#Suviana #lavoro #strage #sicurezza #MortiSulLavoro
Lavoro vo cercando, ch’è sì caro.
Oggi su @repubblica
#Suviana #lavoro #strage #sicurezza #MortiSulLavoro
Lavoro vo cercando, ch’è sì caro.
Oggi su @repubblica
ANSA.IT — 10 APRILE 2024 –https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2024/04/10/abruzzo-i-cuccioli-dellorsa-amarena-escono-dal-letargo-_ec32888f-a91e-4c76-bfa9-ba90ddf80055.html
ANSA.IT — 11 APRILE 2024 –16.58
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/11/arriva-lemendamento-di-fdi-sul-carcere-ai-giornalisti_1f6aa05b-5793-49a9-a8db-dd468fc27cf9.html
Si introduce di fatto un nuovo articolo: il 13-bis alla legge sulla stampa. “Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’ altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa” fatti “che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50mila a 120mila euro. Se si sa che l’offeso è innocente la pena aumenta da un terzo alla metà, cioè fino a 4 anni e mezzo di carecere.
A lanciare l’allarme, dopo aver letto le proposte di modifica depositate dal senatore di FdI, è il capogruppo del Pd in Commissione Giustizia al Senato Alfredo Bazoli. “La libertà di stampa è a serio rischio”, spiega il senatore. Berrino replica: “togliamo le pene detentive per la diffamazione generica, le manteniamo per la diffamazione che si consuma con l’addebito del fatto preciso e falso”. Ma è polemica.
Interviene subito Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi. “Il carcere per i giornalisti – afferma – è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa. Questa è l’orbanizzazione del Paese”. Le opposizioni attaccano, ma le critiche si sollevano anche dalla maggioranza. Maurizio Lupi di Noi Moderati dice “no al carcere per i giornalisti”. Il capogruppo di FI in Commissione Giustizia Pierantonio Zanettin afferma: “Ci possono essere altri meccanismi giuridici, e a questo noi puntiamo, ma sul carcere abbiamo dei dubbi”.
LE IMMAGINI CHE SEGUONO SONO TUTTE DAL SITO:
11 APRILE 2024
Affreschi Salone nero
Affreschi salone nero
Apollo e Cassandra – salone nero
Un imponente salone da banchetto, dalle eleganti pareti nere, decorate con soggetti mitologici ispirati alla guerra di Troia, è uno degli ambienti recentemente portati alla luce durante le attività di scavo in corso nell’insula 10 della Regio IX di Pompei e oggi completamente visibile in tutta la sua maestosità.
Un ambiente raffinato nel quale intrattenersi in momenti conviviali, tra banchetti e conversazioni, in cui si respirava l’alto tenore di vita testimoniato dall’ampiezza dello spazio, dalla presenza di affreschi e mosaici databili al III stile, dalla qualità artistica delle pitture e dalla scelta dei soggetti.
Il tema dominante sembra essere quello dell’eroismo, per le raffigurazioni di coppie di eroi e divinità della guerra di Troia, ma anche del fato e al tempo stesso della possibilità, sovente non afferrata, che l’uomo ha di poter cambiare il proprio destino.
Oltre a Elena e Paride, indicato in un’iscrizione greca tra le due figure con il suo altro nome “Alexandros”, appare sulle pareti del salone la figura di Cassandra, figlia di Priamo, in coppia con Apollo. Nella mitologia greca Cassandra era conosciuta per il suo dono di preveggenza e per il terribile destino che le impedisce di modificare il futuro. Nonostante la sua capacità di vedere oltre il presente, nessuno crede alle sue parole, a causa di una maledizione che Apollo le infligge per non essersi concessa a lui, e dunque non riuscirà a impedire i tragici eventi della guerra di Troia, che aveva predetto. Dopo essere stata stuprata durante la presa di Troia, finirà come schiava di Agamennone a Micene.
La presenza frequente di figure mitologiche nelle pitture di ambienti di soggiorno e conviviali delle case romane aveva proprio la funzione sociale di intrattenere gli ospiti e i commensali, fornendo spunti di conversazione e riflessione sull’ esistenza.
“Pompei è davvero uno scrigno di tesori che non finisce mai di sorprenderci e di destare stupore perché, ogni volta che scaviamo, troviamo qualcosa di bello e di significativo. Noi crediamo in questo unicum mondiale che rappresenta Pompei e per questo in legge di Bilancio abbiamo finanziato nuovi scavi. Bisogna andare avanti nella tutela di questo importante sito ma anche nella sua valorizzazione”, dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
“Lo scavo nella Regio IX, progettato nell’ambito del Grande Progetto Pompei e portato avanti sotto la direzione Zuchtriegel, è la dimostrazione di quanto uno scavo ben fatto nella città vesuviana possa continuare ad accrescere la conoscenza di uno dei luoghi più importanti che ci sia pervenuto dall’antichità. Nuove ed inedite pitture, nuovi dati sull’enorme cantiere che era Pompei al momento dell’eruzione, nuove scoperte sull’economia e sulle forme di produzione. Una messe straordinaria di dati che sta cambiando l’immagine codificata finora della città antica. Un plauso a tutta la squadra interdisciplinare che con passione e professionalità sta portando avanti le ricerche” aggiunge il Direttore Generale dei Musei, Massimo Osanna
“Le pareti erano nere per evitare che si vedesse il fumo delle lucerne sui muri. Qui ci si riuniva per banchettare dopo il tramonto, la luce tremolante delle lucerne faceva sì che le immagini sembrassero muoversi, specie dopo qualche bicchiere di buon vino campano – sottolinea il Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, solo apparentemente di carattere meramente amoroso. In realtà, parlano del rapporto tra individuo e destino: Cassandra che può vedere il futuro ma nessuno le crede, Apollo che si schiera con i troiani contro gli invasori greci, ma pur essendo un Dio non riesce ad assicurare la vittoria, Elena e Paride che con il loro amore politicamente scorretto sono la causa della guerra, o forse solo un pretesto, chi sa. Oggi, Elena e Paride siamo tutti noi: ogni giorno possiamo scegliere se curarci solo della nostra vita intima o di indagare come questa nostra vita si intrecci con la grande storia, pensando per esempio, oltre a guerre e politica, all’ambiente, ma anche al clima umano che stiamo creando nella nostra società, comunicando con gli altri dal vivo e sui social”.
Il salone misura circa 15 metri di lunghezza per 6 di larghezza e si apre in un cortile che sembra essere un disimpegno di servizio, a cielo aperto, con una lunga scala che porta al primo piano, priva di decorazione.
Sotto gli archi della scala è stato riscontrato un enorme cumulo di materiale di cantiere accantonato. Qualcuno aveva disegnato a carboncino sull’intonaco grezzo delle arcate del grande scalone, due coppie di gladiatori e quello che sembra un enorme fallo stilizzato.
L’attività di scavo nell’insula 10 della Regio IX è parte di un più ampio progetto di messa in sicurezza del fronte perimetrale tra l’area scavata e non, di miglioramento dell’assetto idrogeologico, finalizzato a rendere la tutela del vasto patrimonio pompeiano (più di 13mila ambienti in 1070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri) più efficace e sostenibile.
Lo scavo nell’area finora ha restituito due abitazioni collegate tra di loro, casa con panificio e fullonica (lavanderia), che prospettavano su via Nola e le cui facciate furono già portate alla luce alla fine del ‘800. Alle spalle di queste due case, stanno emergendo in questa fase di scavo sontuosi ambienti di soggiorno affrescati, anche in questo caso interessati al momento dell’eruzione da importanti interventi di ristrutturazione.
Tutti gli approfondimenti sono nell’e-journal degli scavi di Pompei
** dove non c’e’ scritto niente sta per : ” Affreschi Salone Nero ”
Apollo e Cassandra- Salone nero
Elena e Paride – salone nero
Elena e Paride
Salone Nero
Cassandra . Salone nero
Apollo —
Cassandra- Salone Nero
Affreschi Salone nero
Zoltán Mága (nato il 19 febbraio 1974 a Szolnok ) è un violinista ungherese il cui repertorio comprende brani classici, folk, pop e jazz.
È nato in una famiglia di musicisti rom ungheresi . Aveva sei anni quando ricevette il suo primo violino. Quando aveva dodici anni, divenne il primo violinista dell’Orchestra Rajkó. Nel 1996 ha fondato la Budapest Gipsy Band. Dal 2000 suona al Moulin Rouge ungherese, dove è stato il leader della musica popolare fino al 2003.
Sostiene numerose iniziative di beneficenza ed è il fondatore della Golden Violin Foundation.
Szolnok (in tedesco Sollnock, in romeno Solnoca) è una città di 71.285 abitanti dell’Ungheria centrale, capoluogo della contea di Jász-Nagykun-Szolnok.
TICO-TICO ( Zequinha de Abreu )
— si vede Budapest bellissima–
Velocissime – czardas e variazioni
ALAMY
è marcato Szolnok dove nasce il nostro maestro violinista — sotto ” APEST ” di Budapest
da wikipedia – link al fondo
Diego Delso
Il monastero di Geghard, è un’eccezionale costruzione architettonica che si trova nell’omonimo comune nella provincia di Kotayk’, in Armenia.
Esso è parzialmente scolpito nella roccia di una montagna adiacente e nell’anno 2000 è entrato a far parte della lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.
LEONI E ALTRI RILIEVI
Raffi Kojian, http://www.armeniapedia.org
–
Secondo la tradizione, il monastero venne fondato nel IV secolo da San Gregorio Illuminatore, nel luogo in cui si trova una sorgente all’interno di una grotta, sorgente che in tempi precedenti al Cristianesimo era ritenuta sacra.
ENTRATA DEL MONASTERO
– Opera propria
Per questa ragione il nome originale del monastero era quello di Ayrivank, che significa “il monastero della grotta”, mentre oggi è conosciuto col nome di Geghard, che significa “il monastero della lancia”, con riferimento proprio alla lancia che ferì Cristo durante la crocifissione, che secondo la leggenda sarebbe stata portata in Armenia dall’apostolo Taddeo e conservata nel monastero insieme a molte altre reliquie.
Questa lancia, che ha una targa a forma di diamante attaccata alla sua parte terminale, oggi però è conservata nel museo di Echmiadzin.
Benché ci siano iscrizioni risalenti al 1160, la chiesa principale, chiamata Katoghike, venne costruita nel 1215 col patrocinio dei fratelli Zagare e Ivane, generali della regina Tamar di Georgia, che riconquistò gran parte dell’Armenia ai Turchi.
Essa è costruita contro la montagna, con una pianta a croce greca iscritta in un quadrato e coperta da una cupola a base quadrata.
Negli angoli inoltre, vi sono piccole cappelle a due piani con volta a botte.
La facciata meridionale di Katoghike, presenta invece un portale con sopra scolpito un leone che attacca un bue e altre splendide raffigurazioni e bassorilievi che adornano archi e cornici esterne.
Il Gavit di Geghard
segue il testo :
A ovest del tempio principale ed unito ad esso, si trova poi il Gavit, cioè una sagrestia, costruita fra il 1215 e il 1225, che veniva usata come sala riunioni, sala studio e per accogliere i pellegrini ed i visitatori.
Quattro massicce colonne al centro della sala, sostengono un tetto di pietra con un foro centrale che permette l’ingresso della luce.
Alcune delle chiese che fanno parte del complesso del monastero sono interamente scavate nella roccia, altre sono poco più che grotte e altre ancora sono elaborate strutture architettoniche con parti in muratura e parti scavate nella roccia e decorate con bellissimi bassorilievi.
La fascia rupestre a monte del monastero
da : https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/2018/08/01/armenia-il-monastero-rupestre-di-ghegard/
Il timpano del portale inciso con rami di melograno e grappoli d’uva
— link subito sopra
L’oratorio rupestre di San Gregorio
da : https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/2018/08/01/armenia-il-monastero-rupestre-di-ghegard/
L’ingresso di una cella rupestre
da : https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/2018/08/01/armenia-il-monastero-rupestre-di-ghegard/
Uno di questi esempi, è quello della cappella di San Gregorio Illuminatore, precedentemente chiamata cappella di Santa Maria, che venne costruita nel 1177, ad un centinaio di metri oltre l’entrata del monastero.
La cappella è rettangolare con un’abside a ferro di cavallo e sui lati di essa si trovano vari passaggi aperti nella roccia.
Alcune tracce di intonaco con resti di affreschi, indicano inoltre, che in passato le mura interne della cappella erano decorate con alcuni disegni.
Nel complesso si trovano infine numerosi khachkar, ovvero dei cippi funerari scolpiti, tipici dell’Armenia, che contribuiscono a rendere questo luogo uno dei più visitati di tutto lo stato.
Le khachkar, le tipiche croci armene incise nella roccia
da : https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/2018/08/01/armenia-il-monastero-rupestre-di-ghegard/
Dopo una fase di espansione, il monastero cominciò però un lungo declino, la chiesa principale infatti, venne addirittura usata per dare riparo alle greggi dei nomadi Karapapakh durante l’inverno, fino a che non venne restaurato da alcuni monaci provenienti dalla città di Echmiadzin, dopo la conquista russa.
Il sito, tuttora, ospita una piccola comunità ecclesiastica ed è meta di pellegrinaggi.
Un luogo incantevole, in cui regna un’atmosfera di pace e serenità.
La regione di Kotayk’ in Armenia
TUBS
Kotayk’ (in armeno Կոտայք?; ) è una provincia dell’Armenia di circa 276.200 abitanti (2007). È situata nel centro del paese. Il suo capoluogo è Hrazdan.
La provincia è meta delle località turistiche di Garni e Geghard.
DA :
https://it.wikipedia.org/wiki/Provincia_di_Kotayk%27
Vista generale
Torneremo, chissà .. se qualcuno vuole proseguire con le immagini, consigliamo questo link:
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Geghard?uselang=it#/media/File:+Ayrivank_12.jpg
donatella : ritratta da bardelli: ” Paradossalmente “, computer graphics, 2017
Voi non la vedete come la vedo io da cento anni, ma ha proprio quello sguardo sul mondo – chiaro spalancato un po’ tenero un po’ triste — e.. il più delle volte, se ne ride.. sì, del mondo.
Einaudi 2013
Avevo fatto una lunga e impressionante recensione sul libro “Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno” di Charles King, ed. Einaudi. Probabilmente anche il computer si è impressionato e dalla paura ha fatto evaporare lo scritto.
La faccio breve. Il libro, edito in Italia nel 2013, è scritto da uno storico statunitense, che insegna alla Georgetown University ( Washington). Lo stile è però quello di uno scrittore ” brillante”, per cui la lettura risulta appassionante e divertente. Nelle notizie su di lui ho letto che è autore di cinque libri sull’Europa Orientale; in italiano ha pubblicato un altro libro, ”Storia del Mar Nero”, edito da Donzelli nel 2005.
Odessa ( nome al femminile di Odisseo, voluto dalla femminista Caterina II di Russia ), viene fondata alla fine del 1700, quando la Russia zarista conquista all’Impero Ottomano un grande fetta di territorio che la porta fino al Mar Nero. La Nuova Russia ( così venne chiamato quel territorio) costituì una nuova unità amministrativa nella Russia imperiale.
Il “fondatore” di Odessa fu un ex militare borbonico nativo di Napoli che, distintosi nell’esercito russo contro i Turchi, ebbe da Caterina II l’incarico di attuare il progetto di una città che diventasse un centro navale e commerciale. Il progetto ebbe grande successo e Odessa divenne uno scalo tra i più importanti nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Fu colpita diverse volte da terribili epidemie, ma riuscì sempre a risorgere. Soggiornò ad Odessa il poeta Puskin, mandato via da San Pietroburgo; vi fece il liceo il futuro Trotskj, vi nacque la poetessa Anna Akmatova e lo scrittore Isaak Babel’.
Nel 1905 si verificò un pogrom tra i più terribili contro la comunità ebraica, particolarmente ricca e numerosa. Il 1905 è anche la data della rivolta dei marinai della corazzata Potémkin, con cui solidarizzarono gli abitanti di Odessa. Attraversati i drammatici fatti legati alla Rivoluzione bolscevica ( molti furono gli esodi verso l’Europa e verso gli USA, soprattutto di ebrei), Odessa e il territorio circostante, durante la Seconda guerra mondiale, caddero sotto la Romania, alleata dei nazisti. Fu uno sterminio e, a differenza delle altre popolazioni mandate nei campi di annientamento, gli ebrei di Odessa e della regione che a lei faceva capo furono annientati direttamente in patria.
Con il ritorno dell’Armata Rossa vincitrice del nazismo, Odessa divenne la città ” martire” per eccellenza. Una storia contemporanea, al di là del mito, si potrà avere solo con lo studio dell’enorme archivio che fu trasportato a Mosca dai Russi dopo la vittoria sul nazismo. Attualmente Odessa è il più importante porto passeggeri di una nazione relativamente giovane, l’Ucraina, che è emersa dalle macerie dell’Unione Sovietica nel 1991.
C’è una presenza ebraica ancora sufficientemente diffusa ( le agenzie di viaggio offrono gite nell” Odessa ebraica”, che includono una sosta nel centro ipermoderno della comunità ebraica.
Vicino alla famosa scalinata di Odessa è stata rimossa la statua del tempo dei soviet che commemorava l’ammutinamento della corazzata Potémkin; al suo posto è stata messa la statua restaurata di Caterina II, ( a suo tempo tolta dai bolscevichi che l’ avevano sostituita con un busto di Karl Marx).
Concludo con le parole dello scrittore:” Nelle strade di Odessa c’è ancora un’identità che comprende persone che pronunciano accenti diversi e parlano troppo forte, ma sono comunque vicini di casa, anche nel mezzo del kitsch postsovietico, nell’ossessione ucraina per la mitologia nazionale e nel nuovo fascino della Russia per la sua vocazione imperiale”. pagg.288-289 del libro.
L’AUTORE
Charles King insegna International Affairs and Government alla Georgetown University (Washington, DC). È autore di sei libri sull’Europa orientale.
In italiano ha pubblicato inizialmente
Storia del mar Nero (Donzelli, 2005). Con Odessa (Einaudi, 2013) ha vinto il National Jewish Book Award.
Nel 2014, sempre
Nel 2014, sempre
per Einaudi, è uscito Il miraggio della libertà. Storia del Caucaso.
Un altro saggio fondamentale nella sua produzione è Midnight at the Pera Palace. The Birth of Modern Istanbul.
Altre sue pubblicazioni sono:
Mezzanotte a Istanbul. Dal crollo dell’impero alla nascita della Turchia moderna (Einaudi, 2015)
e
La riscoperta dell’umanità. Come un gruppo di antropologi ribelli reinventò le idee di razza, sesso e genere nel XX secolo (Einaudi, 2020)
VANITY FAIR
https://www.vanityfair.it/article/odessa-e-patrimonio-unesco-la-citta-sara-protetta-dalla-guerra
TEATRO NAZIONALE OPERA E BALLETTO
TEATRO OPERA SULLO SFONDO DEL PORTO DI NOTTE
– sempre link all’inizio, Vanity Fair
da GETTY IMAGES link al fondo ::
centro di Odessa — Getty Images
Il Porto
una stradina della città vecchia
La più antica cattedrale ortodossa di Odessa dedicata a San Nicola
Le cupole di San Nicola
una vista notturna di Odessa
edifici residenziali in una parte vecchia di Odessa davanti al porto
una galleria, passaggio coperto, a Odessa
gatti solitari a Odessa
in questo link di Getty Images trovate moltissime foto
—
Per questo il nostro impegno per la Pace, per il disarmo e per la nonviolenza è lo stesso impegno per la difesa della Costituzione e per i diritti universali.
Per questo rinnoviamo la richiesta ed il nostro impegno per il cessate il fuoco in Ucraina e nella Striscia di Gaza, per fermare la follia delle guerre, per il rispetto del diritto umanitario, per l’eliminazione delle armi nucleari, per condannare ogni violazione del diritto internazionale ed ogni forma di violenza contro la popolazione civile, per denunciare chi vuole delegittimare le organizzazioni umanitarie dell’Onu e quelle non governative che assistono le popolazione civili vittime dei signori della guerra.
Sono questi i motivi che ci spingono ad aderire all’appello de Il Manifesto per l’Anniversario della Liberazione: saremo a Milano il 25 Aprile con l’ANPI, così come l’ANPI è con noi nella costruzione della Pace. E lo facciamo proprio a 10 anni di distanza dall’Arena di Pace Disarmo di Verona in cui è iniziato il percorso di convergenza che ha portato alla nascita della nostra Rete e al rilancio di tutte le sue campagne su riduzione delle spese militari, disarmo umanitario, controllo della diffusione delle armi, percorsi nonviolenti di costruzione della Pace
10 aprile 2024– 10.08
L’aumento della #SpesaMilitare è purtroppo una tendenza davvero globale. Ma tutto questo dove ha condotto? Con il commercio di #armi ciò rende difficile il processo di crescita, di sviluppo, di #Pace, di dialogo… creando al contempo situazioni di tensione, di conflitto…
La #Legge185 del 1990 è a rischio: forse non avremo più quadro chiaro su #ExportArmi italiane proprio mentre il settore è sempre più florido Le preoccupazioni di
e la mobilitazione collettiva #BastaFavoriMercantiArmi sono su
La legge 185/90 è a rischio: forse non avremo più un quadro chiaro sull’export di armi italiane proprio mentre il settore è sempre più florido.
L’export italiano di armi vive un periodo di assoluto splendore, oggi ne abbiamo una nuova conferma, e presto potrebbe essere sottratto al controllo della società civile. Nella recente Relazione annuale sulle esportazioni di armi, presentata in Parlamento a fine marzo come previsto dalla legge 185/90 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, sono stati evidenziati dati cruciali relativi al 2023, che confermano trend già noti ma rivelano anche dettagli importanti che ci permettono di rafforzare la comprensione dell’industria bellica italiana e dei suoi flussi finanziari.
E proprio qui sta il punto: mentre il notevole incremento del +86 per cento nell’export italiano di armi negli ultimi 5 anni era noto grazie al rapporto del Sipri, lo Stockholm international peace research institute, ora abbiamo informazioni dettagliate, per esempio, sulle banche coinvolte nell’export, sui principali paesi destinatari e sulle criticità legate a determinati scambi commerciali.
Ma dall’anno prossimo questi dati, fondamentali per innescare un dibattito pubblico su una questione dalle mille implicazioni etiche e geopolitiche come quella della vendita di armi, potremmo non averli più a disposizione. Tutto perché la legge 185/90 in questione è fortemente a rischio nelle sue fondamenta: il provvedimento è stato già depotenziato da una recente modifica in Senato, adesso la parola spetta alla Camera ma se nel secondo passaggio parlamentare non dovessero essere ripristinati alcuni punti chiave il danno, a livello di trasparenza, sarebbe notevole. A lanciare l’allarme sono in molti: l’ha fatto Banca Etica, istituto bancario che per statuto non investe in export militare, l’ha fatto recentemente anche Rete pace e disarmo, il network composta di decine di associazioni, organizzazioni, sindacati, movimenti della società civile italiana guidato da Francesco Vignarca: proprio nei giorni scorsi le associazioni sono state ascoltate in audizione alla Camera, nell’ambito dell’esame della modifica alla legge 185/90 per esprimere tutte le loro preoccupazioni.
I numeri, intanto: nel 2023, l’export italiano di armi è aumentato significativamente
raggiungendo un valore di 6,31 miliardi di euro, con un notevole incremento delle autorizzazioni individuali di esportazione, ovvero quelle effettuate dall’Italia verso singoli Paesi e su singoli prodotti: tale incremento ha superato il 24 per cento, portando le autorizzazioni a 4,766 miliardi di euro. Le licenze globali, sia di progetto che di trasferimento, per co-produzioni strutturate con Paesi Ue-Nato, dunque concesse a livello comunitario, hanno mostrato un aumento del 37%, arrivando a un valore di poco meno di 1,5 miliardi di euro. Anche se non ai livelli record del triennio 2015-2017, queste cifre confermano una crescita strutturale nell’export militare italiano.
Tra gli 82 paesi destinatari delle esportazioni nel 2023, emergono dati significativi che richiedono una valutazione critica. Francia, Ucraina (solo al secondo posto), Stati Uniti e Arabia Saudita si posizionano ai vertici delle autorizzazioni concesse, mentre paesi come Turchia, Azerbaijan e Kuwait destano preoccupazione per la loro situazione politica e per il coinvolgimento in conflitti o controversie internazionali che riguardano tutto il Medio Oriente. La stessa autorizzazione di esportazioni verso l’Ucraina, sottolinea Vignarca, nonostante lo stato di guerra in corso, solleva interrogativi sulla coerenza con i trattati internazionali e sul rispetto delle normative vigenti. Oltre a costituire un vero e proprio paradosso: “In tutti questi anni il Parlamento ha autorizzato più volte la cessione di armi all’Ucraina in deroga alla legge, una cosa che non serviva perché effettuata dallo Stato. Mentre invece si scopre che nel frattempo molte aziende private hanno continuato a vendere armi e materiali a Kiev, senza autorizzazioni”.
11 ° min —interviene direttore di Limes Lucio Caracciolo
+++ 16° min. Fondamentalismo democratico
25° — crisi della democrazia / — una delle ragioni dell’origine del Fascismo
27° — una delle ragione della perdita di democrazia (Togliatti )- potenze finanziarie ( dati ) ) e / Stati
30° — consenso delle masse e democrazia
39 ° –paure ( immigrazioni, guerre ) e bisogno di protezione
40 ° — ideali che si stanno appannando; per i giovani i principi, le idee astratte sono false
42 ° — democrazia ed educazione
43° –– indagine ; favore del regime militare- leader forte / ed età dei giovani
46° min. fine — inizia STEFANO MANCUSO
LA 7 — LA TORRE DI BABELE– 11 MARZO 2024
https://www.la7.it/la-torre-di-babele/rivedila7/serve-ancora-la-democrazia-la-torre-di-babele-puntata-del-1132024-11-03-2024-530823
Solo l’8% della popolazione mondiale vive in paesi democratici. Oggi la democrazia arretra mentre assistiamo all’avanzata delle autocrazie. Quest’anno si voterà in Russia, in Iran, negli Stati Uniti in Cina e in molti Paesi africani, ma bastano le elezioni a definire le regole del gioco democratico? Di fronte alle sfide globali dello sviluppo tecnologico, dell’impatto dell’intelligenza artificiale, del cambiamento climatico e delle migrazioni, un governo democratico è ancora efficace?
Il numero 3/24 di Limes in edicola e in libreria (e in abbonamento digitale) a partire da sabato 6 aprile 2024.
Puntata registrata il 3 aprile 2024
LIMESONLINE.COM
https://www.limesonline.com/video/limes-video-editoriale-caracciolo-mal-america-15566483/?ref=LHTP-BH-I14884451-P8-S1-T1
Image:Map of USA without state names.svg
Nick Roux, amendments by LtPowers
LIMESONLINE – 15 DICEMBRE 2922
https://www.limesonline.com/carte/carta-il-cuore-del-midwest-14715974/
Per la versione integrale della carta, scorri fino a fine articolo.
La carta inedita a colori della settimana è dedicata a una delle regioni più strategiche degli Stati Uniti: il Midwest.
L’importanza del Midwest risiede nel fatto che qui si trova, distillato quasi in purezza, il cittadino americano medio. Gli Stati che ne fanno parte non figurano tra le colonie fondatrici degli Stati Uniti nel 1776, la loro formazione e il popolamento avvengono in una fase successiva. Ciò permette agli abitanti del Midwest di superare le identità locali e soprattutto le rivalità degli Stati affacciati sull’Atlantico, soprattutto di evitare la faglia Nord-Sud che dà vita alla guerra civile del 1861-65. Aderendo in massa alla causa dell’Unione, il Midwest decide la sconfitta militare della Confederazione meridionale. In tutta la storia patria, la sua natura mediana svolge un cruciale ruolo equilibratore.
Il Midwest non ha confini precisi, tuttavia la sua caratteristica geografica principale è sorgere al di là della catena montuosa degli Allegani-Appalachi, il primo limes della collettività statunitense. L’America si è fatta anche con il superamento di queste cime e con la conquista delle pianure ulteriori. Inoltre, si possono individuare i territori che indiscutibilmente costituiscono il cuore di questa regione, cioè gli Stati di Ohio, Indiana, Illinois, Michigan e Wisconsin.
I criteri per la definizione del nucleo sono essenzialmente due, uno storico e l’altro industriale. Nella carta è rappresentata l’area dell’antico Territorio del Nord-Ovest, costituito nel 1787, delimitato dai Grandi Laghi a nord, dal fiume Ohio a sud e dal fiume Mississippi a ovest. È questa la prima organizzazione amministrativa del Midwest, che contiene due aspetti decisivi per il futuro: la proibizione della schiavitù e l’obbligo di fondare università statali per formare la classe dirigente locale.
Oltre alla storia, il Midwest è definito dall’industria oppure, oggi, dalla sua decadenza. Nella carta il perimetro tratteggiato in rosso individua il cuore produttivo statunitense del XX secolo che rende l’America una potenza industriale e poi bellica, in grado di sostenere lo sforzo manifatturiero necessario a vincere la seconda guerra mondiale. Come si vede, sono compresi territori di Stati normalmente non associati al Midwest, in particolare New York e Pennsylvania. In particolare, la porzione più occidentale di quest’ultima, l’area di Pittsburgh, sotto il profilo storico, industriale e demografico costituisce sicuramente la porta del Midwest.
Questa regione, così decisiva nel Novecento, è oggi in crisi demografica ed economica, a causa delle delocalizzazioni che hanno trasferito all’estero il grosso della manifattura statunitense. Ne consegue una crisi morale, determinata dalla sensazione di spaesamento di una regione celebrata come il cuore dell’America ma evidentemente non più partecipe del dinamismo nazionale. Non sorprende che la discordia che flagella il paese si manifesti qui in forme particolarmente accentuate.
Inedito a colori di Laura Canali in esclusiva per Limesonline.
NOTA :
RUST BELT – nella cartina sopra è racchiusa nella linea tratteggiata rossa –
Rust Belt è un’espressione che indica la regione compresa tra i monti Appalachi settentrionali e i Grandi Laghi, un tempo cuore dell’industria pesante statunitense. L’espressione, traducibile con “cintura della ruggine”, si riferisce a fenomeni come il declino economico, lo spopolamento e il decadimento urbano dovuti alla contrazione del settore industriale. Il termine ha ottenuto popolarità negli Stati Uniti negli anni ottanta del Novecento.
La “cintura di ruggine” inizia nella parte occidentale dello Stato di New York e si estende attraverso la Pennsylvania, la Virginia Occidentale, l’Ohio, l’Indiana e la Penisola Inferiore del Michigan, terminando nell’Illinois settentrionale, nell’Iowa orientale, nel Wisconsin sudorientale e nel Minnesota.
La regione ha visto un declino industriale dalla metà del XX secolo dovuto a una varietà di fattori economici, come il trasferimento delle manifatture più a Ovest, l’aumentare dell’automazione e il declino delle acciaierie e delle industrie statunitensi del carbone. Mentre alcune città sono riuscite ad adattarsi al cambiamento riorientandosi verso il settore dei servizi e delle industrie ad alta tecnologia, altre non se la sono cavata altrettanto bene, come testimoniano l’aumento della povertà e la diminuzione della popolazione.
segue nel link : https://it.wikipedia.org/wiki/Rust_Belt
un lama piccolo in un campo, dietro le montagne
una più incazzata dell’altra
CARTINA —Untifler
MACHU PICCIU — Terrazzamenti del lato est
– maldealtura.com.ar
Il Templo del Sol o Torreón
Untifler
Il Templo Principal
MACHU PICCIU –Vista del complesso 9 o de las Tres Portadas sopra tre livelli di terrazzamenti, visti dalla piazza principale
Diego Delso
Vista del Conjunto de los Morteros o Acllahuasi (Grupo 18) come lo si vede dall’intihuatana
Paetzoldthomas
Rocca posta sotto il Tempio del Sole, ingresso al cosiddetto Mausoleo reale. Alcuni autori lo considerano la “tomba” di Pachacutec.
FOTO SOPRA DA :
https://it.wikipedia.org/wiki/Machu_Picchu#
ANSA.IT — 8 APRILE 2024 – 18-26
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/04/08/il-bavaglio-al-dissenso-laccusa-degli-intellettuali_ebb0e172-85b8-4fa6-8188-a85ee13224cb.html
Per questo oggi Donatella Di Cesare, Tomaso Montanari, Luciano Canfora e Davide Conti si sono ritrovati nella sede della Federazione nazionale della stampa, insieme con il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, e con Vincenzo Vita di Articolo 21.
Docenti, studiosi, filosofi e giornalisti uniti per denunciare le “palesi intimidazioni” da parte del governo accusato di voler “emarginare le voci del dissenso” ed “eliminare il dibattito democratico”. “Ci si sta adattando – dicono – ad un clima di caccia alle streghe”.
“Stiamo scivolando su una china molto pericolosa”, ha detto Di Cesare, a giudizio dopo una denuncia del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Il governo vuole cancellare ogni forma di dissenso tentando di spegnere le voci scomode – ha rincarato la dose -. Si tocca l’apice di una strategia inaugurata da mesi volta a criminalizzare ogni contestazione e divergenza”. Secondo la filosofa e docente di filosofia teoretica a La Sapienza di Roma, “i ministri sono in cerca del nemico”. “La censura – ha concluso – viene eretta a metodo. La destra post-fascista mira a una Terza Repubblica che mette in forse i cardini della costituzione antifascista.
Assistiamo, oggi, ad una ‘orbanizzazione’ dell’Italia”.
Dello stesso parere anche Montanari, anche lui denunciato da Lollobrigida. “Stiamo assistendo a un ribaltamento del costituzionalismo moderno – ha spiegato – basato sulla tutela di chi non ha forza su chi ha forza. Dobbiamo svegliarci prima che sia troppo tardi”.
Querelato da Giorgia Meloni, il filologo Luciano Canfora ha evidenziato che il tentativo del governo di “tappare la bocca a persone molto attive nella loro professione di insegnanti è ancora più grave perché si tratta di professionisti in costante contatto con i giovani”.
Lo storico Davide Conti – querelato dalla sottosegretaria alla Difesa, Isabella Rauti – ha invece sottolineato due questioni: “quella del fascismo e dell’antifascismo, ancora centrale nello spazio pubblico” e “quella della legittimità del conflitto nello spazio pubblico”.
A chiudere gli interventi è stato il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. “C’è un’evidente diseguaglianza tra il potere del singolo intellettuale o giornalista e il potere del governo – le sue parole -. al governo quando sentono la parola cultura mettono mano al tribunale. Noi, come associazione dei partigiani, siamo e saremo al fianco della libertà”.
Giochi dei bambini- Brughel il Vecchio, 1560- 181 x 161 cm- olio su tela
Kunsthistorisches Museum di Vienna
Dettagli dello stesso da Pinterest
copertina da Amazon.it
Ariès, Philippe,
Padri e figli nell’Europa medievale e moderna,
trad. di M. Garin
Roma, Laterza, 1999 / 2006
Pagine: 492
€ 14,00
prima traduzione in italiano: 1968
Philippe Ariès, storico dei costumi sociali e della famiglia, nel 1960 pubblicò L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime, studio divenuto una pietra miliare della storia dell’infanzia. Attraverso fonti iconografiche e letterarie, si ripercorre lo sviluppo del sentimento familiare verso i bambini, anche se riferito soprattutto alle classi sociali superiori, poiché più rappresentate in arte e in letteratura.
Ariès studia il passaggio dall’idea medievale di bambino, piccolo adulto senza propria identità, a quella successiva in cui assume una posizione fondamentale nella famiglia.
La prima parte del libro affronta il sentimento dell’infanzia che, fino al Medioevo, non esisteva. Era diffusa l’indifferenza verso il bambino, dovuta anche all’alta mortalità, tanto che, nella lingua francese, non c’era un vocabolo per indicare il bimbo piccolo. L’arte raffigurava il bambino come un adulto più basso, vestito come i grandi, che praticava gli stessi giochi degli adulti.
In epoca moderna, si sviluppò una nuova sensibilità: si riconobbe che anche il bambino aveva un’anima immortale, cominciò ad avere un proprio abbigliamento, i suoi giochi si distinsero da quelli degli adulti, anche per l’azione moralizzatrice della Chiesa che mise al bando la promiscuità. Dal ʼ600, il mondo infantile si separò da quello adulto, la licenza sessuale non fu più consentita, l’infanzia divenne simbolo di innocenza.
C’era però anche l’idea che il bambino fosse un essere irrazionale da fortificare con un’educazione mirata, tanto che nel ʼ700 nacque una specifica letteratura infantile.
La seconda parte del volume è dedicata alla vita scolastica. Nel Medioevo esisteva solo l’istruzione impartita dalla Chiesa, poi, in epoca carolingia, nacque la scuola e in seguito l’università, ma erano riservate a pochi. Era un’istruzione senza gradualità rispetto all’età degli scolari, l’insegnamento era simultaneo, con un docente che insegnava più arti a bambini e ragazzi insieme.
In Età Moderna, invece, si impartiva un’educazione più specifica per età, spesso in collegi che, col tempo, furono frequentati anche dai ceti più modesti.
Nella terza e ultima parte, si affronta il sentimento familiare. L’iconografia medievale ci presenta spesso uomini al lavoro e solo in seguito compaiono le donne e i figli nelle situazioni quotidiane. Si assiste a uno sviluppo dei ritratti di famiglia, rappresentata soprattutto come nucleare e celebrata spesso nella Sacra famiglia, ma abbondano anche le scene di vita quotidiana, ad esempio la madre che allatta il bambino o che lo spidocchia.
Nel Medioevo non esisteva un sentimento familiare, contava solo il lignaggio, l’importanza di discendere da un capostipite e di mantenere indiviso il patrimonio di famiglia, attraverso il diritto di primogenitura.
Secondo Ariès, il venir meno dell’indivisibilità del patrimonio contribuì a cambiare i rapporti fra i membri familiari, così come l’abbandono dell’usanza medievale di mandare i figli ancora piccoli presso altre famiglie a “fare apprendistato”.
A partire dal ʼ600, tutto ciò favorì una relazione emotiva che prima non esisteva, ne è testimonianza la raffigurazione della famiglia raccolta in intimità intorno al focolare. Si assiste a una contrazione della socievolezza: in passato la casa era il luogo dove si viveva, ma anche quello dove si svolgevano gli affari economici e politici. La ricerca dell’intimità è testimoniata anche dalla trasformazione della casa, dal ʼ700 scompaiono le stanze comunicanti tra loro, o in promiscuità con i domestici. Anche la letteratura di quel secolo ci svela un sentimento familiare e dell’infanzia diverso, emerge la preoccupazione dei genitori verso l’educazione e la salute dei figli, un’evoluzione che però ancora non interessava le classi inferiori della società.
racconto del libro da:
chrome extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.minori.gov.it/sites/default/files/Padri_e_figli.pdf
qualcosa sull’autore::
PHILIPPE ARIES
Philippe Ariès (Blois, 21 luglio 1914 – Tolosa, 8 febbraio 1984) è stato un medievista francese, importante storico della famiglia e dei costumi sociali.
SEGUE IN WIKIPEDIA —https://it.wikipedia.org/wiki/Philippe_Ari%C3%A8s
i Krampus a Salisburgo
– Opera propria
video, 3.16
video, 2.17–Fusine Val Romana è una frazione di Tarvisio in Friuli-Venezia-Giulia, posto a circa 6km ad est dal capoluogo comunale.
Un Krampus del gruppo di Salisburgo
– Opera propria
Nella mitologia delle zone europee di lingua tedesca e, parzialmente, in quelle di lingua slava e ladina, il Krampus è un essere demoniaco che accompagna la figura religiosa–folkloristica della reincarnazione di San Nicola, venendo rappresentato da una tradizionale sfilata in maschera lungo le strade del paese. Tale tradizione è legata alla mitologia cristiana– più precisamente al vescovo San Nicola e al suo servitore denominato Krampus – in cui quest’ultimo è un demonio sconfitto dal santo e perciò, successivamente, costretto a servirlo.
Krampus nella Repubblica Ceca
Richenza
Queste manifestazioni sono eventi tipici della giornata della vigilia di San Nicola, 5 dicembre, nate più di 500 anni fa e tuttora festeggiate in Slovenia, Germania, Croazia, Austria, Italia (Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.
La sfilata solitamente segue questo ordine: in primis sfila lo stesso San Nicola, a piedi o su di un carro, distribuendo dolciumi e piccoli regali ai paesani; a seguire i Krampus, una masnada di demoni inferociti, armati di fruste e catene.
In Italia questa festa è maggiormente diffusa nella regione del Trentino-Alto Adige, ma viene celebrata anche nell’estremo nord-est del Friuli-Venezia Giulia, e in alcune località del Veneto, come in provincia di Belluno (Cadore).
Nel resto d’Europa, la sfilata avviene in molte altre zone, specialmente quelle di lingua tedesca, ma soprattutto in Baviera, Svizzera e Austria.
La visita di San Nicola e del Krampus in una famiglia viennese
Newspaper-illustration from 1896
I Krampus (dal bavarese krampn, ovvero “morto”, “putrefatto”.) sono demoni dalle sembianze mostruose e animalesche, scatenati e molto inquietanti, che si aggirano per le strade alla ricerca dei bambini “cattivi”.
Si racconta che tanto tempo fa, nei periodi di carestia, i giovani dei piccoli paesi di montagna si travestivano usando pellicce formate da piume, pelli e corna di animali. Essendo così irriconoscibili, andavano in giro a terrorizzare gli abitanti dei villaggi vicini, derubandoli delle provviste necessarie per la stagione invernale. Dopo un po’ di tempo, i giovani si accorsero che tra di loro vi era un impostore: era un demone, che approfittando del suo reale volto diabolico si inserì nel gruppo rimanendo riconoscibile solo grazie alle zampe a forma di zoccolo di capra.
Krampus of Morzger Pass in Salzburg Austria
– Opera propria
Krampus sul suo carro e le fiamme dell’inferno
Opera propria
–
Venne dunque chiamato il vescovo Nicola per esorcizzare l’inquietante presenza. Sconfitto il demone, tutti gli anni, i giovani nel giorno della vigilia di San Nicola, travestiti da demoni, sfilavano lungo le strade dei paesi, non più a depredare, ma a “punire i bambini cattivi”, accompagnati dalla figura del vescovo che aveva sconfitto il male.
Tarvisio (Tarvis in friulano e in tedesco Trbiž in sloveno) è un comune italiano di 4.010 abitanti ( DATI giugno 2022 ) in Friuli-Venezia Giulia, il comune più orientale e più esteso della ex-provincia di Udine. È l’unico comune che era ed è rimasto di confine con la Slovenia a cavallo della seconda guerra mondiale.
Posizione del comune di Tarvisio ( provincia di Udine, Friuli Venezia-.Giulia, Italia )
Opera propria
–
Tarvisio, Lago del Predil, Opera propria
–
Tarvisio- Mangart e laghi di Fusine
– Opera propria
Camporosso, visto dal Monte Lussari è una frazione di Tarvisio, rappresenta la parte più antica, infatt era situata qui la stazione doganale romana.
– Opera propria
se vuoi, guarda ” Storia ” nel wikipedia Camporosso, Tarvisio:
https://it.wikipedia.org/wiki/Camporosso_(Tarvisio)
Il Monte Santo di Lussari (1.790 m s.l.m. – detto anche Svete Višarje, “Le sante alture“, in sloveno, Mont Sante di Lussari in friulano e Luschariberg in tedesco) è una montagna delle Alpi Giulie, posta nel territorio del comune di Tarvisio (UD), a sud della frazione di Camporosso.
Con i suoi 1.789 m s.l.m., non è una delle maggiori cime delle Alpi Giulie e deve la sua fama principalmente al convento sorto nel XVI secolo in cima al monte e fa parte della catena Jof Fuart-Montasio:
Il santuario in inverno, dietro la Cima del Cacciatore (2 071 m s.l.m.)
la prima cappella, della quale non rimane più traccia, venne costruita nel 1360 nel luogo ove secondo la tradizione venne ritrovata una statuetta della Madonna col Bambino. L’attuale chiesa risale invece al 1500 ed al 1600. Nel corso dei secoli ha subito alcuni danneggiamenti: nel 1807 venne colpita da un fulmine e nel 1915 venne bombardata, ma venne sempre ricostruita. Nell’anno 2000, in occasione del Giubileo, la chiesa è stata completamente ristrutturata e rinnovata. La chiesa è chiamata anche “dei tre popoli”, in quanto è luogo di pellegrinaggio per le genti di tutte e tre le stirpi linguistiche confinanti: quella germanica (col tedesco), quella romanza (con friulano e italiano) e quella slava (con lo sloveno).
Il Campanile del Santuario
– Opera propria
E’ situato nel paese di Camporosso, nel comune di Tarvisio, provincia di Udine, regione Friuli – Venezia -Giulia
Gli alberi sul Lussari
– Opera propria
LA STAMPA DEL 2 GIUGNO 2010, RIVISTO NEL 2019
LA CARTINA MOSTRA IL ” CAMMINO CELESTE ” DA AQUILEIA AL MONTE LUSSARI-nel link maggiori informazioni
LA FIACCOLATA PER NATALE
LA FIACCOLATA VISTA DA PIU’ LONTANO
+++ UN MINI-VIDEO DELLA FIACCOLATA — 0.53
https://www.facebook.com/Nordest24/posts/1265366896995406
FACEBOOK NORDEST 24
video, 2.20
DA –(Himalaya, il sentiero del cielo) di Marianne Chaud 65′, Francia, 2009– notizie sulla regista al fondo
Nella clip sopra :
****
LA REGIONE DEL MONASTERO E’ NELL’ESTREMO NORD DELL’INDIA
“Lo Zanskar fa parte dello Stato Indiano del Jammu e Kashmir, zona cuscinetto fra la Cina, l’India ed il Pakistan.
Lo Zanskar è situato a nord della Catena dell’Himalaya ed a sud dalla valle superiore del fiume Indo.
Il tormentato rilievo montuoso, alleato alla rudezza del suo clima, rende questa regione di ben difficile accesso.
Dopo le prime nevicate che cadono in novembre il paese entra in un glaciale isolamento.
Le temperature sul fondovalle, situato a 3.500 metri, scendono a -35°.
Circa 12.000 persone vivono poveramente di agricoltura e di allevamento, attività principali che si svolgono in estate.
La popolazione, in maggioranza buddhista, è molto legata al suo capo spirituale il Dalai Lama.
Questa fede religiosa ha procurato alla regione il soprannome di «Piccolo Tibet».
L’isolamento geografico ha permesso al popolo dello Zanskar di conservare la sua identità e le sue tradizioni.
Ma questa autenticità intatta e pittoresca non cancella le difficoltà ed i problemi che rendono dura la vita degli abitanti dello Zanskar.
MAPPA DETTAGLIATA DELLO ZANSKAR
nella parte bianca vedete Phuktal che è dove si trova il monastero
CARTINE E TESTO DA :
https://www.aazanskar.org/Italia/geografia.htm
Il monastero Phuktal o Phuktal Gompa è uno dei monasteri più isolati nella regione sud-orientale dello Zanskar ( CHE E’ UN FIUME), nel distretto di Ladakh di Jammu e Kashmir, nel nord dell’India, alle pendici dellì’Himalaya. Il monastero è una costruzione unica di fango e legno costruita all’ingresso di una grotta naturale sulle rive di una gola laterale di un importante affluente del fiume Lungnak (Lingti – Tsarap). Da lontano il monastero sembra quasi che sia un nido d’ape gigante. Phuktal Gompa fu fondato nei primi anni del 12° secolo da Gangsem Sherap Sampo, un discepolo di Gelug Tsongkhapa. Anche se il monastero fu costruito nel 12° secolo, il luogo era praticamente sconosciuto sino a che l’esploratore ungherese Alexander Cosmo de Koros non lo visitò, nel 1826-1827.
A questo importante esploratore va il merito di aver scritto il primo dizionario inglese tibetano e va a lui il merito dello studio della Tibetanologia.
La progettazione e la posizione isolata ha un significato spirituale, perché gli antichi monaci che viaggiavano cercavano riparo e meditazione nelle grotte della zona.Il monastero dispone di quattro sale di preghiera, una biblioteca, una serie di strutture dedicate alla didattica, una cucina e camere e alloggi per i circa 70 monaci che vi risiedono. Il soffitto è decorato con affreschi a soffitto e affreschi decorano la cappella popolata dai turisti. Il Phuktal Gompa è uno dei pochi monasteri buddisti del Ladakh che può essere raggiunto solo a piedi, trovandosi a circa 7 chilometri dalla città di Padum.
TESTO DA :: http://ambranna.blogspot.com/2015_09_30_archive.html
Da Padum è possibile raggiungere il Phuktal in 3 giorni di cammino; è però possibile farsi portare da una macchina fino…
Continua sul nuovo libro: di Enrico Guala – 2018
editore : La Memoria del Mondo
Collana : I libri della conchiglia
Nuova edizione riveduta con 160 tra fotografie e mappe– 2018
IL FIUME TSARAP VICINO AL MONASTERO
IL FIUME ZANSKAR
HIMALAYA, LE CHEMIN DU CIEL — 1 h .04 min- 2008
DOC COMPLETO
L’AUTRICE
MARIANNE CHAUD — FOTO : MUBI
— per i curiosi–
FILM FESTIVAL DI LESSINIA
Il Film Festival della Lessinia è un festival cinematografico, l’unico del panorama italiano dedicato alla produzione di materiale multimediale riguardante la vita e la storia delle popolazioni montane. Si tiene ogni anno presso la sede stabile del teatro “Vittoria” di Bosco Chiesanuova, a Verona, alla fine di agosto. Wikipedia
–in Brasile si parla abbastanza con temini ai diminutivi – che aggraziano il modo relazionarsi –
Si inizia quando ci si incontra ( questo è quello che ricordo un po’ estremizzato, però ) a dire per es. ” O meu bém, è tanto tempo che non ti vedo, perché — meu amor — altro — vedi, benzinho ( diminutivo di ” bene ” — ) —
Adesso il sopra è un po’ esagerato, ma quando siamo venuti in Italia, per come parlavamo tra di noi ( Mario, Francesca ed io ), abbiamo schifato mia sorella e mio cognato perché ” pieni di storie e di paroline dolci — tutte scemate .. ! )
qui Francesca può avere due anni e mezzo, è estate, e lei fa gli anni in gennaio..
Grande manifestazione ieri a Oslo pro Palestina al grido di#FreePalestine pic.twitter.com/RIYQceGHeX
— Marco (@P_M_1960) April 7, 2024
OSLO, conosciuta anche come Christiania dal 1624 al 1878 e come Kristiania dal 1878 al 1924) è la capitale della Norvegia.
Il nome è certo che derivi dal norreno, la lingua che precedette l’attuale norvegese.
Oslo è situata in fondo allo Oslofjord, un fiordo all’interno del bacino dello Skagerrak.
All’interno dei confini della città ci sono 40 isole e e 343 laghi.
Il nucleo più antico di Oslo è a nord della fortezza trecentesca di Akershus e rappresenta il centro vitale della città. La via principale è Karl Johans Gate. Su questa arteria lunga un chilometro e mezzo si affacciano gli edifici storici: il palazzo reale della prima metà dell’Ottocento, il Teatro Nazionale in stile rococò, la sede del Parlamento del XIX secolo, l’università datata 1851.
segue nel link : https://it.wikipedia.org/wiki/Oslo
Oslo – Veduta
– Opera propria
La via principale di Oslo, Karl Johans Gate
SEGUE DA QUI :
CHE VI CONSIGLIAMO SE DOVETE FARE QUALCHE VIAGGIO IN GIRO PER IL MONDO
https://www.eleonoraongaro.it/cosa-vedere-ad-oslo/
Le strade di Damstredet e Telthusbakken, unico quartiere rimasto con le case in legno
La cattedrale di Oslo
Giardino botanico
Bærums Verk è un villaggio in cui si respira un’atmosfera magica a poca distanza dal centro di Oslo.
RAIPLAY –PROGRAMMA ” GENERAZIONE BELLEZZA ” –Il paese del Diari-
dal 1 gennaio 1985
https://www.raiplay.it/video/2024/03/Generazione-Bellezza—Pieve-Santo-Stefano-il-paese-dei-diari—Puntata-del-04042024-16dbdb41-598c-4c8d-9ca6-449e0245b9a5.html
s
SAVERIO TUTINO
foto da : Arezzo Notizie
IL MANIFESTO 7 LUGLIO 2023
https://ilmanifesto.it/saverio-tutino-un-centenario-fuori-dagli-schemi-convenzionali
Oggi, cento anni fa, nasceva Saverio Tutino, giornalista e scrittore. Un visionario con i piedi ben piazzati per terra. Che da adolescente «balilla» durante il fascismo fugge nel Canton Ticino e a 21 anni si converte in commissario politico della Brigata partigiana e subito dopo della Divisione Garibaldi della Val d’Aosta (scriverà al riguardo La Ragazza scalza, racconti della Resistenza).
DOPO LA LIBERAZIONE entra a L’Unità che lo invia a Pechino per il primo anniversario della rivoluzione cinese. Ne diventa poi corrispondente da Parigi, con incursioni nell’Algeria in rivolta.
Ma l’esperienza giornalistico/politica che lo caratterizza di più è da cronista a L’Avana durante la rivoluzione, che racconta con un taglio persino «romantico», annunciando, in piena Guerra fredda, il divenire di un terzo schieramento con il movimento dei Non Allineati. Tanto da piacere poco all’allora responsabile esteri del Pci Giancarlo Pajetta.
Mentre al contrario, raccontava lo stesso Tutino, se pure aveva un buon rapporto con Fidel Castro, il Che non gli diede mai confidenza proprio perché non si fidava dei comunisti italiani; scriverà numerosi testi al riguardo fra cui Cicloneros e Guevara al tempo di Guevara.
Nel 1975 è con Scalfari tra i fondatori di Repubblica dove si occupa soprattutto di America Latina, che gira in lungo e in largo. Ma il suo rapporto con Scalfari non fu facile. È che Tutino aveva una forte e libera personalità che avanzava tesi talvolta al di fuori degli schemi convenzionali, nella costante ricerca di trame e connessioni (a costo di essere accusato di «dietrologia») che interpretassero gli eventi che si consumavano nel mondo e in Italia (compresa la stagione delle Br). Ma spesso ebbe ragione; e comunque ti metteva in discussione (vedi le riflessioni che proponeva su Linus).
DESTINO VOLLE che nel 1981, quando per ragioni di salute Tutino smise di viaggiare, ricevetti virtualmente da lui il testimone di corrispondente sul posto (per questo giornale) del successivo grande rivolgimento dopo Cuba in America Latina: la rivoluzione Sandinista in Nicaragua che altrettante aspettative generò, per la sua pluralità nelle generazioni formatesi durante e nell’immediato post-’68. Ci conoscemmo personalmente solo anni più tardi ad Anghiari (Arezzo), dove mi trasferii anch’io. Infinite furono le discussioni sui processi rivoluzionari, compreso il suo disincanto verso il castrismo, con l’avversione che lui stesso patì nei suoi ultimi anni a L’Avana (rivissuta ne L’occhio del barracuda). Tanto da doversene andare.
Con il sottoscritto ad argomentargli che comunque «a sole 90 miglia dagli Usa la sovranità nazionale non poteva essere compatibile con la democrazia che abbiamo conosciuto noi nel benestante emisfero nordoccidentale. Sta di fatto che Cuba, pur alla fame, dopo oltre sessant’anni ancora oggi resiste. Mentre il Nicaragua del «fu» comandante Ortega si è convertito in una Corea del Nord tropicale.
Ma Saverio Tutino ha avuto una grande «fortuna». Che, con ammirazione, in molti gli invidiamo. L’aver tenuto un diario per la sua intera vita. Una necessità per lui. E al contempo una innata vocazione. Che si è estrinsecata poi lungo le rive del Tevere fra Roma e il suo buen retiro di Anghiari, nell’Alta Valtiberina Toscana. Dove ha inventato quasi quarant’anni fa l’Archivio nazionale dei Diari di Pieve Santo Stefano (che custodisce almeno novemila fra diari, memorie ed epistolari di persone «comuni»). Oltre ad aver ispirato ad Anghiari (dove riposa) la Libera Università dell’Autobiografia.
LA VALLE DELLA MEMORIA (dove oggi sono previste diverse attività in suo ricordo) è la sua opera maestra. Che ne ha trasceso l’esistenza. Dandogli pace dopo un mestiere come il giornalismo che ti rinserra talvolta in una maledetta solitudine. Memoria dunque non solo di sé. Ma di ogni essere umano. Insignificante quanto unico e irripetibile nella storia dell’umanità.
GIANNI BERETTA
foto da : Vicino/ Lontano — PREMIO TERZANI
FESTIVAL 20/a edizione—Udine
7-12 maggio 2024
Dall’inizio degli anni ’80 corrispondente da Managua per il Centro America e il Caribe per il quotidiano il Manifesto, Radio Popolare di Milano, Radio della Svizzera Italiana e Radio Suiza Internacional in onde corte; oltre che collaboratore di Epoca e Panorama.
Analista politico della rivista centroamericana Pensamiento Propio, edita in Nicaragua negli anni ’80.
Dalla fine degli anni ’90 filmaker in America Latina della Televisione Svizzera Italiana per il magazine informativo Falò, per la rubrica Cult Tv e per il programma della documentaristica Storie.
SEGUE DA :
Clelia Marchi, la contadina che scrisse la sua vita su un lenzuolo
IL LENZUOLO DI CLELIA MARCHI NEL PICCOLO MUSEO DEL DIARIO
mikis theodorakis in Berlino est nel 1987 :
FINALE DEL FILM IN ITALIANO — peccato che il video è buio, in inglese è migliore–
— -che ha organizzato, tra l’altro, l’operazione con il personale della Ong World Central Kitchen ( 7 membri uccisi al 1 aprile 2024 dall’esercito israeliano )
RAIPLAY.IT / VIDEO – 5 APRILE 2024
L’auto colpita dall’attacco israeliano, a bordo c’era personale della Ong World Central Kitchen
(reuters)
FABIANA MAGRÌ
5 APRILE 2024
https://www.lastampa.it/esteri/2024/04/05/news/uccisione_operatori_world_central_kitchen_israele_scuse-14199112/
un albero di Rododendro in fiore dietro una staccionata sul prato a Copake, New York, USA.
Questi sono i rododedri che abbiamo visto nelle nostre montagne tra i 1500 / e i 2000 metri in primavera
un calabrone vola sui fiori di rododendro
Il nome del rododendro deriva dal greco antico: rhodon significa rosa, dendron equivale ad albero, pertanto è corretto dire che il rododendro sia l’albero delle rose. Si tratta di una pianta rustica, arbustiva o strutturata ad albero, con altezza variabile dai 40 centimetri ad oltre 4 metri a seconda della specie.
Ne esistono oltre 500 tipologie differenti, numerosi ibridi e varietà, note con il nome comune di rododendro o azalea.
Un tempo queste due specie venivano considerate diverse, ma nella moderna classificazione il genere Azalea è stato abolito e tutte le specie moderne sono state attribuite al genere Rhododendron.
Nelle Alpi esistono due tipi di Rododendro :
foto da Universo alpino
2. Rhododendron hirsutum.
testo e alcune immagini da :
Rododendro Hirsutum
Una bella foto su una strada di campagna
una leggera nebbia mattutina in un piccolo stagno con azalee primaverili
REPUBBLICA GREEN/BLUE —3 LUGLIO 2023
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/07/03/news/azalea_periodo_coltivazione_e_cura-404547800/
La terra di origine dell’azalea è l’Asia, precisamente le zone boschive e umide di questo continente che hanno per prime accolto questa bellissima pianta appartenente al genere Rhododendron. L’azalea arrivò nel nostro paese nei primi anni del 1800 per mano di commercianti di lane inglesi che giunsero in Nord Italia e precisamente nella zona del biellese. L’azalea oggi è una pianta molto diffusa nel nostro Paese, è possibile trovarla sovente crescere spontaneamente in prossimità di corsi d’acqua in zone a riparo dalla luce diretta del sole.
L’azalea è una pianta sempreverde, la cui altezza può variare dai quaranta ai novanta centimetri; il fusto è ramificato di colore scuro e consistenza legnosa, le sue foglie sono ricoperte da una leggera lanugine e sono di forma ovale. Il fiore dell’azalea è formato da cinque a dieci petali circondati da una corolla ed i colori possono variare dal bianco al rosso fino ad arrivare a ibridi di colore lilla o azzurro. L’azalea è una pianta ricca di nettare ma attenzione non tutti i suoi ibridi possono vantare di possedere all’interno della corolla mieli non tossici, esistono infatti alcuni tipi di azalee velenose per l’appunto. Non tutti i tipi di azalea sono adatti alla vita all’aperto, esattamente come tanti altri tipi mal tollerano la messa in vaso. Occorre dunque distinguere questa pianta in due macro tipologie: l’azalea da interno detta anche “indica” e l’azalea da esterno o da giardino detta “japonica”.
L’azalea indica ha fusti sottili e ramificati. Essendo una pianta da interno non supera mai i cinquanta centimetri di altezza e in generale si espande a mo’ di cespuglio. La fioritura dell’azalea indica inizia a primavera con tanti piccoli fiorellini a forma di imbuto che la ricoprono completamente. I vari tipi di ibridi ottenuti dalla specie indica, hanno portato alla creazione di piante che fioriscono tutto l’anno; passeggiando in un vivaio sarà possibile scegliere proprio una pianta da interno fiorita da regalare ad una persona cara.
Questo tipo di azalea ha una crescita piuttosto rapida e un’estensione che può raggiungere anche i tre metri. La collocazione in un luogo ombreggiato e al riparo dal vento assicurerà la riuscita da una fioritura maestosa. Come tutte le azalee è una pianta che necessita di un terreno acido e di acqua povera di calcare.
L’azalea nel linguaggio floreale evoca la figura femminile per accellenza alla quale siamo più legati in assoluto: la mamma. L’azalea infatti richiama le doti della femminilità e della temperanza che in effetti si identificano per un essere umano nella figura materna. Tuttavia le azalee che si differenziano per il colore richiamano altri significati: l’azalea rossa ad esempio simboleggia la vendetta mentre quella gialla la falsità. È invece l’azalea classica il fiore che è stato scelto dalle associazioni che si occupano di raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro e la leucemia. A simboleggiare questa ricorrenza si è scelta la data del 14 maggio di ogni anno, in cui è possibile in cambio di un’offerta economica, regalare l’azalea in segno di solidarietà a sostegno di questa nobile causa.
Ogni volta che parliamo della coltivazione di una pianta dobbiamo essere a conoscenza della resistenza di quella determinata specie al sole o al vento, poiché una volta messa a dimora non è consigliabile spostarla nel breve periodo. Nel caso dell’azalea vi suggeriamo di scegliere un luogo a mezz’ombra e al riparo dal vento. È una pianta che resiste a temperature che vanno dai -10 gradi ai 20, tuttavia in inverno potendo spostarla in una serra sicuramente le farete cosa gradita. Le azalee non vanno piantate molto in profondità perché hanno le radici piuttosto superficiali. Il momento migliore per la messa a dimora dell’azalea sia in giardino che in vaso è la primavera.
Una delle cause di morte di questa pianta è la messa a dimora in terreno non adatto al suo processo di assorbimento delle sostanze nutritive. L’azalea necessita di un terreno a pH tendenzialmente acido che si aggiri tra 5-6, sono infatti classificate come piante acidofile. L’azalea inoltre, cresce rigogliosa in terreni ricchi di sostanze organiche e privi di ristagni idrici.
Una volta piantata l’azalea, le irrigazioni dovranno essere molto frequenti per far radicare la pianta, successivamente, soprattutto durante autunno/inverno bisognerà monitorare la condizione del suolo che non dovrà mai subire dei ristagni idrici causa certa della morte della pianta. Dunque nella stagione fredda si consiglia di diradare le irrigazioni.
L’azalea ha una buona resistenza al freddo, ma in zone dove le temperature sono piuttosto ostili, è consigliabile posizionarla in un luogo riparato, come ad esempio una serra o un androne condominiale o direttamente in casa facendo attenzione sempre a non esporla al sole diretto o a fonti di calore.
L’azalea fiorisce nel periodo compreso tra la primavera e l’autunno inoltrato.
Qualora si decida di coltivare l’azalea in vaso, si consiglia l’utilizzo di un vaso in argilla che sia abbastanza capiente per permettere alle radici di svilupparsi in maniera sana. Sarà bene nebulizzare sia il terriccio che le foglie poiché questa pianta ama l’umidità. Non dimentichiamoci anche per la coltura in vaso, di utilizzare un terriccio adatto per le piante acidofile e di aggiungere un po’ di ghiaia per scoraggiare il ristagno dell’acqua di irrigazione.
Il ristagno idrico è la prima causa di deperimento di questa pianta, le radici infatti non potendo assorbire l’acqua in eccesso col tempo possono marcire rendendo bersaglio facile l’accatto del fungo Exobasadium rhododendri.
” Estorio Drolo ” cioè la “Storia Buffa” si struttura nell’agosto 1992, da un incontro fra musicisti delle valli di Cuneo al Festival Interceltico di Lorient. Fin dagli inizi il gruppo si qualifica per il suo approccio fresco e spontaneo alle musiche della tradizione, da una propensione più per le cantate e le suonate in strada o in osteria che per gli spettacoli sul palcoscenico, un modo di essere ben espresso dalla frase di introduzione al loro primo CD, riportata sopra. In questo senso L’Estorio Drolo costituisce una presenza esemplare, portatrice di un’espressività genuinamente popolare, cresciuta dal basso, generosa ed intensa, mai banale.
Un loro concerto ci riporta quindi allo spirito di convivialità e calore da cui la musica tradizionale nasce e a cui rimanda, arricchito da una sensibilità verso i valori sociali propri della realtà popolare, che nell’esperienza partigiana hanno trovato un momento esemplare di espressione, e che il gruppo ha valorizzato a modo suo nello spettacolo “Che anno era, cerchiamo di ricordarcelo”, allestito nel 1995 in occasione del cinquantennale della Liberazione.
Al primo CD, “Pa mai de regret”, pubblicato nel 1999, segue una seconda, recente, incisione, “Che ti trafiggo il cuore”, che presenteranno a “Cantavalli 2004”, singolare affresco sonoro che nasce nel segno dell’amicizia e vede la partecipazione di numerosi artisti popolari incontrati dal gruppo nel corso delle sue peregrinazioni musicali, come I Suonatori Terra Terra della Val di Sieve e i Cantori di Ollioules, fino al manipolo di amici che con i componenti de l’Estorio Drolo hanno dato vita all’ensemble festaiolo dei Troumbaire Gaire
E quei briganti neri è un canto partigiano cantato nell’Ossola. Molto popolare tra i canti della Resistenza italiana, il testo deriva da un canto dedicato all’anarchico Sante Caserio, “Le ultime ore e la decapitazione di Sante Caserio”, l’anarchico italiano che uccise nel 1894 il presidente della repubblica francese Sadi Carnot. Su Sante Caserio sono state composte diverse canzoni popolari che ancora adesso formano uno dei temi più conosciuti del canto anarchico, da cui riprende alcuni elementi.
Il testo fu composto nel 1944, e adattò alla situazione storica del momento le parole del brano composto nel tardo Ottocento.. Il testo è incentrato sul destino del condannato a morte che si sacrifica contro la tirannia.
Diversi gli interpreti che negli anni hanno interpretato questo canto popolare, tra cui Fausto Amodei e Michele Straniero
«E quei briganti neri mi hanno arrestato, In una cella scura mi han portato. Mamma, non devi piangere per la mia triste sorte: Piuttosto di parlare vado alla morte.E quando mi han portato alla tortura, Legandomi le mani alla catena: Tirate pure forte le mani alla catena, Piuttosto che parlare torno in galera.E quando mi portarono al tribunale Dicendo se conosco il mio pugnale: Sì sì che lo conosco, ha il manico rotondo, Nel cuore dei fascisti lo cacciai a fondo.E quando l’esecuzione fu preparata, Fucile e mitraglie eran puntati, Non si sentiva i colpi, i colpi di mitraglia, Ma si sentiva un grido: Viva l’Italia!Non si sentiva i colpi della fucilazione, Ma si sentiva un grido: Rivoluzione!» a chi può interessare :
4 / 13 agosto 2023 — Anno dell’Irlanda |
Le Festival Interceltique de Lorient est né de la volonté de ses fondateurs de contribuer au développement de la musique et de la culture bretonne mais également de s’ouvrir vers les nations d’implantation celte : l’Écosse, le Pays de Galles, la Cornouailles, l’Île de Man, l’Irlande, la Galice, les Asturies, et dans toutes les diasporas : l’Acadie (La regione dell’Acadia in francese Acadie) è un’area dell’America settentrionale sulla costa dell’Oceano Atlantico ). , l’Argentine, l’Australie, le Mexique….Lorient, capitale interceltique ! Rendez-vous incontournable des expressions contemporaines des pays celtiques, le Festival Interceltique de Lorient propose chaque année des concerts, des animations culturelles, artistiques, des conférences, des expositions, de cornemuses, un marché interceltique, un jardin littéraire, des luthiers et artisans d’arts…
Site internet: http://www.festival-interceltique.bzh
Facebook: http://goo.gl/RG2uYw
Twitter: http://goo.gl/Sx1iHA
Instagram: http://goo.gl/rcmXCH
Flickr: http://goo.gl/CWp1Rq
LORIENT
Lorient (in bretone: An Oriant) è un comune francese di 57 846 abitanti (al 1º gennaio 2021)[1] situato nel dipartimento del Morbihan nella regione della Bretagna.
Vue aérienne de Larmor-Plage 56260 avec la rade de Lorient
– Opera propria
LORIENT
FOTO SOPRA DA :
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Lorient?uselang=it
La città, porto militare oltre che di pesca (si affaccia sulla riva nordoccidentale dell’estuario formato dalla confluenza del fiume Scorff nel Blavet), fu quasi interamente distrutta nel corso della seconda guerra mondiale. Fra l’altro fu un obiettivo per l’ultima missione, la venticinquesima, della famosa “Fortezza volante” B-17 “Memphis Belle” dell’USAAF. Negli anni cinquanta fu ricostruita con criteri moderni (vie larghe e ampi spazi verdi).
IL PORTO TURISTICO DI LORIENT
S3b~commonswiki
TESTO E ALCUNE FOTO DA WIKIPEDIA :
https://it.wikipedia.org/wiki/Lorient
CARTINA DELLA BRETAGNA
LORIEENT — SUD -EST
ENTRAMBE LE MAPPE SONO DA : https://glenofeden.nl/
IL PORTO
BRETAGNA – MORBIHAN –LORIENT
La cittadella di Port-Louis si trova di fronte alla città di Lorient
LORIENT – PORT LOUIS, LA CITTADELLA
PORT LOUIS
DESCRIZIONE LATERZA
1914. Re, imperatori, ministri, ambasciatori, generali: chi aveva le leve del potere era come un sonnambulo, apparentemente vigile ma non in grado di vedere, tormentato dagli incubi ma cieco di fronte alla realtà dell’orrore che stava per portare nel mondo.
La mattina di domenica 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, e sua moglie Sofia arrivarono in treno a Sarajevo e salirono a bordo di un’autovettura, imboccando il lungofiume Appel, per raggiungere il municipio. Non apparivano affatto preoccupati per la loro sicurezza. Venivano da tre giorni di soggiorno nella cittadina di vacanze di Ilidze, dove non avevano incontrato che facce amiche. Avevano perfino avuto il tempo per un’imprevista visita al bazar di Sarajevo, dove avevano potuto muoversi senza essere disturbati nelle viuzze affollate di gente. Non sapevano che Gavrilo Princip, il giovane serbo bosniaco che li avrebbe uccisi solo tre giorni dopo, era anch’egli nel bazar, intento a seguire i loro movimenti.
Anche l’Europa si avviava inconsapevole al dramma. Non sapeva di essere fragile, frammentata, dilaniata da ideologie in lotta, dal terrorismo, dalle contese politiche. Così l’atto terroristico compiuto con sconcertante efficienza da Gavrilo Princip ai danni dell’arciduca ha un esito fatale: la liberazione della Bosnia dal dominio asburgico e l’affermazione di un nuovo e potente Stato serbo, ma anche il crollo di quattro grandi imperi, la morte di milioni di persone e la fine di un’intera civiltà.
Impeccabilmente documentato, sostenuto da una prosa brillante e provocatoria, questo libro è un modello esemplare di ricerca.
Max Hastings, “Sunday Times”
Ci sono molti libri sulla prima guerra mondiale, ma pochi illuminanti come questo. Clark indaga ogni dettaglio, ma è particolarmente acuto sulle cause balcaniche del conflitto.
“Financial Times”
Il libro è stato inserito dal “New York Times” tra i 10 Best Books of 2013
RECENSIONE SEGUE DA :
https://www.sissco.it/recensione-annale/i-sonnambuli-come-leuropa-arrivo-alla-grande-guerra/
Christopher Clarkè Regius Professor di Storia all’Università di Cambridge. È autore di: The Politics of Conversion: Missionary Protestantism and the Jews in Prussia 1728-1941; Kaiser Wilhelm II; Iron Kingdom: The Rise and Downfall of Prussia 1600-1947 (che, con il titolo Preußen, è stato un bestseller in Germania). Laterza ha pubblicato I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra.
IL GIORNALE DELL’ARTE
VINCENT NOCE | | Parigi
Il Comune di Parigi aveva già cancellato uno dei suoi interventi sulla Palestina a dicembre 2023. A marzo l’École Normale Supérieure ha cancellato altre due conferenze sui temi al centro dell’ultimo libro di Butler (in Italia edito da Laterza col titolo Che mondo è mai questo?, 2023, Ndr).
È uno spaesamento collettivo senza precedenti, quello che stiamo vivendo. Crisi sanitaria, emergenza ambientale e diseguaglianze crescenti sono i volti di un mondo divenuto d’un tratto irriconoscibile, opaco. Un mondo poroso e interconnesso, dove la nostra etica egoistica si dimostra inadeguata e i nostri concetti politici disperatamente obsoleti. Come possiamo ripensare le relazioni fra di noi e con il pianeta? E dove ricercare il senso di un mondo comune?