isola Floreana, nelle Galapagos.
Fotografia di Michael S. Nolan, Lindblad Expeditions 

Non fatevi ingannare dalla stazza: i leoni marini maschi sono dei gran mammoni. Uno studio condotto sulle otarie orsine delle Galapagos (l’unica specie di leone marino che vive in zone tropicali) svela che nei primi due anni di vita i cuccioli maschi dipendono dalla madre più delle femmine: consumano più latte, restano vicini alla colonia e si avventurano in mare solo occasionalmente, mentre le loro coetanee si tuffano in acqua molto più spesso. La cosa curiosa è che anche i giovani maschi sarebbero perfettamente in grado di effettuare immersioni: a un anno possono raggiungere la profondità di 10 metri.

Il loro comportamento non deriva nemmeno dalla costante disponibilità di latte, perché le madri spesso lasciano i figli soli anche per giorni interi per andare a caccia di cibo. Eppure, nonostante questo, i leoni marini maschi tendono ad andare a caccia in mare molto meno spesso delle femmine.

“I giovani maschi della colonia nuotano nelle piscine naturali tra gli scogli formate dalla marea, tirano le code delle iguane marine, si riposano, dormono”, dice Paolo Piedrahita, ricercatore presso l’Università di Bielefeld, in Germania, e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista

Animal Behaviour: “È incredibile: vedi questi grossi animali, che pesano 40 chili e più, fermi ad aspettare la mamma”.

Immersioni femminili

Piedrahita e i suoi colleghi hanno monitorato i movimenti delle otarie in una piccola isola chiamata Caamaño, proprio al centro delle Galapagos, attaccando dispositivi di registrazione sulle spalle di 93 leoni marini tra uno e due anni di età. Per qualche settimana (da una a tre, a seconda dei casi), i dispositivi hanno raccolto informazioni dettagliate sulla loro posizione, rilevando anche quando erano bagnati e quando asciutti, per capire se si avventuravano in mare o rimanevano sulla terraferma.

Da qui la scoperta del bizzarro comportamento dei leoni marini delle Galapagos durante il loro periodo critico di sviluppo, ovvero quando “stanno ancora bevendo il latte, ma iniziano a diventare autosufficienti”, dice Piedrahita.

Gli scienziati hanno scoperto che le femmine sono le sub più attive, in ogni fascia di età: a un anno, a un anno e mezzo e a due anni. La disparità tra i generi maggiore è stata riscontrata tra gli esemplari di un anno e mezzo: le femmine raggiungono profondità di almeno 5 metri 52 volte al giorno, ovvero sette volte più spesso dei maschi, che praticano appena sette tuffi al giorno.

Le femmine si avventurano anche più lontano, a volte viaggiando per 30 chilometri in mare, mentre i maschi hanno nuotato al massimo fino a 274 metri dalla costa.

I maschi sono un peso?

Tutta questa attività subacquea non era fine a se stessa, naturalmente. Le otarie che passavano più tempo in mare seguivano una dieta più ricca di pesce e meno di latte: gli scienziati l’hanno scoperto misurando una tipica “firma chimica” della composizione delle diete, il rapporto tra diversi isotopi di azoto presente nelle pinne di 23 tra giovani otarie e madri. “Facile dedurre che allattare un piccolo che non ama cacciare comporti un grave dispendio di energia per la madre”, sostiene Pedrahita, “fino a mettere in pericolo la sua vita o la sua capacità di avere altri piccoli”.

Ma continuando a “mantenere” i figli, le madri possono anche ottenere dei vantaggi. Una volta mature, le femmine sono in grado di generare un figlio all’anno, mentre i maschi possono diventare padri anche di quattro cuccioli alla volta. Le madri potranno quindi avere più “nipoti”, alimentando così la colonia, se saranno in grado di crescere maschi grossi e dominanti, in grado di accoppiarsi molte volte.

“Lo studio fornisce una forte evidenza empirica: le madri delle otarie investono in modo diverso nella crescita dei figli e delle figlie”, ha osservato Nicole Thometz, un biologo specializzato in mammiferi marini che lavora presso l’Università della California, Santa Cruz.

Ma si sollevano anche una serie di domande sulle dinamiche familiari di questi animali: per esempio, perché i giovani maschi scelgono di digiunare quando potrebbero procurarsi da sé il proprio cibo? Per ora la risposta non è chiara, ma Piedrahita spera che ulteriori ricerche forniscano un quadro più completo.

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1 risposta a KATIE LANGIN, QUEI MAMMONI DEI LEONI MARINI –national geographic — 4 -12-2014 —ma la colpa è come da noi delle mamme…

  1. Donatella scrive:

    Anche tra i leoni marini, le femmine sono una razza superiore ( tanto per essere un po’ razzisti)!

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