LINKIESTA DEL 15 OTTOBRE E DELL’11 OTTOBRE 2019 :: Ecco che cosa può fare l’Italia per fermare Erdogan– Quanto meno richiamare i nostri soldati che sul confine difendono Erdogan e le sue truppe –VEDI 2° ARTICOLO

 

LINKIESTA DEL 15 OTTOBRE 2019

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/10/15/erdogan-turchia-hevrin-khalaf-assad-curdi-kurdistan-nato/43941/

 

 

Ecco che cosa può fare l’Italia per fermare Erdogan

Il tradimento Usa e i silenzi dell’Occidente stanno ridisegnano in poche ore un nuovo Medio Oriente. Avremmo dovuto imporre noi, invece, una “No-Fly Zone” sul nord della Siria per proteggere i nostri alleati curdi

 

 

 

 

FOTO – Nigrizia  — http://www.nigrizia.it

 

L’attacco della Turchia nel Kurdistan è iniziato soltanto pochi giorni fa e già si contano 130.000 nuovi civili rifugiati dalle aree di frontiera fra Kurdistan siriano e Turchia verso l’interno e l’Iraq; 780 detenuti ISIS evasi dalle carceri curde; milizie jihadiste che con la copertura dell’esercito turco compiono crimini di guerra come lo stupro e l’esecuzione della leader politica curda Hevrin Khalaf; il ritiro delle forze speciali USA; l’accordo fra curdi e regime di Assad e l’ingresso dell’esercito siriano nelle aree fin qui controllate dai curdi; un capovolgimento di alleanze che vede i curdi, fino a ieri i migliori alleati dell’Occidente, finire nelle braccia di Assad e della Russia.

Ma come ha dichiarato ieri Mazlum Kobani (comandante in capo dell’SDF): «Se dovremo scegliere fra il genocidio della nostra gente e dovere scendere a patti con chi non avremmo voluto (Assad e Putin), sicuramente sceglieremo per la vita della nostra gente». Difficile dargli torto.

Questo “mondo alla rovescia” ci è stato regalato da una serie di tweet del Presidente Trump che in poche ore ha tradito, con una slealtà che ha pochi precedenti nella storia recente, i nostri unici alleati seri ed affidabili nel teatro siriano: la “SDF-Syrian Democratic Force”, la coalizione fra i curdi di YPG e diverse milizie assire, cristiane e arabe. Sono loro che, dalle ceneri di Kobane, hanno ridato speranza ad un Medio Oriente sopraffatto dalle milizie del califfato, dai tagliagole dello Stato Islamico.

I curdi siriani insieme ai Peshmerga iracheni pagano un prezzo altissimo con oltre 10mila caduti, hanno sconfitto ISIS con il sostegno della coalizione internazionale che ha garantito la copertura aerea, addestramento e forniture militari

 

I curdi siriani, che insieme ai Peshmerga iracheni, pagando un prezzo altissimo con oltre 10mila caduti, hanno sconfitto ISIS con il sostegno della Coalizione internazionale che ha garantito la copertura aerea, addestramento e forniture militari. I curdi in Siria ed in Iraq sono stati i “boots on the ground” ( ” stivali sul terreno ) di un Occidente che, dopo le infinite guerre in Iraq e in Afghanistan, non sarebbe più riuscito a fermare con proprie truppe sul terreno l’avanzata inesorabile dei jihadisti che fino a poco tempo fa occupavano meta della Siria ed un terzo dell’Iraq.

Era già successo a Kirkuk, quando dopo il Referendum sull’Indipendenza del Kurdistan iracheno (25 settembre 2017), l’Occidente abbandonò i curdi, costretti a ritirarsi da Kirkuk e dalle altre zone strappate dall’ISIS, per evitare il massacro da parte delle milizie sciite, armate dal regime iraniano e sostenute dall’esercito iracheno, armato da noi.

 

Risultati immagini per HEVRIN KHALAF

 

 

Ora è successo di nuovo, in maniera ancora più eclatante. La morte di Hevrin Khalaf​ ne è la metafora più evidente: donna, libera, impegnata in politica per la convivenza civile fra curdi, arabi, assiri, islamici e cristiani, fondatrice, in una terra che sembrava senza più futurodi un partito il cui nome anch’esso abbiamo tradito: il Partito del futuro siriano. Bloccata in auto vicino a Tal Abyad da quelle milizie jihadiste, composte da transfughi di Al Qaeda che il satrapo Erdoğan usa in prima fila nell’invasione di queste ore, struprata, mutilata e il suo corpo martoriato a rimbalzare sui cellulari e sui social jihadisti.

Di questo è responsabile il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che con la “green light” del presidente Donald Trump ha dato il via l’ennesima mattanza siriana, il primo caso di un paese membro della NATO che promuove una pulizia etnica aggredendo un popolo libero, in totale spregio di quei valori che costituiscono il patto fondativo dell’Alleanza Atlantica: libertà, democrazia, stato di diritto. E in questo mondo alla rovescia in cui ci hanno condotto Trump ed Erdoğan, abbiamo anche dovuto assistere al veto congiunto di USA e Russia nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro una risoluzione di condanna dell’invasione turca proposta da Francia e Gran Bretagna.

 

Intanto le forze di Assad in queste ore, per la prima volta da molti anni, sono rientrate nel Kurdistan siriano e si vocifera di una possibile No-Fly zone che potrebbe essere imposta dalla Russia sull’area per tutelare le forze curde

 

Intanto le forze di Assad in queste ore, per la prima volta da molti anni, sono rientrate nel Kurdistan siriano e si vocifera di una possibile No-Fly zone che potrebbe essere imposta dalla Russia sull’area per tutelare le forze curde. Il tradimento Usa e i silenzi dell’Occidente stanno ridisegnano in poche ore un nuovo Medio Oriente. Avremmo dovuto imporre noi, invece, una “No-Fly Zone” sul nord della Siria per proteggere i nostri alleati curdi, come fece l’amministrazione di Bush senior nel nord dell’Iraq per difendere i peshmerga dalla vendetta di Saddam Hussein.

Dopo le prime timidissime reazioni nelle cancellerie occidentali, urge un sussulto di dignità del mondo libero. Al Senato Usa, su iniziativa del repubblicano Lindsay Graham e del democratico Chris Van Hollen, è stata depositata una risoluzione molto dura che condanna l’azione turca e propone un regime di sanzioni contro il regime di Erdoğan.

È un buon inizio, ma si può fare di più. E anche l’Italia può fare la propria parte, interrompendo le forniture di armi alla Turchia (non soltanto i contratti futuri, ma le forniture in essere) e mettendo in cantiere una serie di azioni per aumentare l’isolamento internazionale della Turchia: richiamare l’ambasciatore da Ankara; ritirare i 130 soldati italiani inquadrati nella missione Active Fence per la difesa dello spazio aereo turco (sic!); chiedere la convocazione del consiglio NATO per valutare un’iniziativa nei confronti della Turchia insieme ai partner dell’Alleanza e per valutare anche se la presenza della Turchia sia ancora compatibile con i valori fondanti dell’Alleanza.

E questo è il nodo cruciale. L’Alleanza atlantica è molto di più di una semplice alleanza militare come scritto a chiare lettere nel trattato: «Gli Stati che aderiscono al presente Trattato… si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto».

 

 

 

LINKIESTA DELL’11 OTTOBRE 2019

 https://www.linkiesta.it/it/article/2019/10/11/italia-missili-turchia-bombardamenti-curdi/43897/

Sorpresa, i nostri missili e i nostri soldati difendono la Turchia che bombarda i curdi

Mentre il Ministro degli Esteri Di Maio convoca l’ambasciatore di Ankara e condanna l’attacco di Erdogan, l’Italia schiera al confine siriano 130 soldati e una batteria di missili per proteggere con la Nato lo spazio aereo di Ankara da una possibile risposta proveniente dalla Siria

 

Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha convocato l’ambasciatore turco alla Farnesina (non è un film di Totò, è tutto vero) perché condanna e considera inaccettabile l’iniziativa militare della Turchia in Siria che avrebbe già fatto una decina di morti, metà dei quali civili, e provocato la fuga di decine di migliaia di persone. Per una volta, una posizione formalmente ineccepibile, quella di Di Maio, anche perché i funzionari del nostro servizio estero sono professionisti di grande valore cui per evitare imbarazzi i dirigenti grillini lasciano spesso sbrogliare questioni al di sopra delle loro competenze. Anche questa è una nota di merito.

 

C’è un però, un piccolo ma significativo dettaglio che rende grottesca la posizione italiana. Il piccolo dettaglio si chiama Operazione Active Fence. In questo momento, l’Italia schiera un contingente di centotrenta uomini, una batteria di missili terra aria Aster SAMP/T e alcuni veicoli logistici proprio al confine tra la Turchia e la Siria, ma attenzione: a difesa dello spazio aereo turco, cioè a protezione di chi sta sistematicamente uccidendo i curdi.

Se i curdi volessero rispondere all’attacco turco o se il regime di Assad volesse marcare il territorio siriano e, come è successo più volte in passato, desse una mano ai curdi in funzione anti turca, i nostri uomini lancerebbero i missili italiani in difesa

Operazione Active Fence è una missione Nato, votata nel luglio 2019 da tutti i partiti tranne i deputati alla sinistra del PD e con il voto favorevole anche del movimento Cinque stelle di Di Maio, e la Turchia è uno Stato Nato che si sentiva minacciato dalla Siria. È un dovere dei membri dell’Alleanza Atlantica, tra cui l’Italia, difendere un alleato che chiede aiuto e si ritiene in pericolo. E cosi, da qualche tempo, i paesi Nato si alternano al confine siriano. Ora ci sono gli spagnoli e i nostri soldati, i quali rimarranno fino a dicembre a difendere il regime turco, mentre il regime turco attacca il popolo curdi.

La nostra presenza al confine vuol dire che se i curdi volessero rispondere all’attacco turco – oppure se il regime di Assad volesse marcare il territorio siriano e, come è successo più volte in passato, desse una mano ai curdi in funzione anti turca – i nostri uomini lancerebbero i missili italiani in difesa della Turchia, dell’aggressore. Ve l’avevo detto che sembrava un film di Totò, però girato da Dario Argento.

La contraddizione è evidente e l’ipocrisia anche: i deputati di maggioranza e di opposizione facciano notare entrambe, martedì prossimo, quando il Ministro riferirà in Parlamento. E Di Maio, anziché fare la faccia feroce con l’ambasciatore turco, si adoperi con il ministro della Difesa Lorenzo Guerini per ritirare i nostri soldati mandati al confine turco-siriano per una minaccia che non c’è e che ora si ritrovano a difendere con le armi l’espansionismo etnico di Recep Tayyip Erdogan contro l’ultimo argine dell’occidente allo Stato islamico.

 

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