ore 23:09 2012 ENZO MAIOLINO —LA GEOMETRIA DEL TANGRAM—-LA REPUBBLICA ARCHIVIO 7 SETTEMBRE 2012 DI GERMANO BERINGHELI (chiara: mi dispiace molto, specie su un articolo di Enzo Maiolino, per “lo sbando” che a volte fa, ma adesso non me la sento di fare il lavoro di “raddrizzarlo”–bisogna tagliare ogni riga—

Maiolino, la geometria del Tangram

A PRESCINDERE da ogni rievocazione sentimentale degli anni sessanta del secolo passato – ovvero per quelli della mia la giovinezza e per l’ entusiasmo con cui corrisposi, allora, al Centro per l’ Educazione Artistica del Ministero per la Cultura, all’ aggiornamento degli insegnanti di quella materia – penso di aver avuto, proprio da Accatino e, forse, da Giulio Carlo Argan, le prime notizie sull’ esistenza, nell’ estrema riviera di ponente, del pittore Enzo Maiolino anche scrittore e importante storico.Di fatto, già nei primi anni cinquanta, Argan aveva presieduto, a Bordighera, uno dei primi Premi istituiti nel nostro Paese nel dopoguerra e aveva avuto sentore, probabilmente, dell’ Accademia che Giuseppe Balbo si proponeva di fondare e che Maiolino avrebbe successivamente frequentato.Di fatto il lavoro del giovane pittore (nato nel 1926 in provincia di Cosenza ma dal 1937 trasferito, con la famiglia, a Bordighera) stava rimandando – quella volta e per la naturale e progressiva evoluzione plastico /cromatica successiva alle avanguardie storiche – le forme strutturali della propria figurazione d’ esordio (il paesaggio ligure in chiave cubista) alle stimolanti espressioni dell’ astrattismo che stava individuando in quegli anni, soprattutto attraverso la sopravvenuta psicologia della forma, gli svolgimenti, logicamente conseguenti del discorso pittorico e significativamente simbolico di Kandinskij.Naturalmente dopo le prove di indirizzo propriamente realista – indotte sia dall’ attenzione alle trasparenze cromatiche di Giorgio Morandi come agli assoluti equilibri antinovecentisti dei Sei di Torino, influenze entrambi evidenti nelle posteriori proprietà luminose dei dipinti dei reticoli grafici delle sue polite e notissime incisioni.Maiolino, che nel frattempo aveva messo a frutto anche gli estremi moduli stilistici e le fini e vaporose campiture coloristiche di Calderara, avviò, conseguentemente, il proprio lavoro curando, come scrissi in altra occasione, il rigore spaziale e la distribuzione sulla superficie degli elementi linguistici che trovano corrispondenza con un vissuto molto interiorizzato.Così da meritare l’ affermazione di Sandro Bajni sulla convinzione che Maiolino dipingesse la trasparenza e per cui, alla domanda se si potesse rappresentare davvero la trasparenza, aveva risposto di non saperlo ma di essere certo che il suo amico pittore c’ era riuscito.Come g l i e n t u s i a s m i espressi da Vanni Scheiwiller e da Biamonti quando si occuparono dei suoi interventi, assieme all’ eminente critico t o r i n e s e R e n z o Guasco che fu tra i primi ad apprezzarne l’ attività.Di fatto il Nostro, intellettuale quale è, avendo letto, l’ Homo Ludens di Huizinga, ha trovato conferma del proprio operare proprio laddove lo storico esteta tedesco aveva tratteggiato, all’ inizio del XX secolo, i rapporti tra gioco e arte.Infatti l’ aspetto ludico è perspicuo nella pittura e nelle incisioni di Enzo Maiolino, segnatamente nelle opere in cui la sua sensibilità linguistica appare primaria, per esempio nella disposizione significativa, intessuta di ritmo e di armonia, delle tessere del Tangram o nei Pentamini da cui, come ha osservato di recente Leo Lecci, giovane storico dell’ arte, nascono sempre nuove e inaspettate geometrie.Maiolino – che ha esposto in tutto il mondo (anche all’ Istituto Italiano di Cultura di Colonia nel 1997, nel 2004 e nel 2005) e che è stato onorato, nel 2001, del prestigioso Premio Mario Novaro per cinquanta anni di grafica-è più noto, probabilmente, in ambiti nazionali e all’ estero che in Liguria.Infatti – per quanto Genova si sia occupata del suo lavoro, nel 2001, con una mostra al Museo di Villa Croce e la Città di Sanremo e la Fondazione De Ferrari abbiano dedicato, nel 2007, alle sue Geometrie in gioco una intera mostra curata da Leo Leccie Paola Valente – di lui poco si parla per quanto abbia avuto, fuori regione, riscontri critici altamente qualificanti, specie in Francia e in Germania dove Walter Witt, importante critico d’ arte, gli ha organizzato numerose mostre personali nei musei di Bonn, Colonia e Munster, corredate dal catalogo generale delle incisioni realizzate.

GERMANO BERINGHELI07 settembre 2012

 

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