FEDERICO RAMPINI, USA:: IL MANAGER DIVENTA VERDE–REPUBBLICA DEL 19 AGOSTO 2019

 

 

REPUBBLICA DEL 19 AGOSTO 2019

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2019/08/19/news/usa_il_manager_diventa_verde-233938409/

 

Commento  Ambiente

Usa, il manager diventa verde

 

L’unico obiettivo non è più aumentare il valore di Borsa per gli azionisti: per la prima volta la ragion d’essere dell’azienda include obiettivi sociali

 

La svolta viene dalla Business Roundtable, l’equivalente della Confindustria negli Stati Uniti. Nella sua definizione ufficiale della missione d’impresa, abbandona il principio della massimizzazione del profitto.

I chief executive non devono più avere come unico obiettivo quello di aumentare il valore di Borsa per gli azionisti. Per la prima volta il lessico cambia, la ragion d’essere dell’azienda include obiettivi sociali. Deve servire tutti gli “stakeholder” cioè coloro che subiscono un impatto dalle decisioni del management: i lavoratori, i consumatori, l’ambiente, la società.

The Wall Street Journal parla di “sterzata nella filosofia degli imprenditori”. La firmano grandi manager come il banchiere Jamie Dimon di JP Morgan Chase che è presidente dell’associazione. Aderisce il Gotha del capitalismo americano: dal settore digitale (Apple) alla finanza (Bank of America, Blackrock), dalla grande industria (Boeing) alle telecom (AT&T).

Sempre il Wall Street Journal, quotidiano di riferimento per questo mondo, osserva che si rivolterebbe nella tomba Milton Friedman, premio Nobel dell’economia che fu il padre del neoliberismo. Friedman teorizzò che solo il profitto deve guidare le decisioni aziendali; piegarle a interessi più generali per lui era peggio di un’eresìa, era l’anticamera del socialismo. E proprio da qui bisogna partire. Forse non è del tutto estraneo a questa svolta valoriale il fatto che nella campagna elettorale americana la parola socialismo è stata sdoganata.

Candidati alla nomination democratica come Elizabeth Warren e Bernie Sanders la usano senza imbarazzo. Millennial e Generazione X, che non hanno ricordi della guerra fredda e dell’Unione sovietica, hanno opinioni positive sul socialismo, un tempo tabù in America. Nell’agenda di alcuni candidati figurano misure drastiche per attenuare le diseguaglianze: tasse patrimoniali, lotta all’elusione fiscale delle multinazionali, sanzioni antitrust per smembrare i nuovi monopoli del digitale. I miliardari illuminati — come Bill Gates, Warren Buffet, George Soros — da tempo chiedono di pagare più tasse, perché le diseguaglianze estreme stanno lacerando il tessuto sociale, rimettono in discussione la tenuta delle liberaldemocrazie. A questo si aggiunge l’allarme per le conseguenze del cambiamento climatico.

Le grandi aziende hanno smesso di ascoltare i proclami negazionisti di Donald Trump. Sanno che il ciclo elettorale può generare oscillazioni impazzite del pendolo politico ogni quattro anni; mentre il mondo dell’economia ha bisogno di guardare al lungo periodo. Si fidano del verdetto della scienza. Vogliono investire nella lotta al cambiamento climatico come si paga per una polizza assicurativa: meglio questo, che trovarsi di fronte ai costi esorbitanti dei disastri ambientali.

Il ravvedimento della Business Roundtable sarà operoso? Alle promesse seguiranno i fatti? Gli scettici possono ricordare che questo dibattito avvenne molti decenni fa.

Sostituire gli “shareholder” (azionisti) con gli “stakeholder” (tutte le parti sociali toccate dalle decisioni d’impresa) è un’idea che si affaccia all’università californiana di Stanford negli anni Sessanta, viene rielaborata da Edward Freeman negli anni Ottanta, infine grazie al sociologo inglese Anthony Giddens diventa uno dei pilastri della Terza Via negli anni Novanta: la nuova sinistra di Bill Clinton, Tony Blair, Gerhard Schroeder, Romano Prodi, Wim Kok.

Quelle promesse furono tradite. La responsabilità sociale e ambientale venne trasformata in un’operazione di relazioni pubbliche. Arricchì i professionisti dei bilanci aziendali in carta patinata, pieni di chiacchiericcio politically correct. I comportamenti distruttivi continuavano: a Wall Street sono deflagrati nella crisi del 2008, in California è cresciuto un capitalismo digitale predatore. Sull’ambiente c’è stato tanto greenwashing, operazione che consiste nel “lavare di verde” l’immagine delle aziende, a parole.

Cos’è cambiato oggi, per sperare che non siamo di fronte a un’ennesima operazione di relazioni pubbliche? Forse l’Uomo di Davos (come Samuel Huntington chiamò il Gotha dei top manager) teme l’ondata dei populismi generati dallo shock del 2008 — radicalizzazioni di destra e di sinistra — e avverte una nuova sfida sistemica tra l’Occidente e le autocrazie orientali. Non basterà la New Age confindustriale: cambiamenti così radicali nella storia avvengono quando le élite privilegiate e le classi dirigenti vi sono costrette da movimenti sociali e nuovi rapporti di forze.

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1 risposta a FEDERICO RAMPINI, USA:: IL MANAGER DIVENTA VERDE–REPUBBLICA DEL 19 AGOSTO 2019

  1. Donatella scrive:

    Pur tenendo conto delle ultime righe dell’articolo, c’è qualche lieve speranza nell’aria.

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