ANTONELLA CIMAGLIA, POESIA ” L’ AMORE IN VERSI ” —DA ATTILIO MANGANO, LINK SUBITO SOTTO, IN VERDE! GRAZIE —ATTILIO E’ UN CURIOSO NOME, NON USUALE, CONOSCO SOLO ” ATTILIO REGOLO”, UN EROE CHE A PENSARCI OGGI… // ahime’ vi sorbite (ma potete non leggere felici! ) Attilio Regolo, con quadri e tutto, e poi, di Albert Camus, il mito di Sisifo. Saggio sull’assurdo– Gallimard 1942 / da noi Bompiani, pochi anni dopo–

L’AMORE IN VERSI

 

L’ho amata per quella che era,
l’ho amata in una sera.
L’ho amata perché c’era.
Se fosse dolce, buona o sincera,
al mio cuore poco importava.
Se fosse di parte, consenziente
o più semplicemente niente,
al mio cuore non confidò la mente.
Se fosse onesta, fedele o alla madre grata,
al mio cuore certezza non era data.
L’ho amata in quell’istante.
Il mio cuore sapeva di averla incontrata.
E Poesia, era stata battezzata.

 

(Antonella Cimaglia)

foto di Attilio Mangano.

Attilio Regolo quando ritorna a Cartagine– un dipinto di Cornelis Cels oggi all’Hermitage di San Pietroburgo.

ragazzi, sveglia! Un dipinto di Turner che dipinge Cartagine ormai disfatta e vinta dai Romani–poi cosa rappresenta…amen! guardiamo il dipinto e basta!

 

 

Marco Attilio Regolo (in latino: Marcus Atilius Regulus; Sora, 299 a.C.Cartagine, 246 a.C.), è stato un politico e militareromano vissuto nel III secolo a.C.., nel secolo 200 a. C., cioè— Fu il comandante dell’esercito romano durante la prima parte della Prima Guerra Punica…Quando Attilio Regolo viene eletto console per la seconda volta Roma è in guerra con Cartagine già da otto anni. Fu costruita una grande flotta (si parla di 230 navi con 97.000 uomini fra soldati e marinai) sia per il trasporto delle truppe e dei rifornimenti sia per la protezione dei convogli. Cartagine cercò di fermare questa operazione con una flotta altrettanto potente (250 navi con 150.000 marinai). Le due flotte si scontrarono a Capo Ecnomo, per Polibio la più grande battaglia navale dell’antichità. ……
A questo punto si inserisce la tradizione e nasce la leggenda di Marco Attilio Regolo, raccontata da Tito Livio[1] e cantata da Orazio.[2] Narra la tradizione che Cartagine abbia inviato l’illustre prigioniero a Roma perché convincesse i concittadini a chiedere la pace. L’intesa era che, se questi non avessero accettato, egli sarebbe ritornato a Cartagine e sarebbe stato mandato a morte. Ma Regolo, in quegli anni di prigionia, aveva potuto agevolmente rendersi conto delle terribili condizioni economiche in cui giaceva la città nemica e probabilmente delle convulsioni politiche che sempre hanno contrassegnato Cartagine e ne hanno infine decretato la sorte. Anziché perorare la causa della pace, rivelò ai concittadini la condizione economico-politica dei nemici, esortando Roma a procedere con un ultimo sforzo, in quanto Cartagine non poteva reggere alla pressione bellica e sarebbe stata sconfitta. Al termine del discorso, onorando la parola data, fece ritorno a Cartagine, dove fu giustiziato….

Pare che l’episodio delle torture subite da Regolo, il taglio delle palpebre per l’abbacinamento e l’ancor più famoso rotolamento da una collina dentro la botte irta di chiodi siano…

 

–non ci toglieranno questo eroe della nostra infanzia, mini adolescenza! Per chiara, insieme a Gramsci e a Pavese (solo il diario!), è stato un modello di vita e di identità …i chiodi ce l’ha ancora tutti e lei è sempre dentro la botte. Una cara amica, ex abrupto —come si diceva una volta—” ma allora tu non ti sei mai affrancata?” —” eh no…”. Oggi sa che non si affrancherà mai (sta anche perdendo il senso dell’ “affrancamento”), e sa che le toccherà anche dopo, una botte coi chiodi e la collina / montagna…Per questo deve stare viva! –Un  grande autore francese-algerino, chiamava tutto ciò ” la fatica di Sisifo” che, come sapete, nella sua vita, ha ” solo ” il compito di sollevare un masso fino in cima alla montagna, la pietra rotola o la rotola lui stesso, non ricordo, ma poi subito la riprende e la deve riportare su…e così all’infinito. 

 

 

Il mito di Sisifo. Saggio sull’assurdo (Le mythe de Sisyphe. Essai sur l’absurde) è un saggio pubblicato da Albert Camus nel 1942 presso Gallimard (Parigi), quando non aveva ancora trent’anni, in nuova edizione con aggiunta del saggio su Kafka nel 1948 e con nuovo confronto critico rispetto al manoscritto nel 1957. In italiano è stato pubblicato per la prima volta nel 1947 dall’Editore Bompiani.

 

+++   

« Se vi è un destino personale, non esiste un fato superiore o, almeno, ve n’è soltanto uno, che l’uomo giudica fatale e disprezzabile. Per il resto, egli sa di essere il padrone dei propri giorni. In questo sottile momento, in cui l’uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte. Così, persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.[1] »
(Albert Camus, Il mito di Sisifo in Opere. Milano, Bompiani, 2003, pp. 318-9)

 

Il mito di Sisifo Copertina flessibile – 11 gen 2001

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *