23:43 DA NEMO FINALMENTE CI SIAMO RIUSCIITI ! INTERVISTA A STEFANO RODOTA’ IN RELAZIONE AL LIBRO USCITO IN LIBRERIA OGGI : ” DIRITTO D’AMORE ” —–notte bella! ” PORQUE AMANHA E’ SABADO! ” CIAO CHIARA — l’intervista rimessa insieme come abbiamo potuto si capisce, ho trovato un altro testo forse più chiaro. In queste cose “repetita ultraiuvant, ragazzi di sabato da noi grigio perlina “—

 

 

 

 

 

gli amanti di Magritte

 

 

CULTURA
Intervista a Stefano Rodotà che in un saggio riflette su quanto poco le nostre leggi corrispondano ai mutamenti della vita affettiva
“Com’è povero il diritto se non parla d’amore”
SIMONETTA FIORI

Per il diritto l’amore non esiste. Nel codice la parola non compare mai, segno di una insofferenza forse reciproca, di una incompatibilità che in Italia è più forte che altrove. Al conflitto permanente tra diritto e amore dedica bellissime pagine Stefano Rodotà, un giurista da sempre attento al tumultuoso rapporto tra l’irregolarità e l’imprevedibilità della vita e l’astrazione formale della regola giuridica (“Diritto d’amore”, Laterza). Inutile aggiungere da che parte stia Rodotà. Ed è superfluo anticipare che in questa storia protagonisti non sono solo il diritto e i sentimenti ma anche la politica. Con alcune vittime  –  un tempo le donne, oggi gli omosessuali- che guidano il cambiamento.


” Pietro nella sua prima lettera ai Corinzi predicava il possesso reciproco e paritario tra marito e moglie, da noi si è affermato il modello gerarchico maschilista che riduce il corpo delle donne a proprietà del marito ».

Questo modello gerarchico è perdurato in Italia fino alla metà degli anni Settanta del Novecento. Un’anomalia italiana anche questa?

«No, sul piano storico non direi. Il modello famigliare della modernità occidentale — dalla fine del Settecento in avanti — è stato terribilmente gerarchico. Dopo l’unificazione noi assorbimmo il codice francese firmato da Napoleone, che sanciva la più cieca obbedienza della moglie al marito. Pare che Napoleone durante la campagna d’Egitto fosse rimasto colpito dal modo in cui il diritto islamico disciplinava il rapporto tra moglie e marito».

Da noi la storia successiva è stata condizionata dalla Chiesa cattolica. Ma anche la politica ha contribuito ad anestetizzare i sentimenti.

«Sì, il matrimonio ha mantenuto il suo impianto gerarchico anche grazie all’influenza della Chiesa. Quanto alla politica, per una fase non breve della storia, si è mossa in una logica di disciplinamento delle pulsioni, nell’incontro tra il rigorismo cattolico e quello socialcomunista ».

Colpisce che anche i nostri padri costituenti — Calamandrei, Nitti, Orlando — si opponessero al principio dell’eguaglianza tra marito e moglie perché in conflitto con il codice * Una carta che nell’accesso al matrimonio cancella il riferimento nella coppia.

«Incredibile. Nelle loro teste il modello matrimoniale consegnato alle regole giuridiche è un dato di realtà irriformabile. Non si rendevano conto che stavano cambiando le regole del gioco. E che la carta costituzionale stava sopra il codice civile».

Una rigidità che lei ritrova in una recente sentenza della Corte costituzionale, che dice no ai matrimoni gay in nome del codice civile.
«Sì, anche loro si piegano al codice che parla soltanto di matrimoni «Si tratta di un conflitto molto ideologizzato, favorito dallo sciagurato radicamento dei cosiddetti “valori non negoziabili” e “temi eticamente sensibili”. Questi vengono sottratti al legislatore non perché il legislatore non se ne debba occupare ma perché il legislatore deve accettare il dato naturalistico e immodificabile ».

Una barriera che non esisteva ai tempi delle battaglie sul divorzio e sull’aborto.

«E infatti non ci fu la stessa intolleranza. Pur nell’ostinata contrarietà, la Dc prendeva atto che erano intervenute novità sociali non più trascurabili».

Il disgelo era cominciato negli anni Sessanta, quando l’amore cessò di essere fuorilegge.
Solo nel 1968 la Corte costituzionale cancellò il reato di adulterio per le donne. E nel 1975 arriva il nuovo diritto di famiglia, che mette fine al modello gerarchico.

«Sì, alle logiche proprietarie.”

Professor Rodotà, diritto e amore sono incompatibili?
domando, i figli dei genitori
single?».

Mentre la vita è movimento volubile e multiforme, il diritto è esattamente il contrario, parla di regolarità e uniformità, è insofferente alle sorprese della vita. Quando poi si entra nel terreno amoroso, la soggettività prorompe. E il diritto è decisamente a disagio ».

“Nel nuovo diritto di famiglia subentrano logiche affettive. E tuttavia anche in quella occasione il legislatore trattenne la sua mano di fronte alla parola amore. Si parla di fedeltà, collaborazione, ma non d’amore».

Ma si può mettere la parola amore in una legge?

«Qualcuno sostiene: più il diritto se ne tiene lontano, meno lo nomina, meglio è. Però bisogna domandarsi: il diritto non nomina l’amore perché lo rispetta fino in fondo o perché vuole subordinarlo ad altre esigenze?”

Perché?
«I rapporti affettivi possono essere qualcosa di esplosivo nell’organizzazione sociale. E dunque il diritto s’è proposto come strumento di disciplinamento delle relazioni sentimentali.
Non c’è alcuna prova che figli cresciuti in famiglie omosessuali mostrino ritardi”

” Basta ripercorrere due secoli di storia: nella tradizione occidentale il diritto per un lungo periodo ha sancito l’irrilevanza dell’amore. E di fatto ha sacrificato le donne, codificando una diseguaglianza».

C’è il diritto d’amore delle coppie omosessuali, che devono poter accedere al matrimonio. Ma c’è anche il diritto d’amore dei figli, che devono poter essere amati da un padre e da una madre. Come si conciliano questi due diritti?

«Non c’è alcuna evidenza empirica che figli cresciuti in famiglie omosessuali mostrino ritardi sul piano dello sviluppo della personalità e dell’affettività. E allora, dobbiamo essere in grado di costruire dei modelli culturali adatti a questa nuova situazione. Finché manteniamo il conflitto e l’esclusione, tutto questo diventa più difficile».

Lei dice: il matrimonio egualitario porta con sé la legittimità delle adozioni.

«Certo. Se una volta raggiunto questo risultato se si vuole discutere, si potrà farlo senza ipoteche ideologiche. È una storia che non finisce. Come non si finisce mai di rispondere alla sollecitazione di Auden: la verità, vi prego, sull’amore».

«Il rapporto di coppia è stato riconosciuto in funzione di qualcosa che non ha nulla a che vedere con i sentimenti: la stabilità sociale, la procreazione, la prosecuzione della specie. Sulle logiche affettive hanno prevalso quelle patrimoniali. “

I genitori single — forse più di tutti gli altri — sanno che i figli hanno bisogno di un padre e di una madre, di una figura maschile e di una femminile. E anche la psichiatria formula dubbi sulle adozioni delle coppie gay.

«Lei pone una questione che però non si risolve con l’uso autoritario del diritto. Prima riconosciamo pari dignità a tutte le relazioni affettive e prima saremo in grado di regolamentare in modo paritario le relazioni
tra uomini e donne. Mi ha colpito il riferimento della Corte a una tradizione ultramillenaria del matrimonio: come se si trattasse di un dato naturale non soggetto ai mutamenti sociali e antropologici. Invece si tratta di una costruzione storica che è andata cambiando in Europa e in Italia. Ma l’Italia è l’unico paese che non vuole prenderne atto, nonostante abbia sottoscritto la carta dei diritti dell’Unione europea».
“L’Italia è l’unico paese che non registra cosa è cambiato nell’istituto matrimoniale e nella relazioni sessuali.”

«Ed è stato proprio quell’articolo, l’articolo nove, bersaglio di una forte pressione da parte della Chiesa. Pressioni passate sotto silenzio, che però io sono in grado di testimoniare, visto che ero seduto al tavolo della convenzione. Aggiungo che il riferimento alla tradizione millenaria della famiglia, pronunciato dalla nostra Corte costituzionale, non compare in nessun’altra giurisprudenza».

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secondo noi, chiara si è confusa: Rodotà non parla della riforma del 1975—se c’è qualcuno che può, ragazzi tutti belli e brutti, dateci un aiuto!

art. 9 del nuovo diritto di famiglia del 1975 di cui sembra parlare Rodotà, lo riproduciamo anche se non siamo in grado di capire alcunché (è tratto dalla Gazzetta ufficiale)::
Articolo 9: [Sostituzione dell’art. 100 C.C.] L’art. 100 del codice civile è sostituito dal seguente: “Art. 100 – Riduzione del termine e omissione della pubblicazione. — Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione. Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime, la omissione della pubblicazione, quando venga presentato un atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli articoli 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio. Il pretore deve far precedere all’atto di notorietà la lettura di detti articoli e ammonire i dichiaranti sull’importanza della loro attestazione e sulla gravità delle possibili conseguenze. Quando è stata autorizzata l’omissione della pubblicazione, gli sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono presentare all’ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di autorizzazione, gli atti previsti dall’art. 97”.

Articolo 8: [Sostituzione del primo e del secondo comma dell’art. 97 C.C.] Il primo e il secondo comma dell’art. 97 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:
“Art. 97 – Documenti per la pubblicazione. — Chi richiede la pubblicazione deve presentare all’ufficiale dello stato civile un estratto per riassunto dell’atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà degli sposi. Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all’ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell’art. 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e completa fatta dall’ufficiale di stato civile, con ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci”.
se caso fosse mai che foste o anche fuste interessati, è meglio che facciate riferimento al testo della gazzetta che vedo pubblicato da 24 ore —tutto è un rimando all’altro…e noi non giuristi, abbiamo alzato le vele per un altrove che ci sarà senz’altro…


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