DONATELLA NOSTRA, grazie ! ” ODISSEA ROSSA ” DI DIDI GNOCCHI, EINAUDI 2001 + recensioni e documentazione — forse troppa–ch.

 

 

 

Odissea rossa. La storia dimenticata di uno dei fondatori del Pci - Didi Gnocchi - copertina

 

 

Odissea rossa. La storia dimenticata di uno dei fondatori del Pci

 Didi Gnocchi

Articolo acquistabile con 18App e Carta del Docente
Editore: Einaudi
Collana: Gli struzzi
Anno edizione: 2001
In commercio dal: 19 giugno 2001
Pagine: 272 p.
14.46 prezzo pieno
Il Libraccio, usato, 7.81

Presentazione del libro ( Einaudi )

 

Nato a Napoli nel 1882, emigrato ovunque ci fosse un vento di libertà, Peluso, prima di finire i suoi giorni nella prigione di Krasnojarsk, era stato un viaggiatore instancabile dall’Estremo Oriente al Sudamerica, amico di personaggi come Jack London, Rosa Luxemburg, Liebknecht, Bebel, Kautsky, Laura Marx, nemico dei fascismi, antimilitarista, il nostro Che Guevara, per ansia di vedere e di viaggiare. Un cittadino del mondo, come egli stesso amava definirsi, che giace dimenticato in una fossa comune di un gulag siberiano. Odissea rossa ne ripercorre l’avventurosa e drammatica vicenda: vittima dei processi staliniani, fu uno dei pochi che non accettò la logica dei tribunali e non si piegò alla denuncia e alla confessione. Si difese con una tattica che non riuscí a salvarlo dalla condanna a morte, ma ne preservò la dignità di uomo e di difensore delle ingiustizie sociali. Fu riabilitato soltanto nel 1956: non era mai stato un nemico del popolo, un cospiratore del comunismo, una spia fascista. Didi Gnocchi, che per puro caso si è imbattuta in questo stravagante comunista, ha voluto ricostruire tessera dopo tessera un episodio poco conosciuto della nostra storia e, intersecando la realtà della Russia di Stalin e dell’Italia dei primi anni del secolo con quella inquietante della Russia di oggi, offre al lettore un libro di rara intensità, uno straordinario caso umano e politico che aiuta a capire le contraddizioni del Novecento.

 

 

DIDI GIOCCHI

 

Didi Gnocchi: "Se parliamo di siti web oggi il veicolo è il video (di qualità)" | PPAN

Foto di Didi Gnocchi @ ScreenWEEK

Didi Gnocchi (Pavia, 27 giugno 1961) è una giornalista, imprenditrice e regista italiana.

DA:

MOLTO DI PIU’ NEL LINK:

https://it.wikipedia.org/wiki/Didi_Gnocchi

 

 

RECENSIONE DEL LIBRO I

DAL 

COMUNE DI BOLOGNA

http://www.comune.bologna.it/iperbole/asnsmp/odissearossa.html

 

Didi Gnocchi, Odissea rossa. La storia dimenticata di uno dei fondatori del Pci, Einaudi, 2001, pp. 272, L. 28.000

 

 

Sergio Dalmasso

 

Didi Gnocchi, giornalista, autrice, tra le altre opere, de Gli squadristi del 2000 (Roma, Manifesto libri, 1993), studio sull’estrema destra, dopo il crollo del comunismo, ricostruisce, con un lavoro difficile e faticoso, l’esistenza, avventurosa e quasi epica, di Edmondo Peluso, comunista napoletano, tra i fondatori del PCI, esule in URSS e come tanti altri, finito nelle carceri staliniane, nell’illegalità dei processi, sino all’esecuzione, avvenuta il 19 febbraio 1942.

Molti, ormai, dopo un colpevole silenzio durato decenni, i testi sulle persecuzioni subite, nei tragici anni trenta, da italiani esuli in URSS.

 

 

NELLA RECENSIONE, PRIMA DI PARLARE DI PELUSO, SI FA

LA STORIA DI ALCUNI ANTIFASCISTI EMIGRATI IN URSS

 

  1. EMILIO GUARNASCHELLI

 

Italian Samizdat: EMILIO GUARNASCHELLI    Emilio Guarnaschelli una piccola pietra morte comunista italiano URSS | eBay Italian Samizdat: EMILIO GUARNASCHELLI

 

Per tutti, quello di Emilio Guarnaschelli, Una piccola pietra (prima edizione Parigi, Maspero, 1979)

 

 

2. GINO DE MARCHI

 

 

 

MOMBASIGLIO/ "Mario Giovana: un politico fuori dal coro, uno storico non accademico"- Cuneocronaca.it

o quello di Mario Giovana, Il caso De Marchi (Milano, Franco Angeli, 1992)

 

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GINO DE MARCHI

FOTO DAL FACEBOOK  Cannibali e Re @cannibaliere Community

 

 

 

 

IL CASO DE MARCHI ( BORINGHIERI )

Un comunista italiano dall’Ordine Nuovo al cinema documentaristico sovietico (1919-1937)

Presentazione del volume

La breve e sofferta esistenza del comunista De Marchi, amico di Gramsci, singolare figura di rivoluzionario. Una militanza politica vissuta di slancio romantico, ritmata da crudeli smentite della realtà dell’URSS staliniana e tuttavia non tradita, in una paradossale fedeltà che si consuma travolgendo il protagonista.

La vicenda di un giovane idealista del riscatto proletario sullo sfondo delle lotte di tendenza della sinistra italiana tra primo dopoguerra e avvento del fascismo.

Indice

• Parte prima*

La stagione del massimalismo*

Il «garzonato politico» e la poetica di un diciassettenne*

«Rivoluzionario professionale»*

Dalla scissione di Livorno all’esilio•

Parte seconda

* Vladykino – Taschkent – Mosca*

Il regista sovietico*

De Marchi, il «fascista»

* La tragica «innocenza»

 

LA FIGLIA DI GINO DE MARCHI

 

Notizie tratte dal libro di Gabriele Nissim Una Bambina contro Stalin

Gino De Marchi nasce a Fossano (CN) il 19 maggio 1902. Perso il padre in tenera età, inizia a lavorare a quattordici anni per aiutare la madre. Partecipa alle lotte operaie di Torino fino all’occupazione delle fabbriche nel 1919. Diventa un militante socialista e conosce Antonio Gramsci nella redazione de L’Ordine Nuovo.

Nel 1921 aderisce alla “scissione di Livorno” da cui nasce il Partito Comunista d’Italia e assume responsabilità dirigenti nella federazione giovanile.

A giugno viene inviato a Mosca, ufficialmente come delegato al congresso della Gioventù comunista, in realtà per allontanarlo dall’Italia, e quasi subito arrestato con l’accusa di spionaggio. Il partito non gli perdona di aver confessato alla polizia fascista, sotto la minaccia di arresto della madre, un deposito di armi della federazione piemontese. Rinchiuso per un anno nel campo di lavoro dell’ex monastero di S. Andronico, si ammala di tubercolosi. Liberato per un primo intervento di Gramsci, convinto della sua buona fede, ma costretto al confino a Vladykino, conosce la moglie Vera, giovanissima, da cui ha la figlia Luciana.

Soccorso dalla madre, giunta appositamente dall’Italia, a cui affida la figlia per il ritorno a Fossano, è richiamato a Mosca per l’insistente intervento dell’amico Gramsci, che ne chiede la riabilitazione. Riunita nuovamente la famiglia, negli anni successivi De Marchi inizia una brillante carriera come regista alla Mostech’film, la casa di produzione cinematografica che realizza i documentari di propaganda del regime con le parole d’ordine sulle conquiste del socialismo e le vittorie della classe operaia stakanovista.

Nel 1937, con l’inizio delle grandi purghe staliniane, viene inserito nelle liste di proscrizione stilate dai capi dell’emigrazione del PCI e passate al NKVD, la polizia politica, che esegue gli arresti e gli interrogatori, fino alle sentenze di morte o di detenzione nel Gulag. Arrestato il 2 ottobre e interrogato per mesi sotto tortura, De Marchi è condannato a morte il 22 maggio 1938 con la solita accusa di trockismo e di spionaggio, sostenuta dalle dichiarazioni delatorie di alcuni colleghi di lavoro. Viene fucilato nel poligono di Butovo, a Mosca, il 3 giugno e riabilitato il 14 luglio 1956, al termine del XX congresso del PCUS in cui Chruščёv denuncia i crimini staliniani.

La figlia Luciana, che fin dal momento dell’arresto del padre si rifiuta di credere alla sua colpevolezza e di rinnegarne la parentela, conduce per tutta la vita una battaglia personale per la verità, prima in Russia e poi in Italia. Denuncia le responsabilità dei dirigenti del partito comunista, in particolare dell’amico Germanetto, che si era rifiutato di intervenire a suo favore, e ottiene il riconoscimento dell’innocenza di Gino e della sua lealtà di militante comunista. Nel 2004 scopre la targa della via di Fossano intitolata al padre e nel 2005 partecipa all’inaugurazione a Milano del Parco Valsesia, dedicato alla vittime italiane dello stalinismo. Racconta la sua battaglia a difesa della memoria del padre a Gabriele Nissim, che la descrive nel libro Una bambina contro Stalin (Mondadori, 2007).

 

GABRIELE NISSIM E’ PRESIDENTE DI GARIWO, LA FORESTA DEI GIUSTI che ricerca in tutto il mondo i Giusti di tutti i genocidi.

 

 

 

3. DANTE CORNELI

 

Italian Samizdat: DANTE CORNELI: IL REDIVIVO TIBURTINO

 

Dante Corneli - Wikipedia

Libri Usati: Compro Vendo Libri - il mercatino del libro usato: compra e vendi testi usati

 

o, ancora, le testimonianze di Dante Corneli Persecutori e vittime (1979)

 

Italiani vittime di Togliatti e dello stalinismo. Scritti storico-politici di Dante Corneli Vol. 2: Amazon.it: Corneli, Dante, Marazzi, Antonella: Libri

e Elenco delle vittime italiane dello stalinismo (1982), ambedue, significativamente, stampate a cura dell’autore.

 

NOVITÀ EDITORIALI MARZO 2019: DANTE CORNELIù

 

Il redivivo tiburtino - Dante Corneli - Storia Contemporanea - Storia - Libreria - dimanoinmano.it

 

 

 

UNO SCRITTORE UNGHERESE CITATO DALL’AUTRICE DIDI GNOCCHI

 

ARTHUR KOESTLER — BUDAPEST

 

Ovvio il riferimento letterario, più volte, non a caso, citato da Didi Gnocchi, al drammatico Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler.

 

Arthur Koestler

Arthur Koestler, nato Artúr Kösztler (Budapest, 5 settembre 1905 – Londra, 1º marzo 1983), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, filosofo e parapsicologo ungherese naturalizzato britannico.

 

Buio a mezzogiorno - Arthur Koestler - copertina

Buio a mezzogiorno

 Arthur Koestler

Editore: Mondadori
Collana: Oscar classici moderni
Anno edizione: 1996
Formato: Tascabile
Pagine: 322 p.
9 EURO

 

L’opera più celebre di Koestler–  pubblicato in lingua inglese nel 1940 — racconta la storia di un vecchio bolscevico: ne descrive l’arresto, la detenzione, gli interrogatori, il processo per tradimento contro il Governo che egli stesso contribuì a creare, e l’esecuzione. Ambientato nel 1939, nel periodo delle grandi purghe di Stalin e dei Processi di Mosca, Koestler non nomina mai la Russia o l’URSS, tendendo invece a usare i termini generici di gente e organizzazioni. Cosicché, per esempio, si riferisce al Governo sovietico come “il Partito” e la Germania nazista è “la Dittatura”. Stalin è rappresentato dal “Numero Uno”, minaccioso despota. L’opera esprime tutta la disillusione provata da Koestler per la fede, irreparabilmente perduta, nell’ideologia totalitaria comunista dell’URSS all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

 

4. EDMONDO PELUSO

 

Di Peluso, sino ad un anno fa, si conosceva a malapena solamente il nome. L’autrice ne viene a conoscenza, per caso, a Mosca, in una conversazione con lo storico Frederik Firsov.

Scatta in lei il desiderio di ricostruire, pezzo per pezzo, una vita che si intreccia con le grandi vicende del movimento socialista dei primi del secolo: l’emigrazione, le lotte sociali, l’antimilitarismo, l’opposizione alla guerra (Peluso partecipa alle conferenze internazionali in cui il socialismo di sinistra tenta di riorganizzarsi, dopo la bancarotta della Seconda Internazionale), il convulso dopoguerra sino alla fondazione del PCI, l’avvento del fascismo e la scelta dell’esilio nella “patria del socialismo”.

Peluso è un viaggiatore instancabile, spinto alla conoscenza di altri mondi (spesso l’autrice compie un parallelo con il Che), dall’America all’estremo Oriente, ma anche desideroso di avventura. Si parla, ma non è documentata, di una sua presenza nel ’27 in Cina, nel drammatico massacro del movimento comunista.

Conosce grandi figure, quasi mitiche, dagli italiani Gramsci, Bordiga, Togliatti a cardini del socialismo internazionale come Rosa Luxemburg, Kautsky, Liebknecht, Bebel, Lafargue e la moglie, Laura Marx, al romanziere Jack London.

Didi Gnocchi ricostruisce la sua esistenza, quasi come nel gioco del domino e molti fatti si svelano come in un libro giallo. Va a Napoli, ritrova i suoi parenti, sparsi in tanti paesi del mondo, ricerca, con pazienza certosina, i documenti, visita il carcere in cui il comunista italiano viene rinchiuso nel 1938.

Emergono i verbali dell’interrogatorio, le tecniche degli inquisitori, la fierezza dell’accusato che rivendica il suo passato cristallino, l’impegno politico di una vita, l’opposizione al fascismo, anche le carcerazioni in Italia e in Svizzera.

Peluso confessa dopo torture fisiche e morali. Poi ritratta.

Il suo giudizio sull’URSS è già cambiato prima dell’arresto. Appaiono quasi ingenue e commoventi le iniziali valutazioni sulla costruzione del socialismo, presenti nelle lettere ai familiari.

Le scelte economiche dell’URSS sono necessarie anche se dolorose: lì non esiste la disoccupazione, la collettivizzazione delle terre porterà cibo per tutti (mentre nei paesi capitalistici si soffre la fame), esiste il problema della coabitazione, ma sarà risolto in breve tempo, quando l’industria pesante porterà benessere al paese intero

.Significativa pure la certezza dell’imminente rientro in Italia. Il fascismo cadrà entro breve tempo, travolto dalla crisi del capitalismo e sarà sostituito dal potere del proletariato.

Queste speranze, queste certezze proprie anche di tanti intellettuali europei che negli anni Trenta esaltano l’URSS (fa eccezione il solo André Gide), lasciano spazio a considerazioni amare:

il socialismo si è trasformato in un potere personale che si regge sul conformismo, sulla paura, sulla forza, , il peso della burocrazia è totale, il lavoro non è liberato, l’informazione è asservita; si è spenta anche la spinta internazionalista.

L’animo ribelle e libertario del comunista italiano non può piegarsi al dispotismo.

Il testo riporta alcune parti della autobiografia di Peluso, significativamente intitolata Cittadino del mondo. In seguito, ancora nel 1940, scrive una memoria difensiva in cui ritorna su tanti episodi della propria vita.

L’autrice non la ripercorre in ordine cronologico, ma mostrando il cammino compiuto (conversazioni, ritrovamento di documenti, indizi, testimonianze) in uno singolare intreccio fra l’URSS di ieri e la Russia di oggi.

Il fatto che una significativa personalità come quella di Edmondo Peluso sia stata stroncata dalla burocrazia, dal dispotismo, da un meccanismo oppressivo che ha divorato una intera generazione di rivoluzionari è quasi metafora della degenerazione di una grande potenzialità, della “eterogenesi dei fini” che il comunismo ha prodotto nella involuzione vissuta negli anni Venti. E’ grande merito dell’autrice avere riportato alla luce una bella figura, sepolta dal tempo e da silenzi colpevoli.

ALTRA RECENSIONE. II

 

 

REPUBBLICA DEL  22 GIUGNO 2001

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/06/22/un-comunis-eccentrico.html

 

MIRIAM MAFAI

 

 

un comunis eccentrico

 

La storia dei comunisti italiani che per sfuggire alle persecuzioni fasciste si rifugiarono nella loro «Casa Madre», in URSS dove, negli anni del terrore staliniano, vennero travolti da più spietate persecuzioni, e dunque processati per colpe mai commesse, torturati, condannati, deportati o condannati a morte è una storia ancora tutta fa scrivere. Ne conosciamo solo alcuni brandelli. Dante Corneli, che riuscì a sopravvivere al gulag e a tornare in Italia, ha passato gli ultimi anni della sua vita chiuso nella sua vecchia casa di Tivoli, compilando un elenco il più possibile completo di quei nomi. Duecento in tutto, a quanto egli stesso ricordava. Didi Gnocchi, una giovane giornalista italiana, per puro caso, un giorno, a Mosca, nel 1992 ha inciampato in uno di quei nomi. Era andata a intervistare lo storico Frederik Firsov, per una vicenda nella quale era coinvolto Palmiro Togliatti, ma all’ improvviso il suo interlocutore le chiese se conosceva la storia di Edmondo Peluso, «uno dei pochi casi in cui il segretario comunista era intervenuto per salvare un compagno in disgrazia». Intervento inutile, precisò lo storico, mostrando alla collega italiana un documento dell’ NKVD che respingeva qualunque interessamento, il Peluso «essendo già stato individuato da tempo come un trockista e un provocatore».

Una storia comune a molti emigrati antifascisti italiani, ma nella testa della giornalista, quella storia comincia a scavare, come un’ ossessione. E dunque decide di lavorare su quel nome, partendo dalle poche notizie disponibili. Nella sua ricerca imbocca più di un vicolo cieco. Ma tutte le volte che, scoraggiata, sta per rinunciare, interviene qualche piccolo colpo di scena: ora la improvvisa disponibilità di un archivista russo ora un felice collegamento via Internet con lontani parenti del personaggio, ora il ritrovamento di un suo scritto, una sorta di autobiografia, pubblicata alla fine degli anni 20 a Mosca. Il libro che dopo nove anni di lavoro viene alla luce (Didi Gnocchi «Odissea Rossa La storia dimenticata di uno dei fondatori del Pci Einaudi, pagg. 247, lire 28.000) è dunque insieme la storia di queste ricerche e la storia di Edmondo Peluso, un comunista eccentrico, nato nel 1882 in un basso napoletano (ma poi si scoprirà, come in un vero romanzo, che la nonna era una nobile), e che a ragione si definiva «cittadino del mondo», avendo vissuto come emigrante a Barcellona, a Parigi, a New York, a San Francisco e avendo raggiunto poi, imbarcato come fuochista sulla Record, Hong Kong, Shangai, Macao, Manila, Nagasaki. Un vagabondo, insomma, che in un caffè di Oakland una notte del 1908 conosce Jack London e si converte al socialismo. Questa scelta, la buona conoscenza di tre o quattro lingue, e il gusto per il vagabondaggio ne faranno, in breve tempo, il collaboratore di una serie di giornali socialisti dell’ epoca: scrive per il Vorwarts e per Humanité, conosce Otto Bauer, Clara Zetkin, Rosa Luxemburg, saluta la Rivoluzione d’ Ottobre come «l’ aurora della nuova era del proletariato», partecipa alla rivolta operaia di Berlino, e poi, tornato in Italia, alla fondazione del Partito Comunista.

Nel tentativo di riannodare i fili spezzati o mancanti di quella vita, la giornalista italiana rincorre, nella Russia degli anni 90 i pochi superstiti di quelle vicende e le carte degli archivi della Polizia Segreta. Attraversa una Mosca miserabile, dove ad ogni angolo di strada alcune povere vecchie tentano di vendere qualche consunto oggetto di casa e dove i bambini  chiedono l’ elemosina. Ottiene di entrare nella prigione di Burtyka dove parla con i condannati a morte e con il boia. Visita la regione di Kemerovo, dove, a 20 gradi sotto zero i minatori scendono in sciopero per reclamare un salario da troppi mesi non ricevuto.

Le immagini della Russia di oggi si sovrappongono così alle immagini della Russia di allora, quando vi arrivò lo stravagante e ingenuo Edmondo Peluso , con gli occhiali a pincenez, la barbetta ben curata, il cappotto elegante, e ben piegato nella valigia un kimono, da cui non si separava mai, ricordo dei suoi viaggi in Oriente. L’ uomo che aveva partecipato alla fondazione del Partito Comunista a Livorno, che nel 1925 era stato mandato a Canton per preparare l’ insurrezione della città contro il Kuo Min Tang, che era convinto di far parte di una sorta di «aristocrazia» del movimento operaio internazionale verrà arrestato, a Mosca, nel 1938 , rinchiuso nella prigione di Burtyka, accusato di ogni nefandezza come nemico del popolo. Confesserà; poi denuncerà le sevizie cui era stato sottoposto e ritratterà la confessione. Riuscirà a far arrivare un messaggio a Togliatti che interverrà, invano a suo favore. Una sentenza del maggio 1940 lo destina, per un periodo di cinque anni, alla deportazione nel villaggio di Suchobusimo, nella regione di Krasnojark (a poca distanza da Kemerovo, il paese dei minatori).

Era ormai un povero vecchio, di oltre sessant’ anni, malato, insofferente, soggetto a violenti scatti d’ ira. Agli altri deportati, increduli, raccontava della sua vita. E gridava ad alta voce il suo giudizio sull’ Urss. «Il socialismo in questo paese» diceva «rappresenta il trionfo della polizia segreta, è un trono lordato dal sangue degli uomini migliori. Ma io vi dico che questo potere si regge sulle baionette, sulle camere di tortura, sulle repressioni e questo potere che mantiene il popolo con razioni di fame, non può essere durevole… Non appena avrò la possibilità di lasciare questo villaggio aprirò gli occhi ai miei compagni». Non lascerà mai quel villaggio. Denunciato da un altro deportato, verrà arrestato e rinchiuso nella prigione di Krasnojarsk. Qui verrà ancora interrogato, fino allo sfinimento. Verrà condannato a morte il 31 gennaio del 1942. Sepolto, probabilmente, in una fossa comune. Come tante altre vittime.

 

 

EDMONDO PELUSO– IMMAGINI E LA SUA BIOGRAFIA RACCONTATA DA GARIWO

 

 

Peluso Edmondo, professione: rivoluzionario | Latina Città Aperta

 

Edmondo Peluso - partigiano e antifascista, arrestato in Urss [articolo]

 

La storia di Edmondo Peluso, dalla rivoluzione al gulag | la piega

 

Peluso Edmondo, professione: rivoluzionario | Latina Città Aperta

PELUSO E IL GEORGIANO LEZHAVA AL IV CONGRESSO IC –

05 NOVEMBRE 1922- 05 DICEMBRE 1922

 

 

Peluso Edmondo, professione: rivoluzionario | Latina Città Aperta    Peluso Edmondo, professione: rivoluzionario | Latina Città Aperta

 

 

Nato a Napoli nel 1882, si trasferisce ancora bambino con la famiglia prima in Spagna, poi negli Stati Uniti e in seguito in molti altri paesi, spinto dalla militanza politica. Aderisce al Partito Comunista d’Italia fin dalla sua fondazione nel 1921, dopo essersi già iscritto ai vari partiti operai di ogni parte del mondo (Francia, Usa, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Germania). Diventa membro del Partito comunista bolscevico in Russia nel 1927, quando vi si trasferisce definitivamente e riceve nel 1928 la tessera onoraria di membro dello stesso partito dal 1915, anno in cui era stato arrestato per opposizione alla prima guerra mondiale. Riveste in quegli anni importanti incarichi anche nel Komintern ed è citato da Lenin, che apprezza i suoi scritti. Viene arrestato varie volte, sia in Italia che all’estero, incarcerato e picchiato. Lavora come giornalista nelle redazioni degli organi di stampa di orientamento socialista di tutto il mondo e si adatta, nelle sue peregrinazioni, ai lavori più impensati, anche umili e pesanti, da fuochista a tipografo, stenografo, impiegato di banca. Conosce perfettamente molte lingue, francese, inglese, tedesco, spagnolo, russo, oltre l’italiano. Scrive diverse opere sulla rivoluzione socialista e un libro autobiografico Il cittadino del mondo, di cui è molto fiero. In Urss insegna italiano e storia del movimento operaio nelle scuole di Mosca e nei circoli degli emigrati politici.

Il 26 aprile 1938 viene arrestato dal Nkvd e rinchiuso nel carcere di Lefortovo, da cui sarà trasferito in quello di Butyrskaja. Viene interrogato per cinque mesi senza esito, finché cede alle torture e confessa di essere una spia e un controrivoluzionario, riuscendo tuttavia a non coinvolgere nessun altro nelle sue deposizioni: fa soltanto i nomi di persone che sa al sicuro all’estero o già arrestati e spariti nel nulla. Appena riprende le forze ritratta tutto ciò che ha dichiarato denunciando le percosse e i maltrattamenti subiti, fino al processo, iniziato il 16 novembre 1939, in cui si dichiara innocente e chiede giustizia. Dopo un supplemento di istruttoria, resasi necessaria per l’abilità e la determinazione con cui l’imputato ha saputo difendersi, il 14 maggio 1940 Peluso viene condannato per spionaggio a cinque anni di deportazione (senza detenzione) nella regione di Krasnojarsk, in Siberia. Nel giugno 1941 viene nuovamente arrestato e sottoposto a estenuanti interrogatori per tutto il mese di luglio. Il giudice istruttore tenta inutilmente di strappargli una confessione e di costringerlo alla delazione, dopo avergli mostrato i verbali di interrogatorio dei compagni di deportazione che hanno deposto contro di lui.

Nel mese di agosto le condizioni di salute di Peluso, già precarie, si aggravano, secondo il rapporto del medico del carcere, che tuttavia ne autorizza il ritorno al lavoro. Il 31 gennaio 1942 viene condannato dalla Commissione speciale dell’Nkvd alla pena di morte, eseguita mediante fucilazione, per propaganda antisovietica, con un semplice atto amministrativo senza processo. Il 7 luglio 1956 il Collegio militare del Tribunale supremo dell’Urss ne decreta la riabilitazione, perché “condannato senza fondamento”.

 

DA :

IT.GARIWO.NET 7 / GIUSTI / GULAG-E-TOTALITARISMO/ EDMONDO PELUSO

https://it.gariwo.net/giusti/gulag-e-totalitarismo/edmondo-peluso-1496.html

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2 risposte a DONATELLA NOSTRA, grazie ! ” ODISSEA ROSSA ” DI DIDI GNOCCHI, EINAUDI 2001 + recensioni e documentazione — forse troppa–ch.

  1. roberto rododendro scrive:

    accidenti!
    Emozionante.
    Solo che non ho capito se devo comprare un solo libro o un’intera biblioteca ( vorrei cambiare casa con una più piccola e già così ci vado stretto 🙂 )

    • Chiara Salvini scrive:

      Finalmente ti sei ricordato di noi ! Ma dove sei stato tutto questo tempo ? Avevamo grande nostalgia ! sei il solito burlone, meno male che non cambi, grazie di stare così ! un abbraccio caro Robbi, se mai leggerai, chiara per il blog
      PS. Domani Mario ha un piccolo vernissage, non vuoi venire così ci vediamo ?

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