una parola al giorno…
Beffardo
03 Ottobre 2017
bef-fàr-do
SIGNIFICATO::: Chi si diletta nel far beffe; che mostra scherno o ironia con parole o comportamenti
derivato di beffa, di origine onomatopeica.
Sarà perché mi hanno sempre detto che ho un sorriso beffardo e quindi ho maturato un certo affetto verso questo carattere; sarà perché sono fiorentino, e la beffa a Firenze è una tradizione (certe volte per interagire serenamente coi fiorentini servirebbe il mediatore culturale). Ma non credo che nella beffa si possa trovare solo un coagulo di cinismo. È uno strumento, e se usato bene è uno strumento di libertà. E il beffardo, nel bene o nel male, è chi lo usa con intimo piacere.
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ballata n° 2
A piazzale alle Muse
parioli alti
Nel mese d’agosto
Roma incalza
antica assolata frastornata
condannata ai turisti
Sul piazzale “alle Muse”
– qui siamo tutti fascisti –
scritte nere sui muri
spavalde ingenue irritanti
sul piazzale “alle Muse”
nel caffè alla moda
di vecchi astiosi senza cuore
ci siamo anche noi
seduti alla moda al tavolino
composti
come due animali vestiti a festa
Bianca nel volto senza sole
con occhi scuri e fissi
che non permettono dubbi
sorridevi appena
o forse nemmeno sorridevi
ma guardavi in me
– Se il mio corpo vale un tuo verso –
hai detto proseguendo un discorso
– io ti dò il mio corpo –
discorsiva e un po’ svagata
intenta invero a un mio talento
che non c’è
e dimentica di me
Se il tuo corpo vale
vale un mio verso
dammi allora il tuo corpo
io ti darò un mio verso
se una mia poesia vale
vale un po’ del tuo cuore
dammi un pezzetto del tuo cuore
Ma io ingordo e sognatore
ti darò un intero poema
e lo mischierò a quel pezzetto
a quel piccolo pizzico del tuo cuore
lo mischierò ben bene
cullato riscaldato amato coltivato
resterò in attesa che cresca
e cresca
e cresca ancora ed ancora
a invadere il nostro mondo
Il mio poema allora
sarà là piccolissimo
come quel pizzico del tuo cuore
di cui avrà preso il posto
Tutto questo perchè Roma assolata
deserta martoriata abbandonata
amata
ci ha colto quassù
fra scritte nere ed eleganti poltrone
tra vecchie svuotate intente a divorarsi
a piccoli morsi rabbiosi e furtivi
quel che resta del loro cuore
Ci ha colti quassù
animali candidamente mascherati
e quindi
se così ritieni equo
firmiamo questo nostro contratto
io ti ho dato il mio verso
– ho fatto la prima mossa –
Con calzini bianchi immacolati
sulle gambe accavallate
il busto all’indietro e lo sguardo duro
nella giacca di lino neppure gualcita
io ti ho dato il mio verso
ora aspetto il tuo corpo.
Bella, con il ritmo della ballata. Un modo efficace e poetico di ” sentire” Roma.
grazie Carine …
in realtà l’idea (successiva alla prima ) è stata quella di buttar giù qualcosa che assomigliasse a una ballata, con ripetizioni e piccoli refrain.
Spero di esserci riuscito anche nelle successive ( alcune a parer mio più impegnative).
Ma si sa che chi scrive non è buon giudice 🙂