ORE 08:19 OGGI SIAMO AL SOLITO MARTEDI’ DI EMME: CHE SIA POSSIBILE AMENIZZARLO? OGGI CI PROVIAMO CON DEL LATTE MATERNO, LO ATTACHIAMO ALLA POPPA E CHISSA’? CI ARRIVATO NELLA POSTA QUESTO TWEET: LA CREATIVITA’ DELLA REALTA’ E DELLA GENTE—- E SEMPRE LO CONSTATIAMO—- SUPERA QUALUNQUE IMMAGINAZIONE: QUESTA E’ LA NOSTRA FELICITA! LEGGENDO LA SCRITTA FINO IN FONDO: E’ UN’INIZIATIVA ANCHE PER LO SVILUPPO DEL TURISMO!

 

http://www.genova24.it/2014/05/la-fontana-bianca-e-le-mamme-che-allattano-piazza-de-ferrari-un-flash-mob-per-promuovere-baby-pit-stop-67601/

 

Gilberto Govi – Ma se ghe penso (Per ZENA !!!!) AL FONDO TESTO E TRADUZIONE, RAGAZZI, NON E’ UNO SCHERZO!

CANALE CONTRO TUTTE LE DITTATURE E PER IL ROCK & METAL !!!!

QUESTA E’ LA PERSONA CHE HA MESSO GOVI CON TESTO E TRADUZ ITALIANA—

ACCANTO ALLA FOTO C’E’ SCRITTO:   “CANALE CONTRO TUTTE LE DITTATURE E PER IL ROCK & METAL !!!!—SE VOLETE PRENDERLO, CI SONO MOLTE COSE—GRAZIE BELLO SCONOSCIUTO! NON CI SONO NOMI NE’ EQUIVALENTI

 

https://www.youtube.com/watch?v=QJ0rjxuh6TI

 

 

 

 

 

 

 

SECONDO CHIARA VALE DUE SGUARDI! E’ ANCHE UNA BELLISSIMA FOTO!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GUGLIELMO BOZZANO

 

LOMBARDO RICCARDO

 

 

 

LUXARDO LAZZARO

 

 

 

 

 

QUELLO CHE SEGUE E’ PRESO DA QUESTO BELLISSIMO SITO: CERCHIAMO DI NON SCORDARLO!

http://www.iscsmontalegenova.it/

 

 

 

 

La nascita dell’ economia di Genova è legata all’approdo navale, dal quale ha avuto origine il nucleo abitato sorto sulla collina di Castello intorno al VI secolo a.C. ad opera di popolazioni provenienti dal mare , differenti per cultura e modi di vita.

 


Il porto allora altro non era che una semplice insenatura a ridosso del promontorio del Molo Vecchio e tale rimase forse fino al medioevo.

Con il risveglio dei commerci dopo l’anno 1000, i traffici navali riacquistarono e sorsero i primi pontili in legname, monopolio delle più facoltose famiglie mercantili(Spinola, Grimaldi, Calvi, Cattaneo e altre) importatrici di vari tipi di merce provenienti dal mondo islamico.

 


La Ripa , l’attuale Sottoripa, affacciata direttamente sul mare, fu per tutto il basso medioevo il centro degli affari. Porto e città erano dunque saldamente unite attraverso una sottile striscia di terra porticata, il mercato. Ma nel XV secolo l’allontanamento dai commerci marittimi delle principali famiglie, sempre più attratte dalle lucrose attività bancarie, impose una svolta decisiva al porto che incominciò a staccarsi dalla vita della città, diventando di fatto un ente separato. Lo sviluppo dei commerci e l’impiego di sempre più evolute tecniche di trasporto tra il VI secolo a.C. e il XX secolo hanno causato numerosissime trasformazioni nelle strutture portuali. L’insenatura naturale (il Mandraccio) non poteva soddisfare la mole degli scambi via a via crescente con l’aumento della potenza economica del Comune e poi della Repubblica mentre gli spazi sulla Ripa venivano lottizzati da parte delle consorterie nobiliari per le abitazioni e i servizi annessi.I primi pontili, erano in legno ma lo sviluppo dei commerci, la precarietà dei manufatti e la contemporanea presenza in città dei Maestri Antelami offrirono l’opportunità di trasformare i pontili lignei in opere murarie molto più larghe e più lunghe che consentivano l’attacco a navi di maggiore stazza.

Più tardi i ponti furono di nuovo allungati e una parte della radice (cioè lo spazio tra la Ripa e l’innesto del ponte) fu riempita per formare piazzali su cui costruire magazzini e altri servizi.

Per rendere più sicuro il porto dalle libecciate, nel1638, grazie ai finanziamenti del Banco di San Giorgio, si iniziò la costruzione del Molo Nuovo ultimata in quattro anni sotto la direzione di Ansaldo De Mari. Quest’opera essenziale nelle cui fondamenta fu adottata per la prima volta la tecnica a “cassoni” (grossi massi regolari poggiati su un fondo di ghiaia) definì la conformazione del porto di Genova .

 


ANCHE QUESTA C’E’ DUE VOLTE…MA CHE FARCI? PIACE AL MARTEDI’ DI “EMME—COSI’ COSI'”—RAGAZZI, A ME SEMBRA CHE SI LASCI UN PO’ INCANTARE DALLA BELLEZZA—SBAGLIERO’? CHISSA’…A VIEREMU, DICE IL NOSTRO NEMO

Per quasi due secoli le strutture portuali non subirono vere e proprie trasformazioni. Solo dopo l’annessione di Genova al Regno Sardo. Alla metà del XIX secolo in seguito all’apertura del Canale di Suez (1869) si fece sentire sempre più impellente l’esigenza di un ampliamento organico. Il governo nazionale intendeva impostare il progetto in vista della “necessità di almeno mezzo secolo” e del fatto che Genova nel frattempo si era dotata di importanti linee ferroviarie (Sampierdarena-Ventimiglia, Genova-La Spezia). Inoltre il Municipio di Genova aveva ottenuto dallo Stato (1870) la cessione della Darsena, ormai non più utilizzata dalla Marina Militare dopo il trasferimento a La Spezia , con il vincolo di trasformarla in un magazzino di deposito merci. Il porto era in preda ad una crisi gravissima. Le polemiche cessarono con la donazione di venti milioni di allora da parte del Duca Raffaele De Ferrari Galliera il quale contributo per la sistemazione definitiva del porto in base a un programma da concordarsi tra lo stesso donatore, il Governo e il Municipio di Genova. La commissione appositamente creata scelse il “progetto Parodi” che prospettava l’ampliamento portuale verso Ponente. Dall’ottobre 1877 al giugno 1888 il porto si arricchì di opere di fondamentale importanza che ne segnano ancora oggi la fisionomia: furono costruiti ex novo il Molo Duca di Galliera (Lucedio), il Molo Giano e due bacini di carenaggio; furono ridisegnati i vecchi pontili di sbarco (Embriaco, Spinola, Calvi, Morosini) e tutte le calate furono collegate con la ferrovia e servite da gru idrauliche.

Per la prima volta nel porto furono allestiti luoghi di riparo per le merci coperti da apposite tettoie metalliche. L’intera operazione fino al termine dei lavori venne ad avere un costo complessivo di 63 milioni di lire di allora.

 


 

Nel 1902, con capitale privato, fu costituito il primo magazzino in muratura: i magazzini generali del Molo Vecchio che furono adibiti al ricovero delle merci varie e solo successivamente furono destinati allo scarico e al deposito del cotone.

Intanto il traffico era aumentato in modo vertiginoso e per sopperire alla mancanza di spazi venivano utilizzate grosse imbarcazioni (chiatte) che sino a pochi anni or sono hanno popolato il porto vecchio conferendogli un carattere orientale. L’area portuale del “progetto Parodi” rimase il fulcro commerciale del porto fino al 1950 allorché le nuove tecnologie marittime e i nuovi mezzi di trasporto hanno fatto escludere dall’operatività i ponti e le calate del porto vecchio. I bassi fondali, le infrastrutture obsolete condannavano l’antico scalo all’oblio e all’abbandono. Ma i nuovi indirizzi programmatici del Consorzio Autonomo del Porto (1984), tesi a rifondare lo scalo marittimo hanno toccato anche quest’area. Si tratta di un complesso di iniziative dirette alla riconversione ed al riutilizzo degli specchi acquei e degli spazi del porto vecchio (dal Molo Vecchio alla Darsena Comunale). In questa parte di porto è prevista una serie di insediamenti di carattere turistico, commerciale, alberghiero, scientifico e museologico. In particolare si prevede la realizzazione di un porto turistico attrezzato in grado di ospitare mille posti barca.

 

 

 

la canzone è MA SE GHE PENSO (Mario Cappello, Attilio Margutti) del 1925 cantata da Gilberto Govi (1885-1966):

« U l’ëa partiu sensa ûn-a palanca,
l’ëa zà trent’anni, forse anche ciû.
U l’aia luttou pe mette i dinæ a-a banca
e poèisene ancun ûn giurnu turna in zû
e fäse a palassinn-a e o giardinettu,
cu-o rampicante, cu-a cantinn-a e o vin,
a branda attaccâ a-i ærboui, a ûsu lettu,
pe daghe ‘na schenâ séia e mattin.
Ma u figgiu ghe dixeiva: “Nu ghe pensâ
a Zena cöse ti ghe vêu turnâ?!”

Ma se ghe pensu allua mi veddu u mâ,
veddu i mæ munti e a ciassa da Nunsiâ,
riveddu u Righi e me s’astrenze o chêu,
veddu a lanterna, a cava, lazzû o mêu…
Riveddu a séia Zena illûminâ,
veddu là a Föxe e sentu franze o mâ
e allua mi pensu ancun de riturnâ
a pösâ e osse duve’òu mæ madunnâ.

U l’ëa passou du tempu, forse troppu,
u figgiu u ghe disceiva: “Stemmu ben,
duve ti vêu andâ, papá?.. pensiemmu doppu,
u viäggio, u má, t’é vëgio, nu cunven!”
“Oh nu, oh nu! me sentu ancun in gamba,
son stûffu e nu ne possu pròpriu ciû,
son stancu de sentî señor caramba,
mi vêuggiu ritornamene ancun in zû…
Ti t’ê nasciûo e t’æ parlou spagnollu,
mi son nasciûo zeneize e… nu ghe mollu!”

Ma se ghe penso allua mi veddo u mâ,
veddu i mæ monti e a ciassa da Nunsiâ,
riveddu u Righi e me s’astrenze u chêu,
veddu a lanterna, a cava e lazzû o mêu…
Riveddo a séia Zena illûminâ,
veddo là a Föxe e sento franze u mâ,
allua mi pensu ancun de riturnâ
a pösâ e osse dove’òu mæ madunnâ.

E sensa tante cöse u l’è partïu
e a Zena u gh’à furmóu turna u so nïu. »

—————————————-­————————————–
Traduzione:

« Era partito senza un soldo,
erano già trent’anni, forse anche più.
Aveva lottato per risparmiare
e potersene un giorno tornare giù
e farsi la palazzina e il giardinetto,
con il rampicante, con la cantina e il vino,
la branda attaccata agli alberi a uso letto,
per coricarcisi sera e mattina.
ma il figlio gli diceva: “Non ci pensare
a Genova cosa ci vuoi tornare?!”

Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza della Nunziata,
rivedo il Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo…
Rivedo la sera Genova illuminata,
vedo là la Foce e sento frangere il mare
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dov’è mia nonna.

Ed era passato del tempo, forse troppo,
il figlio insisteva: “Stiamo bene,
dove vuoi andare, papà?.. penseremo dopo,
il viaggio, il mare, sei vecchio, non conviene!”
“Oh no, oh no! mi sento ancora in gamba,
sono stufo e non ne posso proprio più,
sono stanco di sentire señor carramba,
io voglio ritornarmene ancora in giù…
Tu sei nato e hai parlato spagnolo,
io sono nato genovese e… non ci mollo!”

Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza della Nunziata,
rivedo Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo…
Rivedo la sera Genova illuminata,
vedo là la Foce e sento frangere il mare,
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dov’è la mia nonna.

E senza tante cose è partito
e a Genova ha formato di nuovo il suo nido. »

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5 risposte a ORE 08:19 OGGI SIAMO AL SOLITO MARTEDI’ DI EMME: CHE SIA POSSIBILE AMENIZZARLO? OGGI CI PROVIAMO CON DEL LATTE MATERNO, LO ATTACHIAMO ALLA POPPA E CHISSA’? CI ARRIVATO NELLA POSTA QUESTO TWEET: LA CREATIVITA’ DELLA REALTA’ E DELLA GENTE—- E SEMPRE LO CONSTATIAMO—- SUPERA QUALUNQUE IMMAGINAZIONE: QUESTA E’ LA NOSTRA FELICITA! LEGGENDO LA SCRITTA FINO IN FONDO: E’ UN’INIZIATIVA ANCHE PER LO SVILUPPO DEL TURISMO!

  1. Donatella D'Imporzano scrive:

    Genova è una città in cui mi piacerebbe stare: è una città grande, ha il mare, di cui si sente l’odore e il respiro, passando per certe stradine si sente acuto l’odore-profumo del caffé. Nei due anni in cui sono stata iscritta all’Università, Genova era ancora di un colore nero, sporca in modo irrimediabile. Il porto non si vedeva e quindi neppure il mare.La cosa che mi piaceva di più era il ritorno per andare a Principe a prendere il treno: scendevo da via Balbi a via Pré e lì mi consolavo di tutte le malinconie: la gente era di tutte le razze, donne con turbanti, negozi di farinata e focaccia, profumo di caffè appena tostato. Era uno spettacolo a cielo aperto che metteva allegria. Compravo un sacchetto di caffè profumato per la moka di casa e mi avviavo verso la stazione.

  2. Donatella D'Imporzano scrive:

    L’iniziativa per pubblicizzare l’allattamento al seno mi sembra molto bella oltre che divertente. Quanti modi si sta inventando la gente per partecipare, fare conoscere e diffondere le proprie opinioni! Viviamo in tempi interessanti e questo è il lato bello della faccenda. Al diavolo i Cinesi e la loro vecchissima, antichissima storia!

  3. nemo scrive:

    Genova mi ha sempre affascinato, anche quando pareva ( agli stessi genovesi ) brutta la vedevo bellissima e frequentabile ( anche di notte )… Per quel che la conosco, l’ amo. Govi un ‘interprete’ d’ antan, indimenticabile.

    • Chiara Salvini scrive:

      per me anche…Genova è sempre stata una citta’ affascinante, soprattutto perche’ è un saliscendi…non amo le città in piatto come Milano, chissa’ poi perche’: Ma ho sentito dire da altri questa stessa cosa. Poi amavo quella famosima chiesa a strisce perche’ (sono andata su wikipedia per non dire sciocchezze) deriva dagli arabi ( la DO lo sa bene)ma la cura da affrontare ‘ sktri da ne. Pwdare cge av: “Un’altra caratteristica tipica del romanico pisano è l’uso della bicromia alternando fasce di marmo bianco a fasce di pietre più scure, derivata da modelli della Spagna musulmana” altra osservazione: “Il romanico pisano è lo stile architettonico romanico che si sviluppò a Pisa e che fu esportato in una vasta area di influenza al tempo in cui era una potente Repubblica Marinara, dalla seconda metà dell’XI alla prima del XIII secolo.La cultura del romanico pisano si formò nei cantieri di Piazza del Duomo e da lì si irradiò ad altri progetti cittadini, ai territori controllati dalla Repubblica di Pisa (Corsica e Sardegna comprese) ed alla Toscana, soprattutto la fascia settentrionale da Lucca fino a Pistoia. senza poter essere precisa, mi pare, lo saprai, che in Sardegna e Corsica c’era un importante “presenza” o “influenza” araba. Guarda se m ai ti incuriosisse, se no spero che leggano altri…:

      DESCRIZIONE DELLA SARDEGNA
      NELLE FONTI ARABE
      IDRISI, Nuzhat al-mushtaq (XII secolo)—questa relazione molto precisa è stata fatto su incarico di Ruggero II (Normanno), un re grandissimo, di cui ho dovuto studiare, con molta difficolta’ perche’ è un testo di legge (bellssimo); si rimane di stucco della estrema lungimiranza

      La Sardegna – isola estesa, molto montagnosa e povera di acque – è lunga da sud a nord, ma con una piccola deviazione verso est, duecentottanta miglia e larga centottanta da ponente a levante. Essa ha tre città: Fausania (?) a sud, località popolata ed evoluta: Cagliari, sullo stretto che divide quest’isola dalla Corsica e Castel Sardo (?).
      I sardi, popolo di razza latina africana piuttosto barbaro, che vive appartato dal consorzio delle altre genti latine, sono intrepidi e risoluti; essi non abbandonano mai le armi. In Sardegna vi sono miniere di ottimo argento che si esporta verso molti paesi latini. Fra questa isola e la Corsica vi è uno stretto della lunghezza di venti miglia.

      Il titolo completo di quest’opera può essere così tradotto:”Lo svago di chi brama di percorrere le regioni”.
      Fu scritto per incarico di Ruggero II di Sicilia. Il racconto di Idrisi contrasta, per la sua imprecisione, con le descrizioni particolareggiate che offre per altre regioni.
      I brani sono tratti da: Laura Galoppini, Sardegna e Mediterraneo: dai Vandali agli Aragonesi. Antologia di fonti scritte, Pisa, 1993, pp. 56 sgg.

  4. Donatella D'Imporzano scrive:

    Nella civiltà arabo-normanna c’è qualcosa che ci affascina perché forse non lo abbiamo ancora raggiunto: una classe dirigente che governa, sicuramente con volontà ferrea e anche con metodi che noi oggi definiremmo crudeli ( ma questo non lo rimpiangiamo di certo). Nel governare però dobbiamo aggiungere : con lungimiranza, cercando di dare delle leggi uniformi per il territorio; un grande interesse per le scienze e per la natura, vista così come essa è; una grande laicità, per cui riuscivano a convivere cristiani, ebrei e musulmani ( almeno per un determinato periodo). Un re normanno, non so quale Ruggero, in occasione di un terremoto a Palermo invitava i suoi sudditi a pregare ciascuno per il proprio Dio. A Palermo mi ha commosso una iscrizione nella Chiesa della Magione, perché è una lode a Dio in latino, arabo ed ebraico. Certo che se la storia fosse un processo lineare…

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