Beethoven Symphony No 7 Mariss Jansons & Bayerischen Rundfunks (Tokyo 2012)— 44 minuti ca + altro

 

 

 

 

 

 

Mariss Jansons (Riga, 14 gennaio 1943 – San Pietroburgo, 1º dicembre 2019) è stato un direttore d’orchestra lettone.

 

–foto, Franz Johann Morgenbesser from Vienna, Austria

 

 

IL DIRETTORE MARISS JANSONS

 

The Latvian conductor, Mariss Jansons, was born while Riga was under military occupation by the Germans who seized it in 1941, a year after its forcible annexation by the U.S.S.R. His father was Arvīd Jansons (or Yansons) (1914-1984), the leading Latvian conductor to emerge under the Soviet system after the Baltic nation was retaken by the U.S.S.R. in 1945. His mother, the singer Iraida Jansons, who was Jewish, gave birth to him in hiding in Riga, Latvia, after her father and brother were killed in the Riga ghetto. As a child, he first studied violin with his father. In 1946, his father won 2nd prize in a national competition and was chosen by Yevgeny Mravinsky to be his assistant at the Leningrad Philharmonic Orchestra. When his family joined him in 1956, young Jansons entered the Leningrad Conservatory, where he studied piano and conducting (where he graduated with honors), although his father urged him to continue playing violin. In 1969 he continued his training in Vienna with Hans Swarowsky and Karl Österreicher, and in Salzburg with Herbert von Karajan. In 1971, he was a prize-winner at the International Herbert von Karajan Foundation Competition in Berlin. H.v. Karajan had invited Jansons to be his assistant with the Berliner Philharmoniker, but the Soviet authorities blocked Jansons from ever hearing about the offer. In 1973, Yevgeny Mravinsky, then Music Director of Leningrad Philharmonic Orchestra (now St. Petersburg Philharmonic Orchestra), invited Mariss Jansons to assist him as Associate Conductor. In 1985 he was promoted to principal conductor of the Leningrad Philharmonic Orchestra under music director Yuri Temirkanov. During his tenure there, he conducted the Orchestra on many of its successful tours to Europe, America and Japan. In 1979, Jansons was appointed Music Director of the Oslo Philharmonic Orchestra, with which he performed, recorded and toured extensively. Under his leadership it came to international attention as one of the finest and most exciting of major world orchestras. He brought the Oslo Philharmonic Orchestra on tours to all of the major European, American and Japanese music centers. Jansons resigned his Oslo position in 2000 after disputes with the city over the acoustics of the Oslo Konserthus. In 1992, Jansons was named principal guest conductor of the London Philharmonic Orchestra. He worked as a guest conductor with the London Symphony Orchestra and recorded Gustav Mahler’s Symphony No. 6 with them for the LSO Live label. In 1997, Jansons became the music director of the Pittsburgh Symphony Orchestra. His initial contract was for three years, but his subsequent contract renewals were evergreen contracts that required yearly renewal. His relationship with the Pittsburgh Symphony Orchestra was widely hailed both nationally and internationally as one of the most successful partnerships in the orchestral world today. During his tenure as music director, led the Pittsburgh Symphony Orchestra at Carnegie Hall each season and on tours of Japan (five-city, seven-concert tour in 1998), west coast USA cities and an international tour (1999), South America (2001), the Far East (2002) and Europe (1999, 2000, and 2003), all to exceptional acclaim. In June 2002, he announced that he would leave the orchestra in 2004. In April 1996 in Oslo, Mariss Jansons nearly died while conducting the final pages of La Bohème, after a heart attack. He recuperated in Switzerland. Later, surgeons in Pittsburgh fitted a defibrillator in his chest to give his heart an electric jolt if it fails. (Jansons’s father died at a 1984 concert, conducting the Hallé Orchestra.) Jansons stated that he suffers from jet lag, and this was one reason that he left his American position. At the start of the 2003-2004 season, Jansons began his tenure as chief conductor of the Bavarian Radio Symphony Orchestra (BRSO), for an initial contract of 3 years. His commitment with the BRSO is for 10 weeks per season. In October 2002, Jansons was named the sixth chief conductor of the Concertgebouw Orchestra Amsterdam, effective September 1, 2004, succeeding Riccardo Chailly. His initial Amsterdam contract was for 3 years, and his commitment in Amsterdam is for 12 weeks per season.

 

 

TESTO IN INGLESE DA :

 

 

 

Guida all’ascolto 2

di Marino Mora

 

Con la Settima Sinfonia in la maggiore è l’idea di armonia, di «gioia», che conquista Beethoven. Dopo gli impeti bellicosi della Quinta l’uomo pare raggiungere una nuova compiuta consapevolezza nei riguardi dell’universo, quasi una presa di coscienza nel senso di una rinnovata e ideale sintonia di fronte alle sue leggi eterne.

Terminata nel 1812, cinque anni dopo la Sesta, la Settima venne eseguita sotto la direzione del compositore all’Universitätssaal di Vienna durante un concerto benefico a vantaggio dei soldati austriaci e bavaresi feriti nella battaglia napoleonica di Hanau. Il concerto fu accolto in modo entusiastico dal pubblico e l’esecuzione fu giudicata eccellente, anche in virtù del fatto che vi avevano collaborato i maggiori strumentisti residenti a Vienna nel periodo.

Richard Wagner, colpito dall’elemento ritmico che, incessante, pervade l’intera partitura, cosi la definì: «Questa sinfonia è l’apoteosi della danza. È la dama nella sua massima essenza, l’azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali».

Che la danza ed il ritmo penetrino in ogni settore della composizione è del tutto vero; il ritmo ne diviene categoria generatrice: dà forma ad incisi ed idee, innerva e vivifica la melodia, trasforma plasticamente i temi. Ma anche accelera i cambi armonici, concentra o disperde i motivi tra le varie fasce timbriche, sostiene e sospinge vigorosamente le dinamiche in espansione.

Come si era verificato per la Prima, la Seconda e la Quarta Sinfonia, un’Introduzione lenta precede ed avvia l’Esposizione. Si tratta di una pagina di ampio respiro (tempo Poco sostenuto), la più estesa mai scritta da Beethoven.

All’inizio ai secchi accenti dell’orchestra i fiati oppongono il loro dolce canto, mentre gli archi disegnano un leggero e staccato moto scalare ascendente. Un’atmosfera satura, carica di attesa, accoglie l’ascoltatore ed i suoni paiono i segni premonitori di un evento. Poi lo stesso movimento di semicrome esplode d’improvviso in una fragorosa e partecipata enunciazione. Sulla sua scia sonora, che lentamente si spegne, l’oboe intona una delicata frase bucolica ed i violini la riprendono, prima che di nuovo l’orchestra prorompa, ed ancora più fragorosamente. È un clima selvaggio e aurorale, quello che magistralmente va dipingendo Beethoven, fatto di scosse decise e di curve rassicuranti, di tensioni e di distensioni.

La frase agreste torna, ma si infrange sui fortissimo orchestrali della Coda. Infine l’orchestrazione si dirada, il ritmo rallenta ed un pronunciato esitare sulla nota mi segnala la fine di ogni indugio. È l’annuncio che si aspettava, l’avvio vero e proprio della Sinfonia.

Proprio nella Coda l’accenno al principio della nota puntata corrisponde ad una anticipazione dello scalpitante primo tema. Il valore della continuità nell’unità interessa tutti i tasselli della forma-sonata che Beethoven va costruendo. Anche il secondo gruppo è derivato ritmicamente dal primo, così come pure nell’Epilogo riemerge la figura metrica del primo tema. Persino frasi, o piccole parti, paiono sintonizzarsi e rendersi compatibili con questo carattere ritmico, come avviene nell’inciso di collegamento in apertura di Sviluppo o in prossimità della Coda conclusiva.

La poetica del gioco è un altro elemento costante e ricorrente. Nella Ripresa, ad esempio, dopo che il primo motivo è tornato regolarmente, interviene una significativa variante: al culmine del crescendo c’è un repentino cedimento con fermata su corona, sospensione e risoluzione evitata; ma il tema non si è dileguato, semplicemente riappare del tutto trasformato e filtrato in una luce serena e leggiadra. Si tratta solo di un esempio dell’arte della variazione che, costantemente, affiora da queste pagine beethoveniane.

L’Allegretto è in forma di canzone ternaria. Non si è ancora dissipata la trasparente risonanza dell’accordo di la maggiore, con cui si era chiuso il tempo precedente, che i fiati precipitano su di una cupa armonia di la minore.

Il contrasto violento di colore è un invito a voltar pagina, a passare ad altro, senza il quale non sarebbe stato possibile cogliere con la stessa immediatezza il cambio di temperie emotiva. Un tema fioco e sommesso è esposto nel registro grave dagli archi. Passa ai violini secondi, mentre gli si sovrappone un tenue controcanto di viole e di violoncelli. Quando sale ai violini primi e secondi è una linea ancora triste, ma limpida e trasparente. Infine si estende al tutti compatto in un vibrante fortissimo. Da misterioso qual era, il tema è ora divenuto un solenne canto di preghiera.

La parte centrale è una parentesi tranquilla e disimpegnata. Vede i fiati dialogare serenamente in ameni scambi e giochi d’eco e lascia presto il posto alla Ripresa della prima sezione. Qui il tema iniziale si ripresenta già diversamente rispetto alla prima sezione in un sordo pizzicato ai bassi, mentre il controcanto risuona ai fiati ed i violini realizzano cesellate figure in arpeggiato. Tuttavia si presagisce che qualcosa ancora deve cambiare: l’armonia, infatti, ancorata ad un lungo pedale di tonica, si fa increspata nell’insistito ritmare al basso, cosa che induce ad un diffuso senso di inquietudine. Beethoven rivela la sua spiccata vocazione teatrale e decide di produrre tensione all’interno dei gruppi strumentali: si apre cosi uno splendido fugato sul tema iniziale (il cui controsoggetto è la variazione del controcanto) che via via viene notevolmente esteso ed amplificato.

L’irruzione del Presto rinnova il vitalismo del primo movimento. Beethoven ricorre qui ad un uso massiccio della ripetizione: può interessare incisi o singoli frammenti, così come diramarsi alle strutture portanti ed influenzare la grande forma. Già il tema di apertura, scattante e brioso, è costruito sul principio di iterazione ritmico-melodica. Ma anche il meccanismo di elaborazione tecnica che il materiale subisce poco dopo, l’imitazione, è pure una forma particolare di ripetizione, così come la riproposta del tema principale alla coppia oboe-flauto e la sua amplificazione all’intero organico. Se si estende il raggio di osservazione tale principio si allarga alle sezioni: dopo che si è aperta una tranquilla zona centrale, Assai meno presto (un delicato Trio di carattere arcadico), c’è una prima Ripresa dello Scherzo ed una del Trio stesso, però duplicate in una seconda Ripresa dello Scherzo ed ancora del Trio accorciato in funzione di Coda.

Il Finale della Settima, l’Allegro con brio fu cosi definito da Wagner: «Con una danza agreste ungherese [Beethovenj invitò al ballo la natura; chi mai potesse vederla danzare crederebbe di vedere materializzarsi di fronte ai suoi occhi un nuovo pianeta in un immenso movimento a vortice». E di festa di suoni bisognerebbe parlare già all’ascolto del primo tema, variopinta girandola sonora cui seguono la scoppiettante fanfara dei fiati ed il ritorno del tema stesso variato ed imitato. Dopo il secondo gruppo, scattante e vivace e l’Epilogo, lo Sviluppo ripresenta il primo tema in chiave scura e greve, poi lo prosegue schiarito nella limpida tonalità di do maggiore. Si fa più volte ricorso ad accorgimenti ed artifici: ancora nello Sviluppo, dopo un veloce e trafelato episodio di progressione armonica, una vistosa cadenza a fa maggiore introduce un’anticipazione del primo tema nella voce del primo flauto, ma «spostata» a si bemolle maggiore.

Ben si comprende come si tratti di una simulazione di Ripresa. Quest’ultima interviene invece «regolarmente» poco dopo con la citazione dell’intero materiale tematico contenuto nell’Esposizione, questa volta nel tono d’impianto.

 

DA :

ORCHESTRA VIRTUALE DEL FLAMINIO

NEL LINK,  VOLENDO, TROVATE ALTRE CINQUE INTRODUZIONI ALL’ASCOLTO DEL SETTIMA SINFONIA

https://www.flaminioonline.it/Guide/Beethoven/Beethoven-Sinfonia7.html

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